Wikipedia

Risultati di ricerca

domenica 11 ottobre 2015

Sul Metodo e sulla Metodologia






SUL METODO E SULLA METODOLOGIA

La scheda di allenamento in palestra.
Oggi voglio partire da qui, anzi voglio partire da una frase: “mi fai la scheda?”, credo che insieme a “meglio creatina o aminoacidi?” sia veramente un must di quasi la totalità delle palestre, un ritornello che quotidianamente viene canticchiato, un mantra che, se recitato alla perfezione, permette di ottenere quel foglio magico contenente una sicura ricetta per il successo: la scheda.
“La scheda” Viene chiamata così, quasi fosse una sola parola “lascheda”,  sussurrata in ogni angolo dello spogliatoio “ma tu hai la scheda?”, agognata da ogni nuovo iscritto, temuta e rispettata ogni volta che viene aggiornata dall’istruttore; c’è gente che addirittura vuole a tutti i costi “la scheda”, per poi comunque fare tutto a caso, l’importante è averla, appartenere a quell’elite di prescelti, tenerla in mano e, con occhio competente, scansionarla in ogni più piccolo dettaglio e poi, con un sospiro soddisfatto guardare l’istruttore e dire: “bella, bella scheda”, qualunque cosa significhi.
Nel mio ideale di allenamento “la scheda” (o “lascheda”, come volete voi) non esiste. Cerco proprio di evitare ogni discussione a riguardo e, quando vengo “costretto” (ovvio che nessuno mi costringe, ma a volte non è proprio possibile non adempiere a questo compito), provo comunque ad inserire indicazioni che rispecchino questo mio modo di pensare, il mio metodo, anzi, la mia metodologia.
Facciamo una veloce digressione.
Ogni programma di allenamento che si rispetti viene costruito seguendo un metodo.
Questo termine mi incuriosisce perché l’inflazionatissimo “metodo di allenamento” è un modo di dire dai significati oscuri e, tutto sommato, giustifica qualunque cosa.
Apro un vocabolario (Il Sabatini Colletti – Dizionario della lingua italiana) e trovo:

Mètodo:
1 – Procedimento messo in opera seguendo criteri sistematici in vista di uno scopo; complesso organico di regole, principi, criteri in base ai quali si svolge un’attività teorica o pratica. Sinonimi: sistema, criterio: m. di lavoro, m. di studio, mancanza di m. ; tecnica, sistema, procedimento utilizzati in un’attività: un nuovo m. di cura; con m., con regolarità e in modo ordinato.
2 – Estens. Modo di agire, di comportarsi, di vivere.

Etimologicamente, invece, ci si accorge come il significato originale sia un po’ più profondo, l’origine dal greco Methòdos: l’andar dietro per investigare, modo ordinato e conforme a certi principi, d’investigare, di esporre il vero.
Quindi, in maniera molto precisa, possiamo definire seguire un metodo come una strada da seguire, una ricerca, appoggiata su determinate regole e principi, della verità, della conoscenza.
Cominciamo, dunque, a fare un po’ di chiarezza, allora anche il nostro “metodo di allenamento” deve essere precisamente definito, deve rispettare determinati parametri, la nostra investigazione sistematica, possiamo dire così, dell’allenamento.
Il “metodo di allenamento” è dunque un risultato, un obiettivo. E’ ciò che deriva dalla nostra ricerca, in esso è organizzato il “fare”, mentre il “come fare” è insito nel significato di un’altra parola decisamente abusata nel campo della teoria dell’allenamento: metodologia.
Il solito vocabolario questa volta ci dice:

Metodologia: Scienza del metodo in filosofia e nelle discipline scientifiche; dottrina che studia le tecniche della sistemazione e dello sviluppo delle conoscenze nell’ambito di una certa materia. Sinonimo: metodica.

Dottrina del metodo.
Il “fare” come risultato di uno sviluppo delle conoscenze sul “come fare”. La distinzione, quindi, non è semplicemente semantica o formale, sottende, invece, la possibilità di agire guidati non soltanto dall’obiettivo da raggiungere (metodo), ma anche da una riflessione, da uno studio su come raggiungerlo (metodologia).
Questo concetto appare chiaro anche all’analisi etimologica del termine che letteralmente richiama alla “riflessione, discorso sul metodo”. La riflessione sulle regole e sui principi che sono alla base del metodo.

Methodos
Dal greco: andar dietro, seguire una via
Via da seguire per raggiungere un certo fine
Lògos
Dal greco: discorso
Discorso, riflessione, studio

La filosofia classica greca si è occupata di distinguere la vera conoscenza (episteme) dalla mera opinione (doxa) individuando, in tal modo, due tipi principali di conoscenza:

1 – opinione: fondata sui sensi
2 – scienza: fondata sulla ragione

La conoscenza scientifica costituisce una parte della conoscenza umana e si ottiene andando oltre la formazione dei concetti introducendo un ciclo di corroborazione (verifica/falsificazione) delle osservazioni empiriche. Il termine scienza (per estensione ovviamente anche la scienza dell’allenamento) indica, quindi, un insieme di conoscenze correlate in modo logico, che prevede procedure (metodi) di confronto con la realtà empirica, atte a corroborare (verificare/falsificare) gli enunciati di base. In questo senso e a differenza dell’opinione, la scienza dovrebbe rappresentare il grado massimo di certezza.
Le più recenti tendenze in epistemologia, però, circoscrivono il grado di “certezza” della scienza, mettendo in luce come il nostro modo di approcciare la realtà sia sempre determinato da un “qualcosa d’altro”: la conoscenza è condizionata dalle idee e dai metodi che il soggetto pone in essere per conoscere l’oggetto (la realtà).
Un esempio in tal senso è rintracciabile nel famoso esperimento sulla percezione “La Stanza di Ames” (Princeton University 1946 – Ames-Helmholtz).
Nella stanza sono presenti due persone, collocate su piani opposti. Viene chiesto ad un osservatore di guardare all’interno attraverso uno spioncino presente su una delle parete frontali.
Ciò che vede l’osservatore è che una persona in piedi in un angolo della stanza è un gigante, mentre l’altra, situata nell’angolo opposto, è minuscolo. Se i due invertono le loro posizioni camminando da un angolo all’altro della stanza , quello che precedentemente era minuscolo appare un gigante e viceversa. Quando, infine, i due si posizionano nello stesso punto della stanza, l’osservatore nota che i due sono alla stessa altezza.
La spiegazione di questa illusione ottica è da ricercarsi nella “reale” forma della camera, costruita in modo che, vista frontalmente, appaia come una normale stanza, mentre la pianta della stanza ha forma di trapezio con pareti divergenti, pavimento e soffitto inclinati e, quindi, l’orizzonte non parallelo al pavimento.
Cosa capiamo da questo esperimento?  Qualunque osservatore che si basi solo sui propri sensi dichiarerebbe che le due persone nella stanza cambiano le proprie dimensioni spostandosi da una parte all’altra; questo è portato dalla nostra esperienza, dal nostro modo di guardare alla realtà.  In buona sostanza un soggetto quando osserva la realtà per conoscerla fa ipotesi congruenti con il contesto in cui vive. La questione della conoscenza, allora, diventa di ordine metodologico. Richiede uno sforzo maggiore, richiede riflessione, studio, visione laterale, fantasia …
Tornando al nostro discorso iniziale viene, forse, più immediato capire come un elenco di esercizi (la scheda!) di per sé non significa nulla se non affiancata da uno studio approfondito degli obiettivi da raggiungere e del come fare a raggiungerli (metodologia).
Quindi possiamo affermare che tutto sommato “la scheda”  non ha senso di esistere come tale.
Facciamo un esempio: il signor A deve allenarsi (c’è scritto sulla sua … lascheda) alla panca piana, dopo adeguato riscaldamento deve fare 3 serie da 8 ripetizioni con 50 kg. Il signor A è un turista, si allena a sua detta per stare in forma e viene a Finale per le vacanze, non può permettersi di saltare il suo allenamento (perché il suo personal se ne accorgerebbe) e si reca presso il nostro Stile Libero per ottimizzarlo; controlla meticolosamente la palestra per vedere se è presente tutto ciò che gli serve per completare la sua “lascheda”, storce un po’ il naso per la mancanza di alcune cose e snobba i suggerimenti per sostituirle, chiederà al suo allenatore dice, “tanto devo mandargli i massimali” e siccome è tecnologico riceve la sua “lascheda” sul nuovissimo Iphone6 che sfodera orgoglioso nei  5’ di bike che usa per riscaldarsi.
La tragedia ha inizio quando il signor A si reca alla panca. Qui trova due ragazzi, B e C, che stanno facendo i loro esercizi. Non hanno una scheda classica (una lascheda), si allenano seguendo le mie indicazioni, annotano i progressi (ed eventualmente anche i regressi) e poi se ne discute insieme. Ascolto le loro esigenze e le loro sensazioni le integro con le mie conoscenze e il programma di allenamento viene costruito per loro, ma soprattutto con loro (metodologia). Oggi B e C lavorano pesante, si alternano e tengono occupata la panca per parecchio tempo. Chiedono al signor A se vuole inserirsi nella loro routine viesto che ne hanno per un po’ e, magari, fare un allenamento insieme. La risposta è negativa. Il signor A rimane seduto a guardarli e aspetta parecchio tempo fermo senza muovere un muscolo, giochicchiando con il suo Iphone6 e con la sua “lascheda” virtuale. Intervengo chiedendogli se vuole sostituire l’esercizio con qualcosa di alternativo, “assolutamente no”, se vuole provare a fare una altro tipo di allenamento, “oggi è lunedì, sulla scheda c’è il petto, devo fare questo”; mi arrendo e lo lascio nel suo brodo.
Questa storia di fantasia (forse … !!!!) ci riporta un po’ a tutto quello che è il nostro credo per quel che riguarda l’allenamento (allenamento funzionale?!?). Amo definirlo (pur non amando le definizioni) “processo creativo su base scientifica che richiede fantasia ed entusiasmo”, una serie di risposte, le più personali possibili, ad una serie di domande, anche queste le più personali possibili. La mia metodologia, se così possiamo dire, prevede la massima elasticità mentale sia da parte dell’allenatore che dell’allenato, prevede uno scambio continuo di sensazioni, di emozioni, di sentimenti percepiti durante il training, non di massimali o numero di ripetizioni, prevede una profonda conoscenza di ciò che accade ad un organismo umano sottoposto a determinati stimoli, ma anche di come questi stessi stimoli possono essere adeguati ad ogni esigenza, ad ogni necessità. Ritengo banale la costruzione di una scheda di allenamento che non prenda in considerazione tutto ciò, soprattutto in relazione agli obiettivi (credibili) dell’allenato.
La scheda di allenamento serve? No. Può essere una base da cui partire per costruire qualcosa di molto più importante.
Quello che necessariamente serve è una metodologia, un intersecarsi profondo tra studio, dialogo, riflessioni ed empatia tra i protagonisti di questa danza, l’allenatore e lo sportivo; quello che necessariamente serve è imparare a guardare oltre, a dare la giusta importanza a numeri e cifre senza dimenticarsi, però, che l’uomo è molto, ma molto di più.

“Alla fine della nostra esplorazione, arriveremo là dove siamo già stati e conosceremo il posto per la prima volta” T.S. Eliot

SL.A.

Siti consultati:

Libri consultati:
Lo sviluppo atletico – l’arte e la scienza del condizionamento funzionale nello sport – V. Gambetta – CalzettiMariucci 2013
Lo Zen e l’arte della corsa – L.Speciani – Ed.Correre 2001

L'immagine della stanza di Ames è tratta da: www.otticafabbri.com 
L’immagine del titolo è tratta da: www.arya.it