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sabato 20 aprile 2019

ENERGIA, MATERIA, MOVIMENTO

Allenare è un po’ come insegnare.
Insegnare è un viaggio interiore; anche allenare lo è.
Sono terapia, nel senso più originale del termine, assistere, prendersi cura … curare.
Anche l’osteopatia è un viaggio interiore, è terapia.
Il mio viaggio …
 
Premessa1: “Non si insegna quello che si vuole; dirò addirittura che non s'insegna quello che si sa o quello che si crede di sapere: si insegna e si può insegnare solo quello che si è.” Jean Leon Jaurès

Il mio percorso nell’universo (caleidoscopico) delle scienze del movimento iniziò in maniera decisamente pragmatica, l’interesse era preciso: il risultato e questo doveva essere misurabile e certo; l’allenamento, come da definizioni classiche, era il mezzo per portare l’utente in questione da uno stato (A) ad uno (B) e, se applicato come da manuale, garanzia di sicuro successo. Performance estetica, fisica, di salute … poca differenza, la tabella scandiva esercizi, tempi, ripetizioni, un diario da rispettare pedissequamente, senza se e senza ma.
Stiamo parlando della preistoria motoria, circa 25 anni fa, un eone, non solo a livello temporale, ma anche dal punto di vista della conoscenza e della velocità di informazioni, ma …
Cattivi Maestri, un album rap di Piombo a Tempo – 1995. Più o meno erano quegli anni.
“Quando l’allievo è pronto il Maestro appare” detto Zen. Non ero ancora pronto e, i miei insegnanti (ottimi?), non erano maestri. Lavoravo e non capivo, a tutti sembrava perfetto a me no.
Il movimento come mezzo e non come fine.
<MATERIA>

Il tempo permette di acquistare consapevolezza.
La vita regala consapevolezza.
Bisogna essere bravi ad accorgersene.

Premessa2: “L’allenamento non opera su un oggetto, ma sullo spirito e sulle emozioni di un essere umano. Per agire su sfere così delicate occorrono intelligenza e discernimento.” Bruce Jun Fan Lee (Lǐ Xiǎolóng)

Mi soffermerei su – lo spirito e le emozioni di un essere umano – .
Credo che l’essenza del nostro lavoro come “attivatori del movimento umano” sia il privilegio di confrontarsi con tale nucleo profondo e personale, interagire con esso e, al contempo, disegnare un percorso, esplicitato dall’attività fisica, di crescita che possiamo definire “bidirezionale”, cioè coinvolgente  sia chi lo propone sia chi ne beneficia.
L’aspetto migliore di questa tipologia di approccio è il bypassare l’aspetto puramente “prestativo” (leggasi risultato immediato) dell’allenamento concentrandosi, invece, sul percorso, sul cammino, sull’evoluzione globale di una persona che si affida (quindi, etimologicamente, si consegna) e con la quale si instaura un dialogo silenzioso, ma ricco di contenuto, una comunicazione con un linguaggio ancestrale, ma profondamente radicato in ognuno di noi, il movimento.
Questa ricchezza, spesso ignorata e sacrificata dai professionisti del settore, sull’altare della moda motoria del momento è ciò su cui un “moderno” allenatore (parola “calderone”, nella quale facciamo entrare un po’ tutto e tutti) deve investire; movimento come moneta di scambio per interagire con lo spirito e le emozioni di una persona e non mero mezzo per una soddisfazione egoistica.
Lo trovo particolarmente affascinante e coinvolgente: il benessere di una persona come effetto collaterale principale di un programma motorio che miri, in primis, ad un coinvolgimento completo della persona stessa e non ad un suo progresso prestativo; si sposta l’attenzione dalla meta al viaggio e, ad una lettura superficiale,  può sembrare cosa banale, ma per chi questo lavoro lo vive da sempre, è un salto enorme, un cambio di paradigma che, oltre a essere in linea con tutte le attualissime evidenze scientifiche PNEI, apre le porte di un mondo motorio sconfinato.
Il movimento come fine e non come mezzo.
<MOVIMENTO>

Accorgersi della consapevolezza acquisita non è sufficiente.
Ci vogliono buoni Maestri.

Premessa3: "Conosci la tua anatomia e la tua fisiologia, ma quando metti le mani sul corpo di una persona non dimenticarti che vi abita un'anima vivente" A.T. Still

Il rapporto con l’altro, che diventa alterità, mondo esteriore, è l’essenza della pratica osteopatica intesa  come scambio: dono e ricevo, impongo e prendo, curo e vengo curato.
La quadratura del cerchio.
Confronto solo per crescita, assolutamente reciproca, relazione con esperienze (palpatorie e, perché no, sensoriali) profonde e singolari, un vuoto che riempie, ma soprattutto percezione della propria presenza senza che questa interferisca con l’altro, con i suoi movimenti profondi e lenti, come maree; inarrestabili.
Ed è una grande vittoria.
 “Tutte le cose originano dall’essere, l’essere origina dal non essere” LaoTzu
Il movimento non è un mezzo e neppure un fine; e’.
Ed è fondamentale prenderne atto.
<ENERGIA>

I buoni Maestri hanno bisogno di buoni allievi.

Tutto diventa, alla fine anche il mio viaggio, sudditanza alla regola universale (dell’universo) che mette in legame stretto tra loro Energia, Materia e Movimento. Oltre al Maestro M., anche il buon Albert Einstein lo ha sottolineato, E=mc^2.
Nel nostro essere così piccoli e così parte dell’uno totale, l’unica cosa che acquista senso è proseguire il cammino, guardando, guardando senza fiato.
Fede

“All’interno di questa vacuità una solida roccia è vacuità” Dogen.

000 001 010 011 100 101 110 111 cit.



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sabato 13 aprile 2019

(IN)SUCCESSO

>(IN)SUCCESSO<
Il trattamento Osteopatico agli sportivi mi mette sempre un po’ di agitazione. Ne vedo parecchi, avendo una palestra è un passo quasi scontato, ma sono sempre inquieto prima di iniziare; quel desiderio, spesso non espresso direttamente a parole, ma più volte sottolineato “tra le righe”, di un risultato tangibile immediato (domani ho la gara, domani devo giocare …), cozza un pochino con il mio ideale di osteopatia ed è il motivo della mia difficoltà di approccio.
Fisso l’appuntamento per venerdì; lo piazzo al mattino per primo, mi dico, sono riposato, fresco, posso lavorare bene.
Un ciclista, di quelli “veri”, da granfondo, sono consapevole che “ha bisogno” di pedalare, ogni intoppo è un ostacolo che va abbattuto e durante l’anamnesi questo concetto appare prepotente.
Ascolto.
La ragione mi suggerisce di mettere due dita d’olio sulle mani e soddisfare i barbari desideri del mio ospite: massaggio profondo, manipolazioni articolari, contatto “duro”.
Il cuore mi impone di proporre altro. Di proporre me stesso: tocco delicato, ascolto del corpo, non ostacoli da abbattere, ma insegnare all’organismo come aggirarli e trovare strade più comode.
Spiego le mie intenzioni e inizio.
Guardo, valuto, testo.
Ascolto; questa volta una grammatica che non è parole, ma messaggi più sottili, tradotti dalle mie mani sul suo corpo.
Faccio tutto ciò che credo serva; quantomeno quello che in quel momento è utile.
“Lascia un paio di giorni al tuo organismo, deve imparare a gestire i segnali che gli ho dato” la mia raccomandazione.
“Mi sembra che non hai fatto nulla, non ho sentito scrosci, non ho sentito male, sai quel male che però … dove andavo prima mi davano certi colpi”, la sua risposta.
Una settimana dopo la telefonata:
“Mah, non ci siamo tanto, sono stato due giorni un po’ strano e poi benissimo (notare, non bene, ma superlativo, benissimo, cioè mooolto di più che stare bene); ieri, però, ho fatto 150 km, e il fastidio alla spalla si è nuovamente fatto sentire; farei una risonanza”.
N.B.: stare benissimo non è rimasto in mente, o quantomeno non ha avuto peso;l’attenzione si è immediatamente spostata sul fastidio dopo 150 km con conseguente conclusione “il trattamento ha fatto poco”.
“Un bias di conferma” direbbero quelli bravi (non sono soddisfatto del trattamento perché non ho sentito scrosci o dolore, ne segue che al primo piccolo intoppo, nonostante i grandi benefici (benissimo), il trattamento risulta inefficace). Io credo che invece ci si debba confrontare anche con questi atteggiamenti e che non tutte le persone siano disposte ad intraprendere un percorso di miglioramento personale e di ricerca di salute.  prima che esclusivamente sintomatologico (che ha comunque una sua importanza, evidentemente).
Senno di poi: forse un trattamento più cruento sarebbe stato accettato meglio. Probabilmente non sarebbe servito, ma avrei dato ciò che cercava. Fidelizzazione? Forse, o forse no, la persona in questione ha già, in passato, ruotato tra diversi professionisti.
Ma del senno di poi sono piene le fosse (cit.).
Ho fatto ciò che andava fatto. Sono convinto che con un altro paio di trattamenti avrei ridato vita alle capacità di autoregolazione di un organismo minato da tanti stressor, un organismo che chiedeva (e tutt’ora chiede) a gran voce aiuto, spazio, apertura, dolcezza.
Ho perso il cliente? Non lo so; sinceramente non credo, tutto sommato l’ho incuriosito. Ho idea che tornerà, probabilmente non subito, aspetterà un acuirsi del fastidio. Nel caso, invece, decida che non sia l’ideale per lui, sono comunque contento di aver seguito ciò che sentivo di fare, nell’interesse esclusivo della persona che si è affidata, con fiducia, alle mie mani, al mio ascolto, alla mia intenzione.
Ripenso agli anni di studio e sono  grato di aver incontrato, durante il cammino, insegnanti e Maestri in grado di farmi vedere "oltre" e di mostrarmi una strada per poter diventare un Osteopata “diverso”, una persona diversa.
Grazie.
Fede.
La nostra vita è lo strumento mediante il quale compiamo esperimenti con la verità.
(Thich Nhat Hanh)
L'immagine mi ritrae e mi appartiene

mercoledì 10 aprile 2019

SALUTE E DISFUNZIONE OSTEOPATICA, UNA VISIONE PERSONALE





“Shiki soku ze ku
Ku soku ze shiki”

“Tutti gli aspetti della realtà visibile equivalgono al vuoto (nulla)
Il vuoto (nulla) è l'origine di tutta la realtà.” G.Funakoshi

Possiamo interpretare, da un punto di vista Biodinamico, lo stato di salute di ogni individuo come una buona risonanza con i propri simili e l’ambiente circostante, una sorta di produttivo e continuo scambio energetico; intuitivamente la malattia è il temporaneo o inesorabile allontanamento da questo stato.
La vita dipende, quindi, dalla connessione con i nostri simili, con l’ambiente circostante e, in senso lato, con tutto l’Universo, cui doniamo e da cui riceviamo energia.
Una traccia di quell’ energia possiamo pensare di ritrovarla nel “Movimento Presente” che, dalle profondità, coinvolge tutto l’individuo; una forza primordiale, onnipresente, potente che nasce da una sorta di quiete dinamica dentro ognuno di noi e si trasmette e distribuisce ritmicamente nei fluidi corporei come un’onda di marea generante movimenti palpabili da mani sensibili (un concetto simile si trova nella medicina cinese, in cui si pensa che i fluidi corporei trasmettano le forze vitali e un principio ordinatore).
La salute è, dunque, un concetto che esula dalla pura fisiologia e anatomia; è espressione di una forza “universale”.
In quest’ottica risulta piuttosto immediato poter definire la disfunzione osteopatica come una diminuzione della forza vitale (diminuzione della capacità di scambio energetico) in un tessuto vivente, espressa (leggasi “percepita” dall’osteopata) da una diminuzione della sua mobilità, della sua vibrazione, della capacità d’espansione e retrazione e di “dialogo” con l’esterno.
Il nostro compito, quindi, diventa quello di ripristinare una sorta di sincronizzazione con l’ambiente, non una mera (quanto legittima) “correzione” di un parametro che non ci soddisfa.
Il cambio di paradigma è evidente, il passaggio da cacciatori di disfunzioni (ma anche da cacciatori di primarietà disfunzionale) a cacciatori di armonia (e quindi di salute) è il salto che può fare la differenza e farci fare la differenza. La strada è squisitamente palpatoria, ad un livello più sottile, ma anche più profondo:  da una parcellizzazione del corpo ad una globalità che comprende anche ciò che circonda il corpo stesso.
Un viaggio non semplice da intraprendere, ma affascinante e pieno di sorprese; uno sguardo laterale che cambia completamente la prospettiva … o forse no?
Tu cosa vedi? La giovane timida o la vecchia pensierosa?

La prima immagine è tratta, modificata, da: Artribune
La seconda immagine da: www.pnei-it.com
Spunti di riflessione tratti da:
Appunti delle lezioni di Osteopatia Biodinamica - Franco Maiuri DO
Osteopatia in campo viscerale -l'addome- di R.Pagliaro DO Marrapese 2006