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sabato 7 novembre 2020

CIÒ DA CUI SI PARTE È CIÒ A CUI SI ARRIVA

>CIÒ DA CUI SI PARTE È CIÒ A CUI SI ARRIVA<

Tra la prima e la seconda foto sono trascorsi circa quarant’anni. Una vita.

Questo è un racconto che riguarda il Karate, un tributo al Karate, a modo mio però, con iperboli spazio-temporali e divagazioni varie ed eventuali.  Domani è il mio compleanno, quindi so che mi perdonerete.

Buona lettura.

Partiamo dall’inizio.

Osteopatia, Osteopath, osteo – path, sentiero dell’osso.

Sentiero, Via.

Un ricordo solletica, più dei molti altri, la mia mente se ripenso agli anni di studio osteopatico: la lezione si trascina stancamente all’epilogo del weekend, lo zaino e il trolley sono quasi pronti, sotto il lettino, per la “fuga” della domenica sera e per l’agognato ritorno a casa, dopo, ovviamente, l’interminabile flipper targato Trenitalia.

Il prof, consapevole del disagio psicofisico (probabilmente vissuto anche da lui) della domenica pomeriggio inoltrata, soleva concludere con lo studio, sia teorico che pratico,dell’osteopatia craniale, un metodo molto rilassante, quasi “parasimpaticotonico”, in modo da lasciare una piacevole sensazione finale.

Ho sempre apprezzato molto.

“L’approccio al cranio è un po’ quello da cui si parte ad inizio seduta e quello a cui si arriva per concludere il trattamento”, il flash delle parole di Salvo, eccezionale docente, mi sorprendono e, come marchiate a fuoco, si imprimono nei miei pensieri, creano collegamenti, abbattono cancelli mnemonici, si insinuano nei labirintici anfratti del subconscio come mesmeriche pratiche di consapevolezza fino ad, inevitabilmente, condizionare il mio percorso e, ancora oggi,“parafrasate”, giungono  al titolo del racconto.

Come ogni disciplina di ricerca consapevole del sé, l’osteopatia è un percorso ciclico, si parte da poco o nulla, solo le proprie mani e il proprio sentire, si arricchisce il tutto pian piano, si aggiungono nozioni, informazioni, pagine e parole, ma si torna sempre lì, alle proprie mani, al proprio sentire; un percorso molto simile a quello da me vissuto con le Arti Marziali, intese come stile di vita al servizio del miglioramento personale, “Budo”: si inizia dal movimento elementare e istintivo, si sommano strutturazioni, anche complesse, architetture e geometrie motorie sempre più arzigogolate per poi poter arrivare proprio lì, al movimento elementare, istintivo e, a quel punto, scoprire o riscoprire se stessi. Arti Marziali come strumento di rivelazione.

“Prima che studiassi le Arti Marziali consideravo un pugno solo un pugno e un calcio solo un calcio.

Quando  cominciai a studiare le Arti Marziali un pugno non era più un pugno e un calcio non era più un calcio.

Dopo aver compreso le Arti Marziali mi accorsi che un pugno è solo un pugno e un calcio è solo un calcio” Lee Jun-Fan (Lì Xiaolong).

La vita è, altresì, un percorso ciclico. Una ricerca continua per arrivare all’essenza.

Immagino come non avrebbe potuto avere senso e completezza una vita senza Marina e, quindi, senza Paride, entrambi protagonisti di questa ricerca, anzi, probabilmente loro ne sono il vero risultato, la vera essenza.

“Non smetteremo mai di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza e lo conosceremo per la prima volta” T.S. Eliot

Mi piace pensare che le Arti Marziali, l’Osteopatia e la mia Vita siano tutte lo stesso immenso, infinito cerchio. Il mio Sentiero, la mia Via.

Tra la prima e la seconda foto sono trascorsi circa quarant’anni. Una vita, dicevamo.

Avevo sei anni quando mi avvicinai al mondo del Karate Do, un minuscolo cumulo di capelli ricci e biondi che scelse, come prima attività fisica delle propria esistenza, una disciplina marziale ai tempi poco conosciuta se non per qualche film, ma che mi accompagnò, continuativamente, fino ad adolescenza inoltrata.

È stato amore, ma anche odio, felicità, ma anche tristezza, desiderio e avversione, in un complesso quanto perfetto gioco di complementarietà, Yang e Yin, il mio percorso giovanile ha fatto sì che a molti anni di pratica di Karate contrapponessi altre discipline “di contatto”, senz’altro meno Arti, ma forse più Marziali, nel senso vero e proprio del combattimento. Nella mente confusa da post-adolescenza crea più appeal un allenamento in pantaloncini e canotta che uno in keikogi, o almeno su di me ha funzionato così.

“L’Artista Marziale che ha praticato una sola Arte Marziale è un Artista Marziale cieco” (Combat ’06). E via giustificazioni sui generis e altrettanti tira e molla negli anni a seguire.

Inevitabilmente, però, se qualcosa deve compiersi, troverà il modo per farlo. Mi trovo sempre a ripetere che l’Universo opera per strade misteriose, ma sempre con un fine preciso e, questa volta, ha utilizzato l’osteopatia come trigger per riaccendere una fiamma probabilmente mai sopita del tutto. Mi serviva qualcosa che completasse il sentire osteopatico e, soprattutto, rendesse il mio corpo (leggasi corpo/mente) in grado di incanalare queste percezioni; meditazione, training autogeno, corsa prolungata, le ho provate tutte, ma: “torneremo al punto di partenza e lo conosceremo per la prima volta”, era già scritto dentro di me, era lì da una vita pronto a riesplodere con una bagliore accecante e a ricordarmi come non possa farne senza.

Ed è proprio così, la mia Vita, impegnativa, difficile e, allo stesso tempo, ricca di gioia, è scandita dai ritmi del Karate, lo è sempre stata, solo che adesso ne ho consapevolezza, mi accorgo di come ho disegnato “l’embusen del mio Kata” se penso per esempio al mio percorso professionale e sento come rilassatezza e Kime riempiano le giornate, da quelle più piacevoli a quelle più tristi.

Il Karate Do, la Via del Karate, mi insegna ad essere un osteopata migliore, mi rende più completo nel mio lavoro come scienziato motorio, condiziona in positivo e scandisce il ritmo del mio incedere quotidiano, è il “kihon”, le fondamenta, del mio rapporto con gli altri e mi permette di apprezzare nel profondo tutte quelle piccole/grandi cose che mi circondano.  Sono assolutamente sicuro che mi renda una persona migliore.

Il Dojo è una seconda casa, il Maestro una vera guida, tutti dovrebbero avere il privilegio di avere un Maestro come il mio, gli altri praticanti dei veri e propri compagni di avventura dai quali imparare sempre qualcosa, l’esercitarsi un irrinunciabile compito giornaliero; incredibile come abbia fatto ad astenermi da tale pienezza per tanti anni.

“Quando l’allievo è pronto il Maestro appare” (detto Zen).

Il Karate è dentro di me. c’è sempre stato, ora ne sono sicuro e, mai come in un periodo incerto e traballante come questo è un’ancora di salvezza, un punto fermo, un salvagente che mi tiene a galla.

Il punto di partenza e il punto di arrivo.

Fede

La foto mi ritrae e mi appartiene

 

 

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