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sabato 30 gennaio 2021

DALLE PORTE SOCCHIUSE ENTRANO GLI SPIFFERI

 >DALLE PORTE SOCCHIUSE ENTRANO GLI SPIFFERI<


Le palestre, allo stato attuale delle cose, DEVONO RIMANERE CHIUSE.

Dichiarazione impopolare? Forse, ma sono uno dei "pochi" in grado di poterla sostenere senza alcun timore di smentita.

Pensi di avere sufficiente elasticità cerebrale e rapidità cognitiva per provare a comprendere? Oppure preferisci rimanere in un limbo fatto di slogan, hashtag, bandierine e polemiche sterili?

La scelta discrimina il prosieguo della lettura 😉.

Osservo da tempo (troppo tempo, sigh) con curiosità, anche perché parte in causa, gli umori dell'opinione pubblica riguardo alla chiusura forzata delle palestre avvenuta, per la seconda volta dopo il blocco generalizzato marzo-maggio (compresi), il 24 ottobre 2020 e, ad oggi, obbligata fino al 5 marzo 2021.

Credo di non scandalizzare nessuno affermando che, per una buona fetta della popolazione, la questione non sia nemmeno interessante. Parliamoci chiaro, a parte noi "vittime" perché imprenditori o lavoratori del settore, qualche esponente illuminato del mondo sanitario e buona parte (che non vuol dire tutti) tra gli usufruttuari dei nostri servizi, la chiusura reiterata, continua e colpevolizzante delle palestre non tocca alcuna corda emotiva popolare.

Probabilmente è anche giusto così, la difficoltà comunicativa riguardo il "benessere in movimento" da parte nostra è lampante e, oggi più che mai, se ne paga lo scotto. Chiusa parentesi.

Nell'ultimo periodo, forse anche a causa della "crisi di governo" (come se da un anno a questa parte il governo non vivesse in un annaspante delirio lisergico, popolato da obbligo di guanti in lattice, disinfezione stradale, automobilisti in solitaria con mascherina, orari confusionari di apertura e chiusura locali, barriere in plexiglass, bodenza di fuogo, dpcm incomprensibili canticchiati tipo Village People …), assistiamo però ad una inversione (strana) di tendenza, una vera rivolta fitness: dagli Appennini alle Ande un solo grido si spande "riapriamo le palestre" (slogan, hashtag, bandierine e polemiche sterili) 😁🤓.

L'ondata di patriottico buonismo investe così, a mo' di domino, tutti i profili social che, tra un - aprite i ristoranti -  un - rivogliamo i bar - e un - negozi aperti! - trova spazio anche per le imprese del movimento e, tra una zoom class di "functional training" e uno Yogilates su Instagram, il poderoso "aprire le palestre" scuote i sonni lorazepamici del prode Spadafora.

È tutto bellissimo (😑😁), finalmente il riconoscimento dell'importanza di un corretto stile di vita che comprenda anche l'attività motoria, le palestre come luoghi educativi indispensabili, la Laurea in Scienze Motorie assurge alla gloria che merita (qui mi sono lasciato un po' andare 😅).

Ma…

Purtroppo per mandare avanti un'attività come un centro fitness e non parlo di megacentri simili a piccoli paesi, ma realtà a conduzione familiare come la mia, servono, tralasciando l'ovvia competenza, passione viscerale e una stilla di sano masochismo, due condizioni imprescindibili:

  1. Denaro: per l'affitto della struttura, per coprire i finanziamenti fatti all'acquisto delle attrezzature, per i corsi di aggiornamento, per le spese vive che comporta un'impresa aperta 70 ore la settimana (luce, acqua, riscaldamento, tasse e balzelli vari …); 

  2. Numeri: iscritti che "soddisfino le condizioni", cioè paganti per gran parte del periodo di apertura (per noi … 12 mesi circa 😐), con abbonamenti mensili, plurimensili, personal training … in modo da porre le basi per coprire quanto al punto 1.

Non è un lavoro dove ci si "arricchisce" e tutto sommato "chissenefrega", però come tutte le imprese commerciali (e sulle asd, ssd, palestre/associazioni che imprese commerciali non sono, non mi esprimo perché esulano da tutto il discorso e dalle mie competenze) si deve tirare fuori il profitto per poter vivere in rapporto alle energie spese.

<E certe porte andrebbero chiuse definitivamente. Perché è dalle porte socchiuse che poi entrano gli spifferi> (G.F.)

Ecco svelato l'arcano, oggi le palestre DEVONO RIMANERE CHIUSE fino a che lo stato non ci risarcisce economicamente (vile denaro) di tutto ciò che abbiamo perso in questi mesi (punto 1) continuando a pagare o contraendo ulteriori debiti.

Eh, troppo facile adesso, nelle condizioni in cui versiamo, "aprire le palestre"; intanto ci sono numerosi clienti che hanno parecchi mesi già pagati e ovviamente non goduti, da sfruttare, qualcuno ha ancora abbonamenti in piedi di un anno fa. Non si parlerebbe di guadagno (e intendo guadagno che soddisfi le condizioni del punto 1) per almeno ancora 6 mesi.

Le palestre restano chiuse e lo stato paga ciò che deve: per l'incompetenza dimostrata, per l'incomprensibile decisione rispetto alla chiusura di luoghi salutogenici e abbondantemente rispettosi di qualsivoglia norma, per non essere in grado di scoprire il sottile, ma dirompente legame tra Salute e Movimento e sfruttarlo, per averci fatto perdere indirettamente clienti  - ricordo benissimo i manifesti a cura "ministero della salute" dove veniva esaltato il ruolo del movimento "fatto a casa", (possiamo scientificamente definirlo "a cazzo") come arma immunitaria di massa (😅😅😅) - impigrendo così ulteriormente un popolo già particolarmente abulico; clienti o possibili tali che non metteranno più piede nelle nostre strutture perché magari già appartenenti alla "categoria degli indecisi" ora hanno scoperto la comodità di avere tutto a casa: mesmerizzati dalle luci blu di uno schermo, adulati da voci e corpo suadenti, rifuggono la luce del sole tanto quanto la compagnia "dell'altro", impauriti da qualsivoglia contagio e contatto (umano 😞) idealmente rinforzati dalla scellerata campagna terroristica verso la nostra professione.

Pagate caro, pagate tutto.

E poi forse, chi avrà ancora la possibilità e non sarà spezzato nello spirito, aprirà la propria palestra e, con immensi sacrifici (come sempre), proverà a risalire la china, contro tutto, contro tutti.

Ringrazio per l'appoggio coloro che, con sincerità, anelano alla riapertura, speriamo tutti, speriamo presto, ma non prima di ricevere ciò che è stato tolto.

<Una cosa m’inquieta: se il Paradiso ha una porta, significa che ci sono dei muri…>. (Grégoire Lacroix)

A presto. Forse.

Fede 


Immagine tratta da:

http://narrabilando.blogspot.com 

martedì 19 gennaio 2021

UNDER PRESSURE

 >UNDER PRESSURE<

Oggi voglio raccontare una storia.

Siccome si tratta di un avvenimento reale, ha bisogno di una piccola introduzione “scientifica” che ci permetterà di inquadrare la situazione in modo imparziale, coscienzioso, senza banalizzazioni; parleremo di un problema di salute piuttosto comune e, come tale, spesso sottovalutato. Cercherò di essere essenziale, ma rigoroso proprio per non cadere in troppe semplificazioni.

_ Antonino c’ha “la pressione” _

Argomento spinoso, la pressione arteriosa e il tentativo di regolarla attraverso l’attività motoria.

Ne sentiamo parlare spesso, “la pressione”, ma come viene definita la pressione arteriosa? Dal punto di vista fisico altro non è che la forza esercitata dal sangue pompato dal cuore sulle pareti delle arterie.

La pressione arteriosa, però, è un valore determinato in modo dinamico dall’interazione di più fattori come, per citarne solo alcuni, la volemia (volume totale del sangue di un organismo), il grado di costrizione delle arteriole, la forza di contrazione cardiaca e la distensibilità delle grosse vene. In condizioni fisiologiche, patologiche o anche di intervento terapeutico, la regolazione della pressione arteriosa non è tanto da intendersi come regolazione della pressione in sé, ma come effetto altamente integrato di una molteplicità di meccanismi di controllo, agenti sui singoli fattori che la determinano.

Accedere alla misura di tali singoli fattori può tuttavia essere tecnicamente difficile, mentre accedere con uno strumento semplice come lo sfigmomanometro al risultato finale dell’interazione tra essi, ossia la pressione arteriosa, è facile e poco costoso.

La semplicità e immediatezza della tecnica di misura può, quindi, far dimenticare la complessità dei fenomeni sottostanti.

Riassumendo velocemente, possiamo dunque dire che la pressione arteriosa è il risultato dell’equilibrio di molti fattori. A breve termine dipende dal bilancio tra l’afflusso di sangue dal ventricolo sinistro al sistema delle arterie elastiche e il deflusso di sangue dal sistema delle arterie elastiche verso i capillari, attraverso le arteriole. A lungo termine dipende dal bilancio tra i fattori che tendono a far aumentare la volemia e quelli che tendono a farla diminuire.

La regolazione a breve termine della pressione arteriosa è mediata dal riflesso nervoso barocettivo, a partenza da recettori di pressione che attivano risposte simpatiche e parasimpatiche modulanti sia le resistenze periferiche (regolando il deflusso), sia l’attività cardiaca (regolando l’afflusso). È una regolazione contemporaneamente di tipo omeostatico, in quanto il riflesso barocettivo tende a mantenere costante un certo valore della pressione arteriosa e di tipo comportamentale, in quanto centri nervosi più elevati modulano i centri di integrazione del riflesso barocettivo, definendo quale debba essere il valore di pressione arteriosa da mantenere costante in funzione alle esigenze comportamentali del momento.

In alcune circostanze, riflessi nervosi originati dai chemiocettori dei glomi carotidei e aortici e dai chemiocettori centrali contribuiscono alla regolazione della pressione arteriosa.

La regolazione a lungo termine può essere riassunta nel concetto di diuresi da pressione, corrispondente al risultato finale dell’insieme delle funzioni che determinano il bilancio tra pressione, volemia e diuresi. Le più importanti di queste funzioni sono quelle del sistema renina-angiotensina-aldosterone, dell’ormone antidiuretico e del peptide natriuretico atriale.

Se diamo per compreso il fatto che la pressione arteriosa (i due numerini che ci dice il dottore o il farmacista dopo la misurazione) è quella forza con cui il sangue viene spinto attraversando le resistenze che incontra nei vasi, ci accorgiamo come questa dipenda, oltre che dall’efficienza della pompa cardiaca e dall’elasticità delle pareti delle arterie e dalla resistenza dei tessuti periferici, anche da molti altri fattori, di natura nervosa, chimica, comportamentale …

Abbiamo accennato ai due numeri che rappresentano, a tutti gli effetti, il risultato finale di tutta questa intrigante relazione dai molti protagonisti.

Dall’aorta, fino alle grosse vene cave che portano il sangue all’atrio destro, la pressione subisce continue variazioni.

La pressione sale durante la sistole (contrazione cardiaca) fino ad un valore massimo, pressione sistolica o massima, di circa 120 mmHg e poi scende in maniera monoesponenziale. Il valore minimo, pressione diastolica o minima, di circa 80 mmHg, si determina un attimo prima dell’inizio della nuova sistole, alla fine della fase di riempimento (diastolica).

In generale, quindi, una pressione arteriosa “ottimale”, presenta alla misurazione dei valori di pressione massima di circa 120 mmHg e di pressione minima di circa 80 mmHg, generalmente scritta come: 120/80.

L'ipertensione arteriosa è una condizione caratterizzata dall'elevata pressione del sangue nelle arterie. Questi valori di pressione sopra la norma, compresa tra 140 e 85 mmHg, devono essere costanti e non sporadici. Interessa circa il 30% della popolazione adulta di entrambi i sessi e, nelle donne, è più frequente dopo la menopausa.

L'ipertensione arteriosa, quindi, non è tout court una malattia, ma un fattore di rischio, ovvero una condizione che aumenta la probabilità che si verifichino malattie cardiovascolari (infarto miocardico, ictus cerebrale …).

L'ipertensione arteriosa può essere classificata come primaria e secondaria.

Nell'ipertensione arteriosa primaria (o essenziale), che rappresenta circa il 95% dei casi di ipertensione, non esiste una causa precisa e identificabile.

Nel restante 5% dei casi, invece, l'ipertensione è la conseguenza di malattie, congenite o acquisite, che interessano i reni, i surreni, i vasi, il cuore, e per questo viene definita ipertensione secondaria.

L'ipertensione è una condizione subdola, in quanto - a dispetto delle gravi complicanze a cui può dare origine - è quasi sempre asintomatica. Non è quindi un caso che questa condizione venga spesso descritta con l'appellativo di “killer silenzioso”; l'organismo si abitua progressivamente ai valori sempre un po' più alti, e non manda segnali chiari e inequivocabili al paziente. Per questo, molte delle persone affette da ipertensione non lamentano sintomi, anche in presenza di valori pressori molto elevati.

In ogni caso, i sintomi legati all'ipertensione arteriosa non sono specifici, e per questo sono spesso sottovalutati o imputati a condizioni diverse. Tra i sintomi più comuni rientrano:

Mal di testa, specie al mattino

Stordimento e vertigini

Ronzii nelle orecchie (acufeni, tinniti)

Alterazioni della vista (visione nera, o presenza di puntini luminosi davanti agli occhi)

Perdite di sangue dal naso (epistassi)

Nei casi di ipertensione secondaria, ai sintomi aspecifici possono associarsene altri, più specifici, dovuti alla malattia di base.

La scarsità dei sintomi e la loro aspecificità sono il motivo principale per cui spesso il paziente non si accorge di avere la pressione alta. Per questo è fondamentale controllarla periodicamente: fare diagnosi precoce di ipertensione arteriosa significa prevenire i danni ad essa legata e, quindi, malattie cardiovascolari anche invalidanti.

Quali fattori predispongono le persone a questa condizione?

Familiarità: la presenza, in famiglia, di soggetti ipertesi aumenta la probabilità che un paziente sviluppi ipertensione arteriosa.

Età: la pressione arteriosa aumenta con l'avanzare dell'età, per effetto dei cambiamenti che si verificano a carico dei vasi arteriosi (che, invecchiando, diventano più rigidi).

Sovrappeso: sovrappeso e obesità, attraverso meccanismi diversi e complessi, si associano ad un incremento dei valori pressori.

Diabete

Fumo: il fumo di sigaretta altera acutamente i valori di pressione arteriosa (dopo aver fumato, la pressione resta più alta per circa mezz'ora); a questo, si associano i danni cronici che il fumo induce sui vasi arteriosi (perdita di elasticità, danno alle pareti vascolari, predisposizione alla formazione di placche aterosclerotiche).

Disequilibrio di sodio e potassio: mangiare cibi troppo salati ed, in generale, una dieta troppo ricca di sodio o troppo povera di potassio, possono contribuire a determinare l'ipertensione arteriosa.

Alcool: un consumo eccessivo di alcoolici (più di un bicchiere al giorno per le donne, due per gli uomini) può contribuire all'innalzamento dei valori pressori, oltre che danneggiare il cuore (che, per effetto del troppo alcool, tende a dilatarsi e a perdere la sua funzione di pompa, con gravi conseguenze su tutto l'organismo).

Stress: lo stress (fisico ed emotivo) contribuisce al mantenimento di valori di pressione più alti.

Sedentarietà.

A guardare bene, molti dei fattori predisponenti l’ipertensione sono facilmente controllabili da uno stile di vita sano. Uno stile di vita che preveda attività motoria e alimentazione consapevole. La storia di Antonino è paradigmatica in questo caso.

Antonino inizia la sua diatriba con “la pressione” nel 2013.

Periodicamente, vista la “delicatezza” del suo lavoro, viene controllato dal punto di vista medico e, ovviamente, tra gli altri il parametro “pressione arteriosa” deve essere nella norma.

Ha uno stile di vita attivo, un’alimentazione, in rapporto alla media nazionale, che definisce “sana”, non fuma e beve poco/nulla. Presenta familiarità a problematiche cardiovascolari e anche all’ipertensione.

Ricordo bene quella sera, lo vidi arrivare in palestra decisamente (e soprattutto stranamente) affranto, testa bassa, passo strascicato; mi racconta che durante la visita lavorativa gli hanno riscontrato valori anomali alla misurazione della pressione e, pur continuando a lavorare dovrà, dopo due mesi, ripresentarsi al controllo e nel caso il problema si ripresenti, affidarsi alla cura farmacologica e, quantomeno inizialmente, avere delle modifiche anche lavorative.

Un uomo distrutto, ha già parlato con il suo medico curante che non vede altra soluzione della terapia farmacologica ipertensiva.

“Anto, abbiamo due mesi, perché non proviamo ad analizzare con attenzione il tuo stile di vita, il tuo allenamento e vedere se riusciamo a metterci una pezza?”.

L’idea diventa la seguente:

>Monitorare quotidianamente il valore della pressione arteriosa

>Colloquio con la nutrizionista della palestra per valutazione parametri ematici, ottimizzazione della dieta ed eventualmente integrazione appropriata

>Controllo del programma di allenamento e valutazione di eventuali modifiche e/o integrazioni.

Non abbiamo moltissimo tempo, decidiamo di partire immediatamente.

L’allenamento di Antonino verteva particolarmente sul lavoro muscolare, con cicli alternati di forza e ipertrofia; decidiamo di resettare il tutto, spostando il tiro su un training di più ampio respiro che, pur mantenendo in parte l’utilizzo di sovraccarichi, ha il focus sull’implemento della funzione cardiorespiratoria.

Vengono proposte tecniche di controllo dello stress e di abbassamento del tono del SNA.

Anche a livello nutrizionale si attuano alcuni cambiamenti, probabilmente la sensazione di mangiare in maniera “sana”, non corrisponde precisamente alla realtà .

Antonino mette nel programma tutto se stesso; con maniacale devozione misura i parametri pressori quotidianamente e dedica almeno quattro sedute settimanali all’allenamento, non disdegnando anche qualche passeggiata nel fine settimana.

I risultati sono strabilianti e, al controllo dopo i due mesi, i valori sono perfetti, testimoniati anche dall’andamento delle misurazioni giornaliere.

Il medico del lavoro consiglia assolutamente di mantenere il percorso iniziato, mantenendo sporadici controlli della pressione.

La sinergia lavorativa tra diverse figure professionali, nella fattispecie il Laureato In Scienze Motorie (Chinesiologo) e il Biologo Nutrizionista, sommata all’abnegazione di Antonino e alla supervisione medica, ha creato un circolo virtuoso del benessere, evidenziando come l’approccio alla Salute multifattoriale e non solo squisitamente farmacologico, sia estremamente potente, versatile e generi una piacevole consapevolezza in chi lo “subisce”.

Ma …

Ieri la telefonata.

Dopo 7 anni abbondanti ho risentito Antonino demoralizzato. L’annuale visita lavorativa ha, per la prima volta dal 2013, riscontrato anomalie nei livelli della pressione. Il periodo è comunque stressante, le recenti abbuffate natalizie possono aver lasciato il segno, i 60 anni che si avvicinano dicono sicuramente la loro, ma … da 3 mesi la palestra è chiusa e, pur mantenendo qualche camminata e una vita attiva, Antonino non ha più potuto allenarsi con costanza.

Non posso dire se quella dell’allenamento possa essere, in questo caso particolare, la variabile decisiva; posso affermare con sicurezza , però, che ha un peso fondamentale, dal punto di vista organico, da quello comportamentale e, non in ultimo, da quello psicologico.

L’allenamento in palestra, in mano a veri professionisti, ha un peso fondamentale. Questo è innegabile.

Da oggi Antonino “c’ha la pressione” e vede le sue pastiglie già sul comodino, però ci proviamo lo stesso: accorgimenti nutrizionali, i soliti, ma con più attenzione, camminate o bike stazionaria tutti i giorni, vita quanto più possibile attiva, cercare di tenere lo stress sotto controllo (e il movimento in questo è maestro); abbiamo ancora due mesi, sarà molto più dura.

La palestre sono chiuse e moltissimi Antonino stanno combattendo le loro battaglie da soli; non indago sul giusto o sbagliato, ma prendo atto di come, pur con tutti i limiti legati al momento, la Salute non sia una priorità per questo paese.

Federico Saccani

Scienze Motorie AMPA

Osteopata DO

Mental Trainer

Palestra Stile Libero – Finale Ligure

"Giusto e sbagliato sono pastoie per asini" Detto Zen 

Testi e siti consultati:

_ Fisiologia Medica (Edi Ermes)

_ Fisiologia dell’Uomo (Edi Ermes)

_www.my-personaltrainer.it

_ www.humanitas.it

_ immagine tratta da www.facebook.com 


mercoledì 13 gennaio 2021

HOMO HOMINI LUPUS

>HOMO HOMINI LUPUS<

L’istinto di sopravvivenza ci identifica come esseri umani? È il collante che, quasi paradossalmente, ci unisce in maniera viscerale e mantiene viva la fiamma ferina, più o meno sopita, dentro ognuno di noi?

Oppure è un tramite per diventare migliori?

Non ho ovviamente risposte, ma in un momento storico eufemisticamente confusionario (del quale purtroppo faccio parte), credo sia giusto porsi qualche domanda osservando ciò che ci circonda: il distacco brutale dagli altri, non solo fisico, ma anche morale, il pallido tentativo di colmarlo con surrogati tecnologici che, lentamente, stanno prendendo il sopravvento sul rapporto umano; non a caso “umana” viene definita una relazione che prevede il contatto e la vicinanza, la vuota conoscenza di nulla delle masse, obnubilate da siparietti allegri e colorati, manifestata con orgoglio e sbandierata come fosse una virtù, il sensazionalismo del pressapochismo e della falsa competenza idolatrati edonisticamente a suon di likes e cuoricini, la pingue e salmastra faciloneria nel disquisire di argomenti che oltre a non conoscersi, nemmeno si comprendono (effetto Dunnig-Kruger spostati) e via discorrendo … Non so il perché, ma scrivendo queste righe mi vengono alla mente alcuni racconti di fantascienza che lessi da ragazzo (penso che il libro “L’ora d fantascienza” sia ancora un qualcosa di meraviglioso (e meravigliosamente istruttivo) da far leggere ad un giovane), tipo “I 9 miliardi di nomi di Dio” di A.C Clarke o “La risposta” e “Esperimento” di F.Brown; chissà che strane sinapsi mi sono attivate, poco importa, resta il fatto che, nonostante tutto mi faccia ancora qualche domanda e, nel silenzio della mia mente, provi anche a formulare delle risposte.

Hana Wa sakura gi Hito wa bushi” – “Tra i fiori il ciliegio Tra gli uomini il guerriero

_ Fightworld _

“Guerriero è colui che si oppone al caos” Mahābhārata

Piccola premessa Nerd (si può saltare 😅):

Il Sistema Nervoso Vegetativo – SNV – è quella parte del sistema nervoso che provvede alla regolazione delle funzionalità viscerali dell’organismo. Rappresenta quindi l’insieme dei centri e delle fibre nervose che si distribuiscono ai visceri.  Esso è essenzialmente un sistema effettore che presiede al controllo della muscolatura liscia, di quella cardiaca e delle funzioni ghiandolari. Coadiuvato in molti casi dal sistema endocrino, esplica una funzione modulatrice sulla gittata cardiaca e sulla pressione arteriosa, sull’attività gastrica e intestinale, sulle secrezioni ghiandolari e su molte altre funzioni viscerali; ha una velocità di reazione maggiore del sistema endocrino, essendo capace di rispondere molto prontamente, anche nell’intervallo si pochissimi secondi, alle variazioni dell’ambiente interno, garantendo un rapido ripristino delle condizioni di stabilità.

Poiché le funzioni regolative svolte dal SNV non sono direttamente controllate dalla volontà, esso viene anche denominato Sistema Nervoso Autonomo (SNA). Mentre la maggior parte dei movimenti generati dal Sistema Motorio Somatico (si occupa della muscolatura scheletrica) vengono controllati volontariamente, mentre la maggior parte degli adattamenti motori generati dal SNA sono d natura riflessa e, in generale, come già accennato, non accedono al livello di coscienza. Tuttavia, la differenza tra i due “sistemi motori”, volontario (somatico) e involontario (autonomo) è relativa e non assoluta. Alcuni movimenti somatici, in particolare le risposte riflesse, sono involontari, d’altra parte alcune azioni del SNA possono essere comunque influenzate, in modo più o meno diretto, da centri superiori localizzati nel Sistema Nervoso Centrale (SNC).

In base a differenze anatomiche, neurochimiche e funzionali è possibile distinguere nel SNV due principali sezioni: il Sistema Simpatico (ortosimpatico) e il Sistema Parasimpatico. Inoltre esiste una terza sezione quella del Sistema Nervoso Enterico, che svolge un ruolo di controllo dell’apparato gastrointestinale.

Una brillante immagine d’insieme del SNV è data da Frank Willard:

“La nostra esistenza quotidiana dipende dalle attività coordinate dei sistemi degli organi interni. L’elemento più importante nell’orchestrazione delle diverse funzioni di queste strutture interne è il SNA che, attraverso una vasta rete di connessioni, contribuisce a mantenere il ritmo normale di attività degli organi interni e regolarne le efferenze (output)per adattarle alle richieste provenienti dall’ambiente”.

Il SNV è dunque protagonista, insieme e per mezzo di una complessa rete di connessioni, della regolazione del nostro ambiente interno e del suo equilibrio omeostatico, in relazione e come risposta a quanto richiesto dall’ambiente esterno secondo un principio allostatico.

Le funzioni peculiari del SNV sono dunque rivolte al mantenimento dell’omeostasi del “mezzo interno”. Tale risultato è garantito in larga misura dalle influenze, per lo più antagoniste, che i due sistemi (simpatico e parasimpatico) esercitano sulle funzioni dei diversi organi e apparati.

L’attività del Sistema Simpatico si manifesta particolarmente in condizioni in cui l’organismo si trova a fronteggiare situazioni di emergenza o stress.

Esso è stato associato alle reazioni di combatti/fuggi (fight or flight nella definizione di W. Cannon). Infatti la stimolazione del sistema simpatico determina aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e del flusso sanguigno al cuore  e ai centri nervosi, inibizione delle funzioni gastrointestinali, iperglicemia ed incremento dei processi catabolici; la demolizione delle risorse energetiche arricchisce il sangue di tutti i substrati metabolici che potranno essere sfruttati dall’organismo per sostenere una consistente risposta offensiva o difensiva. Quando ci sentiamo minacciati, l’attivazione di questa branca del SNV, produce modificazioni fondamentali nel nostro organismo atte a garantire la nostra possibilità di sopravvivenza.

L’attivazione del Sistema Parasimpatico predomina, invece, nelle condizioni di stabilità e di riposo (rest & digest). Esso favorisce le funzioni digestive, riduce la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa, svolge nel complesso una funzione spiccatamente anabolica per il ripristino delle scorte energetiche.

Comprendiamo, dunque, come siano diverse le funzioni esercitate da queste due sezioni nella regolazione del comportamento emozionale e dell’omeostasi; interessanti a riguardo sono le parole di uno tra i più grandi strateghi della storia “L’istante immediatamente dopo la vittoria è il momento di più grande vulnerabilità, quando le truppe si rilassano esse sono avvolte da un potente e devastante crollo fisiologico”: così Napoleone concedeva una facile e immediata vittoria al nemico e si preparava all’immediato contrattacco nel momento ritenuto più favorevole alla vittoria, sottolineando come, una volta cessata l’ “onda simpatica”, il corpo dei combattenti si adagiasse nel caldo abbraccio rilassante del sistema parasimpatico, rendendosi così vulnerabile al nemico.

Piccola curiosità. Senza il Sistema Nervoso Simpatico un animale può sopravvivere a condizione che sia messo al coperto, venga riscaldato e non venga sottoposto a stress. Tuttavia, un animale simpaticectomizzato non è in condizione di compiere un lavoro intenso o di badare a se stesso in condizioni di emergenza. Inoltre, non è in grado di mobilizzare il glucosio epatico in risposta alle esigenze dell’organismo e di rispondere all’esposizione al freddo con un’adeguata vasocostrizione e con la piloerezione. Tuttavia, il SNA non entra in attività solo in condizioni di emergenza e per assicurare i processi di recupero. Molte vie simpatiche e parasimpatiche sono tonicamente attive ed agiscono di concerto con il Sistema Motorio Somatico per mantenere un ambiente interno stabile nonostante le variazioni delle condizioni esterne.

Dal mappazzone neuro-scienzo-fisiologico scritto qui sopra si evince come, per un retaggio evolutivo e, quindi, profondamente insito nella costruzione dell’essere umano, l’attitudine al combattimento (in fondo anche la fuga è parte di una strategia di lotta: 空手に先手なしKarate ni sente nashi – non c’è primo attacco nel Karate; 勝つ考えは持つな負けぬ考えは必要Katsu kangae wa motsuna; makenu kangae wa hitsuyo – non pensare a vincere, pensa piuttosto a non perdere; 敵に因って轉化せよ Teki ni yotte tenka seyo – adeguati al tuo avversario; alcuni dei Niju Kun, 20 principi guida del Karate 英文版 空手道二十訓 – Gichin Funakoshi) ci appartiene tanto quanto il riposo o la necessità di cibarsi.

Siamo umani (anche) perché combattiamo (quindi entriamo in relazione stretta, ravvicinata, con gli altri).

La parola combattere, viste le premesse fisiologiche, acquista ovviamente un significato ampio e variegato (esempio: combattere il freddo), ma oggi ci soffermeremo esclusivamente sul significato tradizionale, etimologico del termine: “far battaglia insieme”, “battersi che fanno insieme gli uomini guerreggiando” [etimo.it], partecipare ad una lotta, insomma.

Probabilmente sono almeno 5mila anni che l’essere umano ha “regolamentato” la lotta e il combattimento corpo a corpo; esistono documenti che evidenziano come nel III° millennio a.C., in Mesopotamia, esistessero già luoghi consoni affinché una determinata categoria di persone potesse allenarsi accuratamente in tal senso.

(L’origine etimologia del termine “Palestra” si rifà al greco Pàle, lotta: luogo dove esercitarsi alla lotta).

L’Arte Marziale disarmata che nacque in Mesopotamia  era certamente primitiva  e si crede che la sua evoluzione continuò in India, per poi spostarsi in Cina.

Le basi per la costruzione dei primi sistemi di combattimento sembra derivino dall’antica casta guerriera indiana dei Kshatriya, persone solitamente identificate come saggi, asceti del combattimento, incarnazioni delle virtù guerriere intese nella migliore accezione del termine.

Essi praticavano, oltre alla pratica marziale con le armi, una forma rudimentale di combattimento chiamata “Vajra mushi, ovvero pugno-fulmine o pugno-diamante”, una tecnica di percussione a mani nude che attraverso varie rotte commerciali giunse nelle regioni indocinesi ed indonesiane come nell’arcipelago delle Ryūkyū, la patria del Karate.

Le notizie e i documenti si perdono nel tempo e si fondono con storie e leggende delle quali, senz’altro mi innamorerei sentendole raccontare davanti ad un fuoco: rituali magici, cerimonie iniziatiche, uomini (e donne, ovviamente, inteso come esseri umani) dalla forza prodigiosa e, spesso, circondati da un’aura di mistico potere; ho qui di fianco un tomo con più di 500 pagine di queste vicende, più o meno comprovate, dove si tenta di dare un ordine e, forse, anche un senso, una genealogia, al combattimento. Impresa faticosa, anche nella lettura, ma indubbiamente affascinante.

Ma cosa prova l’uomo mentre combatte?

Non esiste risposta univoca:

_ Nel mondo, combattere per quello in cui si crede è sinonimo di verità _

_ L’istinto di lottare, di sopravvivere, di proteggere. _

­_ Non lottiamo per ucciderci. Non vogliamo battere gli altri, vogliamo battere noi stessi _

_ Il lottatore deve difendere l’onore, l’orgoglio e la dignità della sua comunità­_

_ Tutti sanguinano, tutti sudano, chi combatte lo fa per una ragione e credo che alla fine le ragioni siano quasi le stesse­_

Il combattimento conserva la nostra umanità o contribuisce a farcela perdere?

_ Usiamo le Arti Marziali come un binario che collega diverse minoranze_

_ Crediamo che combattendo tutto diventi più chiaro _

_ Nell’Arte Marziale che deve educare l’uomo non può esistere il nemico, non può esistere l’avversario. Quest’Arte Marziale è diventare tutt’uno con l’universo, non ha il fine di diventare più forti o proiettare lontano un rivale. Noi ci alleniamo nella speranza di essere utili a qualcuno, nell’idea di portare la pace intorno a noi_

_ Se il vostro avversario vi attacca con impeto, ricevetelo con leggerezza, se vi attacca con leggerezza, ricevetelo con leggerezza_

_ Rappresento la libertà _

_ È un segno di riconoscenza _

_ È normale diventare amici, dopo, perché ci conosciamo bene. Forse non c’è nessun modo per conoscerci bene come fare a pugni _

Immergersi nel multiverso (vischioso e vorticoso) degli sport da combattimento e delle Arti Marziali è un’impresa ardua perché richiede verità, la stessa verità che cola copiosa, come sudore dopo l’allenamento, dalle parole lette poc’anzi; il desiderio di trovare se stessi, ma anche quello di confronto con un’alterità che ci sta davanti, non lo specchio di noi stessi, non quello che vorremmo l’altro fosse, ma proprio un “altro”, non già (o non sempre) un nemico, ma qualcuno con cui condividiamo ideali e la stessa voglia di ricerca; ognuno con le proprie motivazioni, ma, comunque, insieme. Tutto ciò racchiude emozione e empatia, quindi comprensione. Comprensione dell’altro e, in una visione più ampia, comprensione del mondo.

Combattere significa comprendere. Comprendere significa vivere o, in un’accezione tutta orientale “camminare sulla Via (Do)”.

La nostra vita è lo strumento mediante il quale compiamo esperimenti con la verità.
(Thich Nhat Hanh)

Non è tutto questo un elisir, un medicamento, una pozione di smisurata potenza? In un mondo “fake”, dove la finzione sublima fino a diventare regola e usare un filtro per mascherarsi resta una prassi consolidata, una possente iniezione di realtà, un faccia a faccia senza schermi, può diventare l’ancora di salvezza. Restare umani e diventare migliori.

Un mio amico, lottatore di livello, un giorno mi disse: non conosco posto più meritocratico del tatami.

Ed è così.


E non parliamo di violenza, ma dell’assoluto opposto; parliamo di disciplinare il proprio corpo, nel rispetto per se stessi e per gli altri, parliamo di provare a toccare gli angoli più reconditi della propria mente, trovare concentrazione assoluta, spingersi verso i limiti, affrontare i propri demoni; parliamo della vita intesa come cammino, riassunto mirabilmente nel termine giapponese Budo, la “Via Marziale”, dove l’ideogramma Bu, oltre a significare “Marziale”, appunto, significa anche interrompere, arrestare la lotta, perché il “Budo” non è solo combattimento, ma anche la possibilità di trovare la pace e il dominio di sé.

Piccola parentesi.

“Fightworld” è una docuserie di 5 puntate in onda su Netflix.

L’attore Frank Grillo, esplora e sperimenta le tecniche di lotta caratteristiche di diverse parti del mondo, cercando di comprenderne tradizioni e motivazioni, provando a far vivere allo spettatore la purezza e la fede (non necessariamente parliamo di religione) dei combattenti che incontra.

La serie, splendida a mio avviso, pone l’accento non tanto sul combattimento, quanto su chi combatte; con una straordinaria e palpabile passione vengono mostrate cinque crudissime realtà, cinque ambienti vitali “inospitali” dove l’essere umano deve ritagliarsi il proprio spazio per non essere sopraffatto dall’abbraccio stritolante della vita, della miseria, della paura. La via di fuga passa attraverso la disciplina del miglioramento personale, forgiando corpo e mente tramite la lotta.

Nonostante edulcorata dalle telecamere appare evidente la Via percorsa dai protagonisti che, inconsapevolmente e tra mille contraddizioni personali, restando “umani”, quindi, incarnano perfettamente l’ideale di ricerca del miglioramento personale.

Il nostro mondo ha bisogno di Verità. Ritrovare un po’ di quella primitiva e selvaggia voglia di vivere, dispersa nella “ipercivilizzazione”, potrebbe aiutare a purificare i nostri spiriti assopiti dall’abuso di farmaci e dall’iperalimentazione e ingannati da falsi dei nascosti dietro schermi “delle nostre brame”.

Combattere significa comprendere, ricordate.

Più duro è il contatto, più profonda è la consapevolezza” Motto dei Dog Brothers – scuola di combattimento con bastoni

Scoprirai il vero significato di molte cose inerenti alla via solo esercitandoti senza tregua e praticando molto duramente” Miyamoto Musashi.

Comprendere significa vivere, ricordate.

L’Arte Mariziale è lo spirito di chi con una semplice lancia può far fronte, in nome della dignitò, all’arma più potente, più sofisticata. Questo è lo spirito dell’Arte Marziale e, in definitiva, dell’uomo” Deshimaru Roshi

Fede🥋

 

Fonti consultate:

Combat (Mondadori)

Il sistema stilistico shotokan (AMP edizioni)

Fisiologia Medica vol. 1 (Edi Ermes)

Fondamenti delle neuroscienze e del comportamento (CeA edizioni)

La PNEI e la struttura che connette (Edra edizioni)

www.paolacasoli.com

www.karateka.it

Le risposte citate sono tratte dal volume “Combat” (Mondadori 2006) e dalla miniserie “Fightword” (Netflix).

Le immagini:

www.intellettualemoderno.wordpress.com 

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Un'immagine ritrae l'atleta Sasha Mosso ed è di proprietà di Alessandro Mosso che mi ha concesso l'utilizzo

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