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mercoledì 13 gennaio 2021

HOMO HOMINI LUPUS

>HOMO HOMINI LUPUS<

L’istinto di sopravvivenza ci identifica come esseri umani? È il collante che, quasi paradossalmente, ci unisce in maniera viscerale e mantiene viva la fiamma ferina, più o meno sopita, dentro ognuno di noi?

Oppure è un tramite per diventare migliori?

Non ho ovviamente risposte, ma in un momento storico eufemisticamente confusionario (del quale purtroppo faccio parte), credo sia giusto porsi qualche domanda osservando ciò che ci circonda: il distacco brutale dagli altri, non solo fisico, ma anche morale, il pallido tentativo di colmarlo con surrogati tecnologici che, lentamente, stanno prendendo il sopravvento sul rapporto umano; non a caso “umana” viene definita una relazione che prevede il contatto e la vicinanza, la vuota conoscenza di nulla delle masse, obnubilate da siparietti allegri e colorati, manifestata con orgoglio e sbandierata come fosse una virtù, il sensazionalismo del pressapochismo e della falsa competenza idolatrati edonisticamente a suon di likes e cuoricini, la pingue e salmastra faciloneria nel disquisire di argomenti che oltre a non conoscersi, nemmeno si comprendono (effetto Dunnig-Kruger spostati) e via discorrendo … Non so il perché, ma scrivendo queste righe mi vengono alla mente alcuni racconti di fantascienza che lessi da ragazzo (penso che il libro “L’ora d fantascienza” sia ancora un qualcosa di meraviglioso (e meravigliosamente istruttivo) da far leggere ad un giovane), tipo “I 9 miliardi di nomi di Dio” di A.C Clarke o “La risposta” e “Esperimento” di F.Brown; chissà che strane sinapsi mi sono attivate, poco importa, resta il fatto che, nonostante tutto mi faccia ancora qualche domanda e, nel silenzio della mia mente, provi anche a formulare delle risposte.

Hana Wa sakura gi Hito wa bushi” – “Tra i fiori il ciliegio Tra gli uomini il guerriero

_ Fightworld _

“Guerriero è colui che si oppone al caos” Mahābhārata

Piccola premessa Nerd (si può saltare 😅):

Il Sistema Nervoso Vegetativo – SNV – è quella parte del sistema nervoso che provvede alla regolazione delle funzionalità viscerali dell’organismo. Rappresenta quindi l’insieme dei centri e delle fibre nervose che si distribuiscono ai visceri.  Esso è essenzialmente un sistema effettore che presiede al controllo della muscolatura liscia, di quella cardiaca e delle funzioni ghiandolari. Coadiuvato in molti casi dal sistema endocrino, esplica una funzione modulatrice sulla gittata cardiaca e sulla pressione arteriosa, sull’attività gastrica e intestinale, sulle secrezioni ghiandolari e su molte altre funzioni viscerali; ha una velocità di reazione maggiore del sistema endocrino, essendo capace di rispondere molto prontamente, anche nell’intervallo si pochissimi secondi, alle variazioni dell’ambiente interno, garantendo un rapido ripristino delle condizioni di stabilità.

Poiché le funzioni regolative svolte dal SNV non sono direttamente controllate dalla volontà, esso viene anche denominato Sistema Nervoso Autonomo (SNA). Mentre la maggior parte dei movimenti generati dal Sistema Motorio Somatico (si occupa della muscolatura scheletrica) vengono controllati volontariamente, mentre la maggior parte degli adattamenti motori generati dal SNA sono d natura riflessa e, in generale, come già accennato, non accedono al livello di coscienza. Tuttavia, la differenza tra i due “sistemi motori”, volontario (somatico) e involontario (autonomo) è relativa e non assoluta. Alcuni movimenti somatici, in particolare le risposte riflesse, sono involontari, d’altra parte alcune azioni del SNA possono essere comunque influenzate, in modo più o meno diretto, da centri superiori localizzati nel Sistema Nervoso Centrale (SNC).

In base a differenze anatomiche, neurochimiche e funzionali è possibile distinguere nel SNV due principali sezioni: il Sistema Simpatico (ortosimpatico) e il Sistema Parasimpatico. Inoltre esiste una terza sezione quella del Sistema Nervoso Enterico, che svolge un ruolo di controllo dell’apparato gastrointestinale.

Una brillante immagine d’insieme del SNV è data da Frank Willard:

“La nostra esistenza quotidiana dipende dalle attività coordinate dei sistemi degli organi interni. L’elemento più importante nell’orchestrazione delle diverse funzioni di queste strutture interne è il SNA che, attraverso una vasta rete di connessioni, contribuisce a mantenere il ritmo normale di attività degli organi interni e regolarne le efferenze (output)per adattarle alle richieste provenienti dall’ambiente”.

Il SNV è dunque protagonista, insieme e per mezzo di una complessa rete di connessioni, della regolazione del nostro ambiente interno e del suo equilibrio omeostatico, in relazione e come risposta a quanto richiesto dall’ambiente esterno secondo un principio allostatico.

Le funzioni peculiari del SNV sono dunque rivolte al mantenimento dell’omeostasi del “mezzo interno”. Tale risultato è garantito in larga misura dalle influenze, per lo più antagoniste, che i due sistemi (simpatico e parasimpatico) esercitano sulle funzioni dei diversi organi e apparati.

L’attività del Sistema Simpatico si manifesta particolarmente in condizioni in cui l’organismo si trova a fronteggiare situazioni di emergenza o stress.

Esso è stato associato alle reazioni di combatti/fuggi (fight or flight nella definizione di W. Cannon). Infatti la stimolazione del sistema simpatico determina aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e del flusso sanguigno al cuore  e ai centri nervosi, inibizione delle funzioni gastrointestinali, iperglicemia ed incremento dei processi catabolici; la demolizione delle risorse energetiche arricchisce il sangue di tutti i substrati metabolici che potranno essere sfruttati dall’organismo per sostenere una consistente risposta offensiva o difensiva. Quando ci sentiamo minacciati, l’attivazione di questa branca del SNV, produce modificazioni fondamentali nel nostro organismo atte a garantire la nostra possibilità di sopravvivenza.

L’attivazione del Sistema Parasimpatico predomina, invece, nelle condizioni di stabilità e di riposo (rest & digest). Esso favorisce le funzioni digestive, riduce la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa, svolge nel complesso una funzione spiccatamente anabolica per il ripristino delle scorte energetiche.

Comprendiamo, dunque, come siano diverse le funzioni esercitate da queste due sezioni nella regolazione del comportamento emozionale e dell’omeostasi; interessanti a riguardo sono le parole di uno tra i più grandi strateghi della storia “L’istante immediatamente dopo la vittoria è il momento di più grande vulnerabilità, quando le truppe si rilassano esse sono avvolte da un potente e devastante crollo fisiologico”: così Napoleone concedeva una facile e immediata vittoria al nemico e si preparava all’immediato contrattacco nel momento ritenuto più favorevole alla vittoria, sottolineando come, una volta cessata l’ “onda simpatica”, il corpo dei combattenti si adagiasse nel caldo abbraccio rilassante del sistema parasimpatico, rendendosi così vulnerabile al nemico.

Piccola curiosità. Senza il Sistema Nervoso Simpatico un animale può sopravvivere a condizione che sia messo al coperto, venga riscaldato e non venga sottoposto a stress. Tuttavia, un animale simpaticectomizzato non è in condizione di compiere un lavoro intenso o di badare a se stesso in condizioni di emergenza. Inoltre, non è in grado di mobilizzare il glucosio epatico in risposta alle esigenze dell’organismo e di rispondere all’esposizione al freddo con un’adeguata vasocostrizione e con la piloerezione. Tuttavia, il SNA non entra in attività solo in condizioni di emergenza e per assicurare i processi di recupero. Molte vie simpatiche e parasimpatiche sono tonicamente attive ed agiscono di concerto con il Sistema Motorio Somatico per mantenere un ambiente interno stabile nonostante le variazioni delle condizioni esterne.

Dal mappazzone neuro-scienzo-fisiologico scritto qui sopra si evince come, per un retaggio evolutivo e, quindi, profondamente insito nella costruzione dell’essere umano, l’attitudine al combattimento (in fondo anche la fuga è parte di una strategia di lotta: 空手に先手なしKarate ni sente nashi – non c’è primo attacco nel Karate; 勝つ考えは持つな負けぬ考えは必要Katsu kangae wa motsuna; makenu kangae wa hitsuyo – non pensare a vincere, pensa piuttosto a non perdere; 敵に因って轉化せよ Teki ni yotte tenka seyo – adeguati al tuo avversario; alcuni dei Niju Kun, 20 principi guida del Karate 英文版 空手道二十訓 – Gichin Funakoshi) ci appartiene tanto quanto il riposo o la necessità di cibarsi.

Siamo umani (anche) perché combattiamo (quindi entriamo in relazione stretta, ravvicinata, con gli altri).

La parola combattere, viste le premesse fisiologiche, acquista ovviamente un significato ampio e variegato (esempio: combattere il freddo), ma oggi ci soffermeremo esclusivamente sul significato tradizionale, etimologico del termine: “far battaglia insieme”, “battersi che fanno insieme gli uomini guerreggiando” [etimo.it], partecipare ad una lotta, insomma.

Probabilmente sono almeno 5mila anni che l’essere umano ha “regolamentato” la lotta e il combattimento corpo a corpo; esistono documenti che evidenziano come nel III° millennio a.C., in Mesopotamia, esistessero già luoghi consoni affinché una determinata categoria di persone potesse allenarsi accuratamente in tal senso.

(L’origine etimologia del termine “Palestra” si rifà al greco Pàle, lotta: luogo dove esercitarsi alla lotta).

L’Arte Marziale disarmata che nacque in Mesopotamia  era certamente primitiva  e si crede che la sua evoluzione continuò in India, per poi spostarsi in Cina.

Le basi per la costruzione dei primi sistemi di combattimento sembra derivino dall’antica casta guerriera indiana dei Kshatriya, persone solitamente identificate come saggi, asceti del combattimento, incarnazioni delle virtù guerriere intese nella migliore accezione del termine.

Essi praticavano, oltre alla pratica marziale con le armi, una forma rudimentale di combattimento chiamata “Vajra mushi, ovvero pugno-fulmine o pugno-diamante”, una tecnica di percussione a mani nude che attraverso varie rotte commerciali giunse nelle regioni indocinesi ed indonesiane come nell’arcipelago delle Ryūkyū, la patria del Karate.

Le notizie e i documenti si perdono nel tempo e si fondono con storie e leggende delle quali, senz’altro mi innamorerei sentendole raccontare davanti ad un fuoco: rituali magici, cerimonie iniziatiche, uomini (e donne, ovviamente, inteso come esseri umani) dalla forza prodigiosa e, spesso, circondati da un’aura di mistico potere; ho qui di fianco un tomo con più di 500 pagine di queste vicende, più o meno comprovate, dove si tenta di dare un ordine e, forse, anche un senso, una genealogia, al combattimento. Impresa faticosa, anche nella lettura, ma indubbiamente affascinante.

Ma cosa prova l’uomo mentre combatte?

Non esiste risposta univoca:

_ Nel mondo, combattere per quello in cui si crede è sinonimo di verità _

_ L’istinto di lottare, di sopravvivere, di proteggere. _

­_ Non lottiamo per ucciderci. Non vogliamo battere gli altri, vogliamo battere noi stessi _

_ Il lottatore deve difendere l’onore, l’orgoglio e la dignità della sua comunità­_

_ Tutti sanguinano, tutti sudano, chi combatte lo fa per una ragione e credo che alla fine le ragioni siano quasi le stesse­_

Il combattimento conserva la nostra umanità o contribuisce a farcela perdere?

_ Usiamo le Arti Marziali come un binario che collega diverse minoranze_

_ Crediamo che combattendo tutto diventi più chiaro _

_ Nell’Arte Marziale che deve educare l’uomo non può esistere il nemico, non può esistere l’avversario. Quest’Arte Marziale è diventare tutt’uno con l’universo, non ha il fine di diventare più forti o proiettare lontano un rivale. Noi ci alleniamo nella speranza di essere utili a qualcuno, nell’idea di portare la pace intorno a noi_

_ Se il vostro avversario vi attacca con impeto, ricevetelo con leggerezza, se vi attacca con leggerezza, ricevetelo con leggerezza_

_ Rappresento la libertà _

_ È un segno di riconoscenza _

_ È normale diventare amici, dopo, perché ci conosciamo bene. Forse non c’è nessun modo per conoscerci bene come fare a pugni _

Immergersi nel multiverso (vischioso e vorticoso) degli sport da combattimento e delle Arti Marziali è un’impresa ardua perché richiede verità, la stessa verità che cola copiosa, come sudore dopo l’allenamento, dalle parole lette poc’anzi; il desiderio di trovare se stessi, ma anche quello di confronto con un’alterità che ci sta davanti, non lo specchio di noi stessi, non quello che vorremmo l’altro fosse, ma proprio un “altro”, non già (o non sempre) un nemico, ma qualcuno con cui condividiamo ideali e la stessa voglia di ricerca; ognuno con le proprie motivazioni, ma, comunque, insieme. Tutto ciò racchiude emozione e empatia, quindi comprensione. Comprensione dell’altro e, in una visione più ampia, comprensione del mondo.

Combattere significa comprendere. Comprendere significa vivere o, in un’accezione tutta orientale “camminare sulla Via (Do)”.

La nostra vita è lo strumento mediante il quale compiamo esperimenti con la verità.
(Thich Nhat Hanh)

Non è tutto questo un elisir, un medicamento, una pozione di smisurata potenza? In un mondo “fake”, dove la finzione sublima fino a diventare regola e usare un filtro per mascherarsi resta una prassi consolidata, una possente iniezione di realtà, un faccia a faccia senza schermi, può diventare l’ancora di salvezza. Restare umani e diventare migliori.

Un mio amico, lottatore di livello, un giorno mi disse: non conosco posto più meritocratico del tatami.

Ed è così.


E non parliamo di violenza, ma dell’assoluto opposto; parliamo di disciplinare il proprio corpo, nel rispetto per se stessi e per gli altri, parliamo di provare a toccare gli angoli più reconditi della propria mente, trovare concentrazione assoluta, spingersi verso i limiti, affrontare i propri demoni; parliamo della vita intesa come cammino, riassunto mirabilmente nel termine giapponese Budo, la “Via Marziale”, dove l’ideogramma Bu, oltre a significare “Marziale”, appunto, significa anche interrompere, arrestare la lotta, perché il “Budo” non è solo combattimento, ma anche la possibilità di trovare la pace e il dominio di sé.

Piccola parentesi.

“Fightworld” è una docuserie di 5 puntate in onda su Netflix.

L’attore Frank Grillo, esplora e sperimenta le tecniche di lotta caratteristiche di diverse parti del mondo, cercando di comprenderne tradizioni e motivazioni, provando a far vivere allo spettatore la purezza e la fede (non necessariamente parliamo di religione) dei combattenti che incontra.

La serie, splendida a mio avviso, pone l’accento non tanto sul combattimento, quanto su chi combatte; con una straordinaria e palpabile passione vengono mostrate cinque crudissime realtà, cinque ambienti vitali “inospitali” dove l’essere umano deve ritagliarsi il proprio spazio per non essere sopraffatto dall’abbraccio stritolante della vita, della miseria, della paura. La via di fuga passa attraverso la disciplina del miglioramento personale, forgiando corpo e mente tramite la lotta.

Nonostante edulcorata dalle telecamere appare evidente la Via percorsa dai protagonisti che, inconsapevolmente e tra mille contraddizioni personali, restando “umani”, quindi, incarnano perfettamente l’ideale di ricerca del miglioramento personale.

Il nostro mondo ha bisogno di Verità. Ritrovare un po’ di quella primitiva e selvaggia voglia di vivere, dispersa nella “ipercivilizzazione”, potrebbe aiutare a purificare i nostri spiriti assopiti dall’abuso di farmaci e dall’iperalimentazione e ingannati da falsi dei nascosti dietro schermi “delle nostre brame”.

Combattere significa comprendere, ricordate.

Più duro è il contatto, più profonda è la consapevolezza” Motto dei Dog Brothers – scuola di combattimento con bastoni

Scoprirai il vero significato di molte cose inerenti alla via solo esercitandoti senza tregua e praticando molto duramente” Miyamoto Musashi.

Comprendere significa vivere, ricordate.

L’Arte Mariziale è lo spirito di chi con una semplice lancia può far fronte, in nome della dignitò, all’arma più potente, più sofisticata. Questo è lo spirito dell’Arte Marziale e, in definitiva, dell’uomo” Deshimaru Roshi

Fede🥋

 

Fonti consultate:

Combat (Mondadori)

Il sistema stilistico shotokan (AMP edizioni)

Fisiologia Medica vol. 1 (Edi Ermes)

Fondamenti delle neuroscienze e del comportamento (CeA edizioni)

La PNEI e la struttura che connette (Edra edizioni)

www.paolacasoli.com

www.karateka.it

Le risposte citate sono tratte dal volume “Combat” (Mondadori 2006) e dalla miniserie “Fightword” (Netflix).

Le immagini:

www.intellettualemoderno.wordpress.com 

www.partecipiamo.it  

 www.facebook.com  

Un'immagine ritrae l'atleta Sasha Mosso ed è di proprietà di Alessandro Mosso che mi ha concesso l'utilizzo

www.sunetflix.it

 

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