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martedì 9 febbraio 2021

GRAZIE

 A volte un trattamento si trasforma. ti trasforma. E devi solo ringraziare.

>GRAZIE<

Tutto inizia come al solito.

Vado incontro sorridente (spero che la mascherina lasci intravedere almeno la mimica facciale) al mio ospite, “prego accomodati, come va?”.  Capisco sia una domanda retorica, se si presenta da me, probabilmente, c’è qualcosa che non funziona. L’intenzione è però un’altra, iniziare a scoprire le carte, valutare l’importanza che viene attribuita alla problematica in questione e scostare un poco il velo di riservatezza di chi vedo per la prima volta.

“Va tutto bene”.

La prima risposta è quella che conta, retaggio mnemonico della scuola elementare, ma anche, dal punto di vista della prossemica una prima indicazione importante.

“E poi questa schiena. Quando mi alzo sono – duro come un bacco – “. Altro pezzetto fondamentale. “E poi”, quindi vuol dire che prima viene altro, è qui per la schiena, ma in effetti c’è qualcosa d’altro più importante. Ora dipenderà da me scoprire cosa ed indirizzare il trattamento su quella via..

“Duro come un bacco” uso del dialetto, cerca una zona di confort e, con me, sfonda una porta aperta, il resto della seduta si trasferisce in gran parte sull’uso comunicativo di espressioni dialettali: mi accorgo di iniziare ad accompagnarlo verso la sua “direction of ease”, la direzione di facilità che, non è banalmente solo una “tecnica” osteopatica, è il vero trattamento.

Non posso dire di conoscerlo, l’avrò incontrato si e no un paio di volte, ma sono stato il maestro di educazione motoria della classe frequentata da sua figlia, dieci anni fa.

In parte questo mi aiuta ad entrare, è una persona molto riservata, di una genuinità così sincera ed onesta da leggergliela nello sguardo; uno sguardo che insegna, profondo, stanco, sofferente.

Ho ben chiaro il motivo delle sue afflizioni, sono assolutamente conscio di quanto “poi” venga la schiena, la disabilità grave della figlia, ormai vent’enne oltre ogni più rosea aspettativa, è un fardello e allo stesso tempo una spada di Damocle, una spinta vulcanica ad andare aventi e un plotone d’esecuzione psicologica.

Conosco la “primarietà” come piace dire agli osteopati bravi, ma se non apre lui quella porta, non mi serve a nulla.

Inizio a lavorare: cranio, fasce, schiena “dura come un bacco”.

Lo sento rigido, teso, esprime poco movimento e si lascia muovere poco. “Eh, mia moglie me lo dice sempre che sono troppo teso”.

Lavoro parecchio. “Come stai? Tutto a posto?” Glielo chiedo spesso, in selvatico idioma ligure, in modo da tenerlo ancorato al presente, a quella voglia di lasciarsi andare che percepisco di tanto in tanto nei tessuti, nella speranza che apra la porta e mi permetta di entrare.

Tutto sommato il trattamento trova anche una sua strada, i ritmi vitali iniziano a tamburellare un riff apprezzabile e, da un punto di vista squisitamente professionale, potrei anche ritenermi soddisfatto.

Termino con i consigli di rito e …

La porta si apre, si scardina, un fiume in piena mi travolge. Lo vedo scaricare pesi enormi, avverto il corpo distendersi e lo spirito aprirsi, finalmente. Sono parole che arrivano direttamente dal cuore e puntano direttamente al cuore, al mio. Abbasso il capo per non mostrare le lacrime, ma non serve, lui ha gli occhi chiusi e perso nel suo mondo di enorme coraggio e terrorizzante paura, di folle speranza e cupa rassegnazione, si mostra nudo, vero, umano in una semplicità imbarazzante dedicandomi cinque minuti di Vita che sono una lezione da imprimere nella memoria.

Percepisco un grande vuoto, freddo, tagliente come una lama affilata e allo stesso tempo la capacità di poterlo riempire con un amore enorme, devastante; non c’è rabbia o frustrazione o una comprensibile voglia di rivalsa contro il destino, no, ci sono solo parole colme d’amore, anche nella disperazione di un futuro ignoto, c’è sempre luce in ciò che sento.

Un respiro profondo. Il primo di tutta la seduta..

Scende dal lettino “a staggu za ciù ben – sto già meglio”, sorrido e anche i suoi occhi lo fanno, “mi sento più leggero” mi dice salutandomi.

Marina è nell’altro studio. Apro la porta e piango; le sa e mi lascia fare.

Questo è ciò per cui amo follemente questa disciplina, ma questo forse è anche il motivo per il quale mi spaventa.

- Non è mai la terapia; è sempre il paziente - (FS)

- La vita è un male degno di essere vissuto - (Fernando Pessoa)

L'immagine è tratta da:

https://culturaemotiva.it/

sabato 6 febbraio 2021

(IM)POSTURA

 >(IM)POSTURA< 

Esiste, nell’universo spesso fantasioso ginnico/motorio/rieducativo/terapeutico, un termine che mette d’accordo tutti; è sufficiente ripeterlo come un mantra ogni qualvolta si mostra un esercizio, sospirarlo, con fare bonario, mentre si spiega l’origine di una problematica fisica o esibirlo, come attestato di cultura riabilitativa, durante un qualsivoglia discorso che verta sull’organismo umano, per fare un’ottima figura.

- Caspita, hai sentito, questo è uno che “ce la sa” -  e via sguardi ammirati e autocompiacimento.

Le proprietà taumaturgiche di questa parola riescono addirittura, in una sorta di “convergenza parallela”, a coinvolgere sia addetti ai lavori, sia i sempre più apprezzati “tuttologi del webbe”, in un quanto mai singolare accanimento salmodiante: “non avrai altra causa ai tuoi problemi all’infuori di lei”.

Avete capito, vero? La parola magica in questione è, rullo di tamburi: POSTURA.

Una volta imparato questo lemma tutto diventa più semplice, le nebbie sulla motricità umana si diradano di colpo e, altrettanto velocemente l’idealizzazione di un concetto spesso sconosciuto o, ancor più spesso frainteso, diventa capro espiatorio di qualsivoglia ostacolo al raggiungimento dell’agognato benessere.

“Eh, è un problema di postura”. Qualunque cosa significhi, questa frase scardina le difese più arcigne di ogni persona, permettendo così la nascita di fantasie autodeformanti e innescando una sorta di sentimento di predestinazione alla disgrazia, di rassegnazione al destino avverso desideroso di vederci come novelli Igor (Aigor) di Frankesteiniana memoria.

Ma sarà proprio così?

Per i lettori più pigri risolvo già l’arcano; no, non è proprio così e, come dice il titolo di questo post, spesso parlare di POSTURA è un’IMPOSTURA.

Andiamo con ordine.

Come ho evidenziato finora, nell’immaginario collettivo, il termine POSTURA viene associato generalmente a posizioni particolari assunte dal corpo o, semplicisticamente, al “mal di schiena”. Un po’ tutto, quindi, diventa postura e questo affascinante concetto prende le strade più disparate:

> idealizzazione di una particolare posizione del corpo definita come “corretta o adeguata” e, di conseguenza, la correzione dei difetti posizionali di cui sopra – cattiva postura – attribuendo, quindi, anche una sorta di antropomorfismo al termine, animandolo di capacità di benevolenza o malevolenza nei nostri confronti. La postura prende vita propria.

> modificare, tramite particolare posizionamenti del corpo od addirittura ortesi, una “postura sbagliata”, arrogando potere divino nel discernere ciò che è giusto od errato. “Giusto o sbagliato sono solo pastoie per asini” Detto Zen.

> Per estensione qualsiasi posizione del corpo ritenuta corretta (?) “Stai in postura” presa ad esempio di perfezione da raggiungere, spesso mortificando settori muscolari con allenamenti fuori da ogni contesto salutare.

Risulta evidente come queste forzature lessicali vadano ad alterare la rappresentazione mentale del significato di postura, uscendo, a mio avviso, da ciò che deve animare la nostra passione come studiosi del movimento, cioè la comprensione o, meglio, il tentativo di comprendere l’unicità umana, l’individualità (intesa come indivisibilità) di ogni persona con la quale ci confrontiamo.

Con queste premesse, proviamo ora a costruire il concetto di postura.

Etimologicamente la parola postura deriva dal latino “positura” che significa posizione:

“Nerone ... pensò ... bruciar tutta Roma, per poscia rifabbricarla con più ordinata simmetria e postura di case e di vie” (Cesari). Nel tempo è diventato facile trasferire questo senso anche al corpo umano, definendo la postura come il posizionamento che il corpo assume nello spazio.

Qualcuno ha provato ad andare anche un pochino oltre.

> Posizione ed espressione che il corpo assume nello spazio, secondo uno schema individuale, grazie all’attività della muscolatura tonica con funzione gravita ria e con forte significato biomeccanico/anatomico, psicologico, sociale, emozionale e simbolico (Buzzi/Fabbri)

>  Modo in cui l’individuo manifesta la propria presenza al mondo (in funzione della propria auto considerazione ed in relazione al rapporto con gli altri), organizzando nelle varie situazioni statiche e dinamiche il proprio equilibrio segmentario, contrastando la forza di gravità e predisponendosi nel modo migliore all’azione, manifestando costantemente, infine, la propria sensibilità e gli elementi volitivi ed emozionali del proprio essere (Cabella/Canepa/Molfetta).

Da queste interessanti definizioni si inizia ad intravedere uno spiraglio, uscendo da una semplicistica relazione anatomica/posizionale e ponendo le basi per un nuovo paradigma: postura intesa come un fenomeno sociale, come una manifestazione del bisogno di esprimersi e comunicare.

Si esce dallo schema della posizione ottima del corpo nello spazio e dal sempre affascinante “tieni la schiena dritta”, per iniziare finalmente ad indagare sulla globalità dell’uomo come persona.

_ La Postura non va corretta … va interpretata_

Questa frase, di un osteopata che, pur non conoscendo di persona, ma solo via internet, considero un Maestro e un esempio, Massimo Tonietto, la reputo punto di svolta nell’avvicinarsi al concetto di postura non già come un qualcosa da giudicare dall’esterno, bensì come mezzo di cognizione e questo, mirabilmente, ci aiuta ad introdurre il concetto di energia.

Interpretare è farsi portavoce di idee e/o sentimenti di altri, espresse in questo caso da atteggiamenti corporei rappresentanti l’esternazione della nostra energia, delle nostre vibrazioni che entrano in sintonia o in divergenza con l’ambiente e con gli altri.

“La materia del mondo visibile è soltanto la miliardesima parte della realtà” (C.Rubbia).


Dobbiamo scendere dal piedistallo di osservatori esterni, ruolo che, per definizione, comporta in sé già una indeterminazione non eliminabile e, quindi, interferente, considerare che l’ambiente (non solo l’habitat esterno, ma tutto ciò che in esso succede) condiziona pesantemente e sempre in modo differente il nostro quotidiano e le nostre reazioni, per esempio manifestabili come posizioni del corpo, sono figlie di questi condizionamenti.

Risonanza: gli organismi viventi tendono ad entrare in risonanza tra loro e l’ambiente esterno (instaurano una relazione di fase, una relazione vibratoria) con cui scambiano energia continuamente per salvaguardare la propria omeostasi tramite la capacità di allostasi.

Lo stato di Salute è quindi rappresentato da una buona risonanza con i propri simili e con l’ambiente circostante; varia, si modifica e queste variazioni e modifiche ne sono parte integrante. Quindi si nasce tondi, si diventa quadri, triangoli, rombi, ancora tondi, in una danza geometrica continua che rappresenta la Salute, in barba a tutti i proverbi. 

Ecco che il nostro “interpretare la postura” entra a far parte di un meccanismo molto più grande del “rafforzo un muscolo per raddrizzare la schiena”, ma riesce a coinvolgere lo stato di Salute generale dell’individuo attraverso il rapporto umano con esso.

Possiamo, a questo punto, azzardare una nostra definizione di POSTURA, considerandola quindi una espressione, in statica e dinamica, della qualità dell’energia scambiata, in ogni momento, da qualsiasi individuo con l’ambiente esterno e con gli altri. (F.S.)

Faccio sempre questi banali esempi; immaginate che per qualche assurda anomalia spazio-temporale si crei una sorta di paradossale varco che permetta:

> Un trattamento osteopatico ad una persona che, per esempio, è stata dal commercialista e ha ricevuto notizia di un cospicuo debito verso l’erario e, nello stesso tempo, la stessa persona che ha ricevuto invece una somma consistente in eredità. I due trattamenti (contemporanei sulla stessa persona, ma con due forme energetiche diverse) saranno ben diversi nonostante l’identico problema sull’identica struttura corporea (esempio male alla zona cervicale). L’energia (o postura che dir si voglia) che sarà scambiata con me, con il mio studio, con gli oggetti in esso collocati sarà assolutamente diversa nei due casi.

> Stessa tipologia di esempio considerando un ragazzino con necessità di ginnastica “per la schiena”; avrà un’energia (una postura) diversa se ha ricevuto in dono lo scooter nuovo o se ha preso l’ennesimo due di picche dalla ragazzina carina della sua classe. Pur con la medesima “problematica” la lezione sarà diversa. Diversa anche utilizzando gli stessi esercizi.

Le persone considerate pur essendo le stesse e nello stesso istante, sarebbero diverse, idem la loro “postura”, non qualcosa di definito, ma qualcosa in mutamento, in evoluzione, in relazione con l’esterno oltre che con l’interno del corpo..

Non possiamo, dunque, provare a correggere qualcosa che a noi sembra non vada, bensì dobbiamo provare ad interpretarlo e, soprattutto, cercare di migliorare la trasmissione energetica che lo veicola.

Come? Con il movimento, ovviamente.

Nel mio caso professionale con il micromovimento, ma molto profondo del trattamento osteopatico o con il macromovimento, forse un po’ meno profondo, ma ugualmente fondamentale, dell’approccio motorio.

La strada per la comprensione dell’uomo passa inevitabilmente dall’interpretazione dei segnali che esso condivide e l’unico mezzo che io conosco per poterli leggere è il movimento.

“Il movimento è ciò che siamo, non qualcosa che facciamo” (E.Conrad).

Per sfruttare appieno un’opportunità così grande e, perché no, una responsabilità così grande è necessaria indubbiamente una importante apertura mentale, una gran voglia di mettersi in gioco, ma soprattutto apertura di cuore, quel concetto riassunto nel termine giapponese “Magokoro” – Cuore Sincero.

Il nostro viaggio “posturale” finisce forse con più dubbi di quando è iniziato, ed è cosa buona e giusta; la ricerca di confronto con l’altro intesa al miglioramento di entrambi e del mondo che ci ospita non può esulare dal porsi domande e, nella mia professione questo diventa determinante. Quando il desiderio di comprensione finisce, significa che non abbiamo più nulla da offrire alla strada che ci stava ospitando ed è meglio abbandonarla.

Rendere a parole il groviglio onirico/intellettivo/mentale che alberga in me sta diventando sempre più complesso, le vibrazioni oscure di questo strano periodo provano con sempre più tenacia ad insinuarsi tra i miei schermi meditatori e ad attaccare le mie corazze combattive e fatico a tenerle a bada e, probabilmente, si nota dagli scritti confusionari.

Potete però venire a provare, in pratica, cosa intendo per “postura come qualità di energia” e il seguente tentativo di interpretazione:

_ con l’osteopatia,verificando come il tocco gentile o, a volte anche più severo, possa andare in profondità e interagire a livello energetico e, interpretativo, appunto;

_ e, un domani, se sarà ancora una strada per me percorribile, l’attività motoria, dove il movimento diventa traduttore di parole non dette.

Un abbraccio.

Fede

“Ogni atomo del tuo corpo viene da una stella che è esplosa. E gli atomi della tua mano sinistra vengono probabilmente da una stella differente da quella corrispondente alla tua mano destra. È la cosa più poetica che conosco della fisica: tu sei polvere di stelle”. (Lawrence Maxwell Krauss).

 

Le immagini sono prese dalla rete o dalle dispense del corso di Osteopatia Biodinamica. Se qualcuno ne rivendicasse la paternità ha la possibilità di chiedere di rimuoverle contattandomi con un commento al post.