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sabato 7 novembre 2020

CIÒ DA CUI SI PARTE È CIÒ A CUI SI ARRIVA

>CIÒ DA CUI SI PARTE È CIÒ A CUI SI ARRIVA<

Tra la prima e la seconda foto sono trascorsi circa quarant’anni. Una vita.

Questo è un racconto che riguarda il Karate, un tributo al Karate, a modo mio però, con iperboli spazio-temporali e divagazioni varie ed eventuali.  Domani è il mio compleanno, quindi so che mi perdonerete.

Buona lettura.

Partiamo dall’inizio.

Osteopatia, Osteopath, osteo – path, sentiero dell’osso.

Sentiero, Via.

Un ricordo solletica, più dei molti altri, la mia mente se ripenso agli anni di studio osteopatico: la lezione si trascina stancamente all’epilogo del weekend, lo zaino e il trolley sono quasi pronti, sotto il lettino, per la “fuga” della domenica sera e per l’agognato ritorno a casa, dopo, ovviamente, l’interminabile flipper targato Trenitalia.

Il prof, consapevole del disagio psicofisico (probabilmente vissuto anche da lui) della domenica pomeriggio inoltrata, soleva concludere con lo studio, sia teorico che pratico,dell’osteopatia craniale, un metodo molto rilassante, quasi “parasimpaticotonico”, in modo da lasciare una piacevole sensazione finale.

Ho sempre apprezzato molto.

“L’approccio al cranio è un po’ quello da cui si parte ad inizio seduta e quello a cui si arriva per concludere il trattamento”, il flash delle parole di Salvo, eccezionale docente, mi sorprendono e, come marchiate a fuoco, si imprimono nei miei pensieri, creano collegamenti, abbattono cancelli mnemonici, si insinuano nei labirintici anfratti del subconscio come mesmeriche pratiche di consapevolezza fino ad, inevitabilmente, condizionare il mio percorso e, ancora oggi,“parafrasate”, giungono  al titolo del racconto.

Come ogni disciplina di ricerca consapevole del sé, l’osteopatia è un percorso ciclico, si parte da poco o nulla, solo le proprie mani e il proprio sentire, si arricchisce il tutto pian piano, si aggiungono nozioni, informazioni, pagine e parole, ma si torna sempre lì, alle proprie mani, al proprio sentire; un percorso molto simile a quello da me vissuto con le Arti Marziali, intese come stile di vita al servizio del miglioramento personale, “Budo”: si inizia dal movimento elementare e istintivo, si sommano strutturazioni, anche complesse, architetture e geometrie motorie sempre più arzigogolate per poi poter arrivare proprio lì, al movimento elementare, istintivo e, a quel punto, scoprire o riscoprire se stessi. Arti Marziali come strumento di rivelazione.

“Prima che studiassi le Arti Marziali consideravo un pugno solo un pugno e un calcio solo un calcio.

Quando  cominciai a studiare le Arti Marziali un pugno non era più un pugno e un calcio non era più un calcio.

Dopo aver compreso le Arti Marziali mi accorsi che un pugno è solo un pugno e un calcio è solo un calcio” Lee Jun-Fan (Lì Xiaolong).

La vita è, altresì, un percorso ciclico. Una ricerca continua per arrivare all’essenza.

Immagino come non avrebbe potuto avere senso e completezza una vita senza Marina e, quindi, senza Paride, entrambi protagonisti di questa ricerca, anzi, probabilmente loro ne sono il vero risultato, la vera essenza.

“Non smetteremo mai di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza e lo conosceremo per la prima volta” T.S. Eliot

Mi piace pensare che le Arti Marziali, l’Osteopatia e la mia Vita siano tutte lo stesso immenso, infinito cerchio. Il mio Sentiero, la mia Via.

Tra la prima e la seconda foto sono trascorsi circa quarant’anni. Una vita, dicevamo.

Avevo sei anni quando mi avvicinai al mondo del Karate Do, un minuscolo cumulo di capelli ricci e biondi che scelse, come prima attività fisica delle propria esistenza, una disciplina marziale ai tempi poco conosciuta se non per qualche film, ma che mi accompagnò, continuativamente, fino ad adolescenza inoltrata.

È stato amore, ma anche odio, felicità, ma anche tristezza, desiderio e avversione, in un complesso quanto perfetto gioco di complementarietà, Yang e Yin, il mio percorso giovanile ha fatto sì che a molti anni di pratica di Karate contrapponessi altre discipline “di contatto”, senz’altro meno Arti, ma forse più Marziali, nel senso vero e proprio del combattimento. Nella mente confusa da post-adolescenza crea più appeal un allenamento in pantaloncini e canotta che uno in keikogi, o almeno su di me ha funzionato così.

“L’Artista Marziale che ha praticato una sola Arte Marziale è un Artista Marziale cieco” (Combat ’06). E via giustificazioni sui generis e altrettanti tira e molla negli anni a seguire.

Inevitabilmente, però, se qualcosa deve compiersi, troverà il modo per farlo. Mi trovo sempre a ripetere che l’Universo opera per strade misteriose, ma sempre con un fine preciso e, questa volta, ha utilizzato l’osteopatia come trigger per riaccendere una fiamma probabilmente mai sopita del tutto. Mi serviva qualcosa che completasse il sentire osteopatico e, soprattutto, rendesse il mio corpo (leggasi corpo/mente) in grado di incanalare queste percezioni; meditazione, training autogeno, corsa prolungata, le ho provate tutte, ma: “torneremo al punto di partenza e lo conosceremo per la prima volta”, era già scritto dentro di me, era lì da una vita pronto a riesplodere con una bagliore accecante e a ricordarmi come non possa farne senza.

Ed è proprio così, la mia Vita, impegnativa, difficile e, allo stesso tempo, ricca di gioia, è scandita dai ritmi del Karate, lo è sempre stata, solo che adesso ne ho consapevolezza, mi accorgo di come ho disegnato “l’embusen del mio Kata” se penso per esempio al mio percorso professionale e sento come rilassatezza e Kime riempiano le giornate, da quelle più piacevoli a quelle più tristi.

Il Karate Do, la Via del Karate, mi insegna ad essere un osteopata migliore, mi rende più completo nel mio lavoro come scienziato motorio, condiziona in positivo e scandisce il ritmo del mio incedere quotidiano, è il “kihon”, le fondamenta, del mio rapporto con gli altri e mi permette di apprezzare nel profondo tutte quelle piccole/grandi cose che mi circondano.  Sono assolutamente sicuro che mi renda una persona migliore.

Il Dojo è una seconda casa, il Maestro una vera guida, tutti dovrebbero avere il privilegio di avere un Maestro come il mio, gli altri praticanti dei veri e propri compagni di avventura dai quali imparare sempre qualcosa, l’esercitarsi un irrinunciabile compito giornaliero; incredibile come abbia fatto ad astenermi da tale pienezza per tanti anni.

“Quando l’allievo è pronto il Maestro appare” (detto Zen).

Il Karate è dentro di me. c’è sempre stato, ora ne sono sicuro e, mai come in un periodo incerto e traballante come questo è un’ancora di salvezza, un punto fermo, un salvagente che mi tiene a galla.

Il punto di partenza e il punto di arrivo.

Fede

La foto mi ritrae e mi appartiene

 

 

giovedì 5 novembre 2020

STORIE DI PALESTRA

Cosa significa proporre, al giorno d'oggi, un'attività come quella di una palestra?

Difficile scostare dalla testa della massa l'idea che il luogo in oggetto sia poco più di una moderno freak show: l'uomo forzuto, la donna contorsionista, ballerine e pailletes ..., ancor più complicato diventa sostituire queste immagini con quelle di un vero e proprio luogo dedicato alla Salute delle persone, perchè, a tutti gli effetti, è di questo che stiamo parlando.

Non entro nel merito (essendo comunque parte in causa) della decisione governativa dove, senza se e senza ma, l'Attività Motoria in palestra viene bollata come appestatrice delle peggiori virulenze e quindi stoppata fino a nuovo ordine, ma voglio condividere una parte di quella Vita che invece riconosce alla palestra un Valore, deciso e inequivocabile, per la propria Salute.

5 storie, le pubblico qui, dopo averle condivise con religiosa cadenza bigiornaliera dal giorno del decreto chiudi-palestre, su facebook e inviate alle mail dei ministri della salute e dello sport, tutte di seguito, come un viaggio, un percorso motorio, una via per il benessere.

>STORIE DI PALESTRA<
Apro questa piccola raccolta di racconti, spero di riuscire quotidiana, dove mi permetto, con tutti gli accorgimenti privacy, di farvi vivere come la “non essenziale” (cit.) Attività Motoria possa, nella vita di molti, fare la differenza.
La mia formazione universitaria mi consente di spaziare dall'attività fisica, intesa come ricerca di prestazione, agonistica o estetica che sia, fino allo studio del movimento per soggetti fragili, all'attività motoria adattata, preventiva e compensativa; e proprio su questi punti voglio mettere l'accento.
Questi post, oltre ad essere pubblicati qui, verranno compulsivamente (e qui sono maestro) girati come mail al ministero della salute e a quello dello sport; poco importa se non verranno mai letti, è comunque un mettere in moto Energia in una direzione: l’Universo se ne accorge.
STORIA Di PETER
Peter mi conosce da quando sono bambino.
Devo ammettere che questo ha aiutato. Probabilmente l’amorevole costanza della moglie l’avrebbe convinto comunque a compiere il “grande passo”, varcare la soglia della palestra, ma avendo coscienza del suo carattere tutto sarebbe stato un pochino più complicato.
Come si modifica la vita di una persona in una notte?
Addormentarsi grosso e forte e svegliarsi in un letto d’ospedale, con mezzo corpo che non risponde più ai tuoi comandi, tubicini che escono ed entrano da ogni orifizio e tu che silenziosamente urli al tuo sistema nervoso di fare qualcosa: “muoviti cazzo!, muovi il braccio, mi fa male, muoviti cazzo”.
Il nulla.
Non riesco nemmeno ad immaginare. Devastante.
Pericardite, pancreatite, forame ovale pervio, ictus e chi più ne ha, più ne metta.
“È già fortunato ad essere vivo” la frase arriva come un pugno nel volto, ma come un mantra viene recitata da ogni specialista; strappa una smorfia che sembra un sorriso, ma in realtà è un urlo soffocato.
Si smette di lottare, si cade nel burrone dell’autocommiserazione, dell’apatia, della comoda giustificazione.
Legittimo, comprensibile, ma inutile; la moglie di Peter lo sa: fisioterapia, piscina, agopuntura, Palestra, amore. Questo è il cocktail che somministra quotidianamente.
Palestra.
Ricordo il primo giorno, cinque anni fa, come fosse ieri.
Sono innanzitutto gli occhi della moglie a colpirmi, lo coccola e allo stesso tempo lo protegge con lo sguardo; rimango colpito da quegli occhi, sono gli occhi, forti e compassionevoli, sereni e sicuri di cui il mondo ha bisogno. I pochi metri del corridoio d’ingresso della Palestra diventano già una prova importante, spossante, quasi insuperabile.
“Anche un viaggio di mille miglia inizia con un primo passo” – LaoTzu.
Ma Peter, quel giorno, compie il suo primo passo.
Non è mai stato facile, ma oggi, quel corridoio, lo percorriamo durante tutto l’allenamento decine di volte, così come abbiamo imparato ad andare qualche minuto sul tapis roulant, a pedalare sulla bike reclinata senza fare pause per diverso tempo, a sollevare le ginocchia, a stare qualche istante in equilibrio senza appoggi, abbiamo obiettivi, piccoli e grandi, abbiamo il sorriso e, soprattutto, abbiamo la solita domanda, tutte le volte: “Oh, la prossima settimana ci sei?”
Eh si, perché Peter, adesso, non riesce più a fare a meno della Palestra.
Caro, no, la prossima settimana non ci sarò.
Un abbraccio.
Federico Saccani
Scienze Motorie AMPA
Osteopata DO
 
>STORIE DI PALESTRA<
Seconda storia.
Definire “non essenziale” l’Attività Motoria richiede una buona dose di coraggio o, più probabilmente, di incoscienza (intesa come mancanza di lucidità mentale) ma, soprattutto, quell’inconsapevolezza (non rendersi conto di ciò che si fa) che accompagna le menti folli.
Questi racconti hanno lo scopo di evidenziare quanto sia, quantomeno bizzarra, l’interpretazione dei nostri governanti del concetto di “qualità della vita” e, sensibilizzare verso una ricerca di Salute più intenzionale.
 STORIA DI MJ
Se devo pensare ad una persona con pochissimo desiderio di fare movimento, attribuendo a questo termine un po’ di tutto, dalla passeggiata in centro alla ginnastica, il primo volto ad apparirmi in mente è proprio quello di MJ.
Nonostante questo, è una cliente fissa dal giorno di apertura della mia Palestra; due volte a settimana (salvo imprevisti e/o vacanze … sue ovviamente), sempre le stesse giornate, sempre lo stesso orario.
Donna tutta di un pezzo, facoltosa, istruita, dall’eloquio brillante nonostante sfiori gli ottant’anni, una vera e propria signora d’altri tempi, ma con un passato (piuttosto recente per la verità) di importanti problematiche riguardanti la Salute.
Cancro e, a cascata, guai cardiovascolari derivanti dalle terapie farmacologiche.
Siamo ripartiti da zero parecchie volte; prima l’intoppo era lo scavo ascellare, poi era il cuore, poi la protesi … apro e chiudo le mani, spingo al soffitto un bastone, mobilizzo dolcemente il bacino; piccoli passi per enormi risultati e, sempre, il solito giochino fra di noi: “oggi, guarda, non ne ho proprio voglia” e di rimando “non dirlo a me, MJ, sarei ovunque tranne che qui”, una risata.
Le lezioni hanno quasi sempre questo stesso rituale iniziatico e l’identico mantra finale: “Ah, come sto bene, ci voleva proprio”.
Ricordo il periodo dopo l’intervento, quando mettersi in moto per più di 15 minuti era un’impresa, il braccio doleva, il cuore palpitava, la schiena disobbediva, la paura stringeva i visceri in un abbraccio gelido e, sempre meravigliato, osservo ora i progressi di un corpo che si allunga e distende come, forse, ha mai fatto prima: funzionale e funzionante, adatto e adattabile. Questo è il punto, non intendere la Palestra come una forgia per fusti erculei e nerboruti, bensì luogo dove possa sprigionarsi un moderno concetto di Salute globale, di apertura al mondo e alla vita.
La grande forza di MJ risiede nel sua capacità di non perdersi mai d’animo, nell’affrontare “face to face” i problemi di Salute, con coraggio, caparbietà e una buona dose di testardaggine che, nonostante la più volte declamata idiosincrasia per la ginnastica, la fa tornare appena possibile in Palestra. “Ah come sto bene, ci voleva proprio”, il suo obiettivo è quella frase, sussurrata con un sorrisetto, ma desiderata dal profondo.
“Allora ci vediamo la prossima settimana”, il nostro ultimo incontro si è concluso così, come ogni venerdì, solo che, cara MJ, questa volta non sarà così.
Un abbraccio.
Federico Saccani
Scienze Motorie AMPA
Osteopata DO
 
>STORIE DI PALESTRA<
Terza storia.
Oggi sono stato in palestra.
Un silenzio assordante illuminava le sale buie solitamente piene di vita, luce e colore. Ho provato a giocare con la mia tristezza e, chiudendo gli occhi, mi sono lasciato aggredire dalle immagini caleidoscopiche fluttuanti nella mia testa, energiche, calde, vibranti: pedali che ruotano veloci, gambe in una corsa inarrestabile sul tapis roulant, pesi sollevati, salti, piegamenti, allungamenti … fino a vedere una figura ciondolare al centro della sala; sgraziato, storto, in difficoltà nel salire un gradino con le braccia in alto, caspita, ecco Norman!
Oggi vi voglio raccontare la sua storia.
STORIA DI NORMAN
Norman si è avvicinato alla palestra su “prescrizione medico-specialistica” del neurochirurgo. L’ho scritto virgolettato perché non esiste una prescrizione per l’Attività Motoria in Palestra con un professionista laureato in Scienze Motorie (qualcuno lo definisce, a me non piace, Chinesiologo), si possono prescrivere i farmaci, ma non il movimento; anche questo è un bel paradosso moderno, ma tant’è.
“Se si riuscisse a dare a ciascuno la giusta dose di nutrimento ed esercizio fisico avremmo trovato la strada per la salute” –Ippocrate– (circa 2500 anni fa).
Torniamo a Norman.
Eufemisticamente potremmo dire che la sua colonna lombare ha qualche problemino, una vertebra “esplosa” seminando frammenti qua e là, qualche radice nervosa compressa, qualche protrusione discale, numerose “contratture antalgiche” dei diversi strati della muscolatura paravertebrale.
Norman ha difficoltà a stare diritto, pende, a volte più a volte meno, da un lato e, facendo un lavoro di altissima responsabilità, ma sedentario, deve rimanere parecchie ore seduto al pc o in teleconferenza (quando non è obbligato a viaggi tour de force in giro per il mondo); aggiungiamo l’età, ormai prossima a quella pensionabile e otteniamo il quadro del perfetto candidato ad un futuro di immobilità.
Ma Norman è un testone.
Non solo, sopporta molto bene il dolore (quella è una schiena che fa male).
Per fare il suo lavoro (in Italia sono in cinque a farlo, così, tanto per rendere l’idea), devi avere le palle quadrate, devi essere un duro: attitudine al comando, visione del problema, pronta soluzione.
Per affrontare il suo viaggio motorio, Norman ha dovuto adeguarsi ai miei ritmi: ubbidienza assoluta, fiducia cieca, eseguire in silenzio (beh, su questo ultimo punto sono un po’ elastico, diciamo che si chiacchiera piacevolmente).
La schiena poco per volta ritrova funzione e mobilità strutturale, l’equilibrio migliora, la forza incrementa, la muscolatura “cede” e si adegua a rispondere alla domande di allungamento.
Il corpo è intelligente e, come caratteristica tra le principali, derivata dall’evoluzione, ha quella di reagire agli stimoli, se questi sono giustamente misurati, per intensità durata e qualità, in maniera “supercompensativa”, cioè diventa in grado di portare l’asticella delle abilità motorie di partenza sempre un pelino più in alto, adattandosi ai segnali ricevuti, interiorizzandoli e restituendoli ad un livello più elevato.
Sembrerà strano, ma anche l’Energia che promuove questi cambiamenti viene rimessa in gioco in maniera produttiva. E ne beneficiamo tutti. Anche questo è il potere del movimento.
Norman esce dalla Palestra ogni volta un pochino più dritto, sempre più soddisfatto: “però, questa ginnastica funziona”, ma soprattutto consapevole del proprio corpo, della sua infinita saggezza e potenzialità, tanto che ogni volta, al momento del saluto: “Grazie Federico, ci vediamo la prossima”.
“Grazie a te caro Norman, ma non so quando riusciremo a vederci”.
Un abbraccio.
Federico Saccani
Scienze Motorie AMPA
Osteopata DO
 
>STORIE DI PALESTRA<
Quarta storia.
Palestra etimologicamente riporta al significato di “lotta”, luogo dove si lotta, dove ci si allena alla lotta, dove si impara a lottare e, non ultimo, dove si trova la forza necessaria per affrontare il disagio che una problematica fisica e la relativa “cura” medica, possono offrire, soprattutto in ragazzi molto giovani.
Il piccolo Ben, in piena battaglia per la propria affermazione nel mondo delle scuole medie inferiori, si presenta in Palestra con un moderno (o forse antico) esoscheletro plastico/metallico, dall’inquietante nome di “busto”, o “corsetto” come dicono quelli bravi, infernale aggeggio di (possibile) controllo della scoliosi e di (sicuro) impatto sulla propria autostima.
Questa è la sua storia.
STORIA DI BEN
La parola scoliosi identifica una deformità della colonna vertebrale.
Evito in questa sede di fare il saputello e snocciolare definizioni, possibili cause e altrettanto possibili rimedi, mi concentro su di un dodicenne dalle importanti difficoltà motorie, dalla scarsa conoscenza di sé inteso come essere in grado di muoversi, dalla poca dimestichezza con il proprio schema corporeo.
Il famoso ospedale ligure che l’ha imprigionato 23 ore al giorno (per un tempo indefinito) nella metallica gabbia psico-fisica (busto) ha, ovviamente, omesso di consigliare qualsivoglia percorso motorio di supporto, lasciando gestire liberamente “l’ora d’aria”. I genitori di Ben, forse per una serie di fortuite coincidenze, decidono che due orette alla settimana in Palestra possono valere il prezzo del biglietto e, con la dovuta circospezione del caso, io e il cucciolo iniziamo a studiarci progettando un viaggio nel meraviglioso e per lui alquanto misterioso mondo del movimento.
Bastano un paio di sedute per entrare in sintonia: il mondo della Palestra, a quell’età, può essere terribilmente affascinante e, allo stesso tempo, estremamente rischioso: serve una guida, serve esperienza e, vista la delicata situazione, serve scienza, coscienza e conoscenza; un ambiente e un orario che possa permettere a Ben la giusta concentrazione, i giusti stimoli e il giusto programma motorio.
Costruire un percorso di movimento personalizzato ed adatto a esigenze anche molto particolari è molto più complesso che valutare semplicemente la scelta degli esercizi, i parametri in gioco sono molti di più e, spesso, molo più complessi.
Io e Ben iniziamo a lavorare insieme, timidamente, dapprima, poi sempre con più sicurezza il ragazzo tenta una vera e propria uscita dal guscio, cerca il movimento, anche quello che crea più difficoltà, si mette in gioco: “anche quando sono con i miei amici faccio i movimenti di allungamento”, il busto non più come un nemico, ma come un alleato del movimento. Paradigma ribaltato, si può affrontare il tunnel, ora abbiamo le torce.
Ma.
“Se chiudono le palestre la prossima settimana non ci vediamo?”.
“Figurati se chiudono, Ben, ci vediamo senz’altro”.
Ho sbagliato caro Ben; spero di rivederti presto, ma sinceramente non ho idea di quando sarà.
Un abbraccio.
Federico Saccani
Scienze Motorie AMPA
Osteopata DO
 
>STORIE DI PALESTRA<
Quinta storia.
Siamo giunti all’epilogo di questo piccolo viaggio, spero appassionante anche per i lettori, all’interno del mondo delle Palestre o, meglio, della mia. In questi dieci giorni ho tentato di offrire una panoramica, la più ampia possibile, di cosa intendo per Attività Motoria e di come questa, caleidoscopicamente, si possa declinare in base alle più variegate richieste dell’utenza.
Attività Motoria come appoggio deciso alla Salute? Sicuramente si, lo sappiamo e in questi giorni lo si è ripetuto in tutte le salse; evidenzio però un concetto, che mi permetterà di introdurre l’ospite dell’ultima storia, l’Attività Motoria NON è sport e, tra le tante confusioni targate dpcm, si aggiunge anche questa che parrebbe semplicemente semantica, ma esprime, invece, un paradigma fondamentale rispetto alla Salute delle persone.
Pazienza.
Ci si vede, a questo punto, forse, il 3 dicembre …
STORIA DI KAINE
Kaine si avvicina alla Palestra ai tempi delle scuole superiori, 5 o 6 anni fa, per recuperare da un infortunio alla spalla. Ai tempi era (a suo dire ;-)) un brillante studente e, la posizione privilegiata di Stile Libero, a pochi metri dal Liceo Scientifico di Finale Ligure, ha sempre permesso a fucine di scolari effervescenti, di frequentare le nostre proposte motorie.
Lui era senza dubbio uno scolaro effervescente.
Ho un debole per Kaine, lo ammetto, ma tutto sommato è impossibile non averlo, la sua spiccata curiosità e fulminea intelligenza rendono appassionante ogni cosa, anche la spiegazione di un esercizio fisico e, allo stesso tempo, il suo lato “oscuro”, fatto di piccole/grandi insicurezze, lo normalizza in un perfetto Yin/Yang, risuonante con l’Universo, con la Vita.
Lo studio universitario, prima Genova e poi Milano ci allontanano per un po’ di anni dove, l’estrema voglia di ricerca di Kaine, rimbalza vorticosamente tra l’ingegneria biomedica e lo sport, quella ricerca di competizione, con sé e con l’altro, non inteso come alterità nemica, bensì come un appoggio per crescere, lo vede primeggiare tra libri, laboratori e pedane sportive di CrossFit e Powerlifting.
Quello che ritrovo oggi, ad un passo dalla laurea magistrale, è sicuramente un Kaine diverso da quel ragazzetto con la fluente chioma bionda e la spalla dolorante: i capelli sono rasati, le spalle fanno sempre male, probabilmente un difetto di fabbrica, la consapevolezza è aumentata, ma la voglia di scoprire è rimasta la stessa così come quella di mettersi in gioco. E così una sorta di “gorilla” (uso questo termite perché so che lui apprezza) vuole “imparare” a correre; non solo, vuole lavorare sul mezzofondo con obiettivi tecnici e prestativi importanti.
Iniziamo il nostro viaggio, rispolveriamo schemi motori sopiti, lavoriamo sulla coordinazione (quanto c’è da lavorare …), sulla tecnica, su un particolare approccio alla forza, alieno a ciò che era abituato, si può fare, decisamente, si può fare.
L’Attività Motoria non è Sport, dicevamo, ma estrinseca un potenziale devastante quando si piega al servizio di quest’ultimo; quando il sapere si coniuga con il saper fare si aprono possibilità enormi sulla via del benessere inteso come vera e propria prestazione vitale.
Kaine mi manda via wapp le “tabelle” di allenamento casalinghe che si auto-prepara, io le valuto, le integro, non abbiamo accantonato l’obiettivo, anzi, però così è effettivamente complicato.
Abbiamo posticipato di un mese l’immersione nel vero e proprio lavoro tecnico-specifico “dai, quando ci vediamo, nuovamente in palestra, mi spieghi tutto bene”.
“Certo, non ti preoccupare, ho un sacco di cose in mente”.
Si … ma quando sarà?
Un abbraccio.
Federico Saccani
Scienze Motorie AMPA
Osteopata DO

 I nomi dei personaggi sono liberamente presi da "La saga del clone" - Spiderman 1994 e non hanno alcun riferimento con i veri nomi dei protagonisti delle storie.

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