Wikipedia

Risultati di ricerca

domenica 24 aprile 2016

Quando l’Allenamento Funzionale … non funziona

Quando l’Allenamento Funzionale … non funziona
Ad un ascolto superficiale potrebbe essere definita confusione.
La musica attacca le casse con una bordata di “TriNitroToluene” targata ACDC, un missile a scuotere le fondamenta che, senza mai stancarsi, sorreggono i vitalissimi 200 metri quadri di Palestra StileLibero in una serata primaverile qualunque; clangore di spade che cozzano (una visione romantica del suono squillante di bilancieri e manubri) accompagnate da trogloditici grugniti e da mantici sbuffanti sono il fragore che contrasta il poderoso suono emesso dagli altoparlanti.
Quello che si sente non può essere chiamato semplicemente rumore. È qualcosa in più, un rituale, un liturgico susseguirsi di azioni (più o meno pensate) che definiamo allenamento.
Tutto scorre normalmente: vedo i volti sudati, le espressioni vacue che sfidano i bilancieri, il ritmico rimbalzare delle palle mediche, i salti, gli scatti, la corda che ruota veloce e sibilante, i successi ed i piccoli fallimenti, corpi che si muovono e corpi che si fermano … fino a quando una vocina sottile, ma terribilmente aguzza sfonda i miei timpani: “Faccio questo perché è funzionale”. Un brivido bollente corre lungo la mia colonna vertebrale, il tempo rallenta tipo Matrix, quando Neo schiva le pallottole (lui si che era funzionale), mi volto e vedo un accartocciamento di braccia e gambe, arrotate sopra una fitball mentre cercano di muoverla , troppo grande la palla o troppo corte le gambe, o forse entrambe le condizioni, non è quello il problema principale.
“Cosa stai facendo?”
“Boh, l’ho visto fare da una tipa su Instagram. È allenamento funzionale”
Soffoco un conato.
Sorrido.
Il tutto contemporaneamente.
“Quindi non hai idea di ciò che stai facendo.”
“Sento un po’ male dappertutto, poi la tipa, Una Modella (sottolineato con enfasi), aveva un gran fisico; è funzionale, quindi funziona”. Alzata di spalle come dire – cazzo ne capisci tu – .
Sgrano gli occhi.
RiSoffoco il conato.
RiSorrido.
Ancora tutto in contemporanea. Mi sto specializzando.
“Ok, senti, ti spiego”.
Una scena che con varie versioni, purtroppo, si ripete spesso.
Allora partiamo da ciò che ritengo possa essere “Allenamento Funzionale” e poi vediamo di capirci qualcosa.
L’Allenamento Funzionale è una qualsiasi modalità di allenamento (e ci tengo a sottolineare qualsiasi, con buona pace di tutti i Crossfitter de no’artri) utile ad implementare la capacità di svolgere le attività fisiche quotidiane, lavoro o sport che siano, utilizzando un approccio globale al condizionamento o, eventualmente, alla rieducazione o riabilitazione post infortunio.
Si, capisco, come al solito provare a dare delle definizioni a qualcosa di così complesso è impresa titanica e di sicuro insuccesso, ma se non altro, mette qualche piccolo paletto a ciò di cui stiamo parlando.
“ Tutto è funzionale, nulla è funzionale, è il programma che rende l’allenamento funzionale”; provando a parafrasare Paracelso (tutto è veleno, nulla è veleno, è la dose che fa il veleno), scopriamo una parola importante – programma – evidenziando così come l’allenamento funzionale non sia una sommatoria di movimenti più o meno stravaganti (you tube docet), bensì lo studio e la creazione di una ben precisa strada da seguire, disegnata sulle esigenze, sulla struttura, sul modo di porsi, sui desideri, ecc … dell’utente che stiamo allenando.
I “sacri testi” evidenziano delle linee guida per la costruzione di un programma di allenamento funzionale [1]:
Ø  Definizione di un obiettivo
Ø  Valutazione
Ø  Ricerca di stabilità e del bilanciamento muscolare
Ø  Ricerca di mobilità e dell’arco di movimento utile
Ø  Ricordo dei 7 movimenti primordiali (ogni movimento che il nostro corpo è in grado di compiere può essere scomposto in uno o più movimenti fondamentali: accovacciarsi, inginocchiarsi compiendo un passo avanti, spingere, tirare, chinarsi, girarsi, camminare o correre (o qualunque forma di andatura terrestre)
Ø  Ricerca di adeguati livelli di forza e potenza
Ø  Integrazione di tutti gli elementi
Ecco come l’allenamento funzionale prende vita in maniera più precisa, esulando da improbabili video dove il belloccio di turno asseconda i desideri della cyber-folla esibendo evoluzioni degne del Circo Togni, ma funzionali come un dito in un occhio. Nulla da stupirsi, i Freak Show hanno sempre attirato e continuano a farlo, evidentemente, numeroso e festante pubblico.
Viste le linee guida diventa interessante anche delineare le basi del programma di allenamento funzionale [1-2]:
Basi: core (enfasi su esercizi che attivino o meglio, pre-attivino, la muscolatura profonda, migliorando la connessione tra “estremità superiori” ed “estremità inferiori” del corpo, evitando sprechi di energia e consentendo la trasmissione del carico attraverso il sistema), postura dinamica, equilibrio (e disequilibrio), trasferimento dell’energia (attraverso il core, tra “sopra” e “sotto” e viceversa), gravità, tridimensionalità.
Viene da sé come la proposta di esercizi possa dunque arricchirsi di peculiarità. Porre enfasi sul core, su l’esecuzione di movimenti multiplanari e multiarticolari compiuti a diverse velocità e in condizioni di precario equilibrio utilizzando gli arti in maniera asimmetrica e ricorrendo a schemi motori “incrociati” (il core punto di torsione di uno schema motorio incrociato spontaneo come la corsa, per esempio) acquista come obiettivo ultimo la ricerca di rendere allenabili e adattabili tutte le componenti della performance, per tutti i tipi di performance. Differenziare ogni intervento per ogni persona: allenare la funzionalità dell’atleta e quella della signora che vuole portare senza soffrire le borse della spesa, ad esempio; esigenze diverse, ma obiettivo finale unico, essere più “performanti” in ciò che si vuole fare; specificità, ma allo stesso tempo multilateralità di proposte, per ampliare il più possibile il patrimonio motorio e, quindi, le situazioni allenanti. Il concetto di funzione utilizza quindi un approccio integrato, opposto ad “isolato”; allenare secondo la funzione significa allenare con variazioni per ottenere un obiettivo specifico sfruttando così la “saggezza” del corpo [3]. Costruire allenabilità e non solo allenamento [1], per garantire possibilità di progredire e favorire una migliore connessione corpo – mente (respirazione, controllo, precisione, concentrazione).
Detto ciò vediamo come perdono un po’ senso tutti i vari corsi di “Funzionale” che prendono misteriosamente (magie del marketing) vita nelle palestre. Proporre una routine di esercizi ad un gruppo eterogeneo di persone può essere utile, forse, a livello generale (stato di forma, benessere), ma smarrisce l’obiettivo per il quale è stato costituito: l’Allenamento Funzionale … NON Funziona.


Così come perdono un po’ di ragione d’essere quelle discipline (qualcuno li chiama sport …) nate da un’estremizzazione del Functional Training, il CrossFit per esempio (notate come sono passato a terminologie anglofone, per non stonare citando il CrossFit ;-) ), dove l’esecuzione fine a se stessa (e il mega giro di parole al vento ad ingigantire il business legato ad un marchio) predomina decisamente sulla qualità del movimento sulla specificità dello stesso e sull’individualizzazione del programma. Tutto fuorché “Functional”, insomma.
Torniamo a noi.
Allenare è difficile.
Processo creativo su base scientifica, che richiede fantasia ed entusiasmo. Questo vuol dire allenare. Dietro ad ogni allenamento ci deve essere un pensiero, una riflessione, una serie di domande alle quali l’allenamento stesso deve essere la risposta. Od il tentativo di risposta.
La bellezza nell’affrontare la costruzione di un programma di allenamento è la sfida che esso propone. Significa inserirsi (empaticamente parlando) nella vita di un’altra persona e da questa provare a tirare fuori il meglio (educare – e-ducere, condurre fuori), che sia un triathlon IronMan o semplicemente salire le scale senza fiatone, che sia disegnare un fisico possente e muscoloso o un cuore e una mente capaci di sopportare ore di corsa nei sentieri. Questo è allenare; i giocolieri del web li lasciamo roteare i loro sacchi di sabbia o sollevarsi in verticale sul dito indice come Kenshiro, non ci interessa. Noi apriamo i libri, mettiamo in pratica, studiamo, leggiamo, ci muoviamo, facciamo muovere, possibilmente sempre sorridendo, perché vivere è un regalo che merita un sorriso.
Non fermatevi alle apparenze, come sempre l’informazione non è conoscenza.
SL.A.
Prima che una persona studi lo Zen,
i monti sono monti e le acque sono acque; dopo una prima occhiata alla verità dello Zen,
i monti non sono più monti e le acque non sono più acque.
Dopo l’illuminazione, i monti tornano a essere monti e le acque a essere acque.
Detto Zen

Bibliografia:
[1] Muovere l'allenamento - Alberto Andorlini - Ed.Correre 2013
[2] Avanzamenti nell'allenamento funzionale - Michael Boyle - Sandro Ciccarelli editore - 2012
[3] Lo sviluppo atletico - Vern Gambetta - CalzettiMariucci ed. - 2013
Immagini:
Pagina Facebook: Sognatori che affollano le palestre a giugno in cerca di miracoli

lunedì 4 aprile 2016

Chi ha paura del Lupo cattivo? (Ovvero ... troppa concorrenza fa perdere la riverenza)


Fondamentale si tratta di mancanza di sicurezza. O di autostima. O di entrambe. Non lo so, nemmeno mi interessa troppo, ma è piuttosto tediante e parlo in generale, vedere una categoria professionale messa alla berlina o sotto accusa in maniera continua solo ed esclusivamente per minare la qualità del lavoro altrui.
Entrando nello specifico, parlo della qualità del mio lavoro, purtroppo per molti dei miei "concorrenti", alta qualità, prima che accademicamente garantito.
Sinceramente la cosa mi inorgoglisce anche un po'... La mancanza di argomentazioni che esulino da mera condivisione di selfie o glutei prominenti denota una povertà di contenuti che rende risibile ogni commento; certo, me ne rendo conto, non c'è bisogno di scrivere, ma ogni tanto ritengo sia importante evidenziare il vuoto che pervade chi ti ritiene "concorrenziale" (non tutti, ovviamente, per qualcuno nutro profonda stima e, naturalmente, sono esclusi dal presente scritto) se non altro per ricordare che, pur non vivendo un'esistenza social (preferisco di gran lunga quella sociale), non sono completamente avulso da ciò che mi circonda e nemmeno disposto ad annullare il mio modo di essere professionale per uniformarmi al piattume imperante.

La cosa in parte inorgoglisce, dicevo, proprio perché è uno sventolare bandiera bianca, una resa incondizionata che sembrerebbe dire:" Non sono all'altezza, non posso competere, provo a tirare un po' di fango qua e là, tanto è pieno di capre che se le bevono tutte, magari mi va bene"; da un altro lato, però, mi infastidisce; per ovvi motivi personali, ma soprattutto perché siamo arrivati al punto di non investire più sulle proprie competenze, ma screditare (o provare a farlo) quelle degli altri. Il modo più veloce per umiliare l'essere umano: non lavorare per migliorarsi, per evolvere, ma concentrarsi su quel poco che si è, senza il benché minimo desiderio di mettersi in gioco. Insomma, sperare che tutti facciano schifo allo stesso modo.
Beh, con buona pace di voi condivisori internauti folli, io a questo gioco non partecipo e, che vi piaccia o meno, continuerò a dare il meglio, poco o tanto che sia.
Sono assolutamente convinto che siano i particolari a fare la differenza e, mai come oggi studiare e' uno di quei particolari. L'informazione non è conoscenza, lo dico sempre, ma la disinformazione o l'informazione alterata possono fare danni immani.
Est vera felicitas felicitate dignum videri: Riconoscersi degni di essere felici, questa e' la vera felicità


SL.A. Lupi, ma non troppo cattivi