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sabato 13 febbraio 2016

IL CROSSFIT (MI) FA SCHIFO (Pensieri, architettura del movimento, mascelloni squadrati, un bel sorriso e … torsi nudi vs magliette)



IL CROSSFIT (MI) FA SCHIFO

(Pensieri, architettura del movimento, mascelloni squadrati, un bel sorriso e … torsi nudi vs magliette)

I pensieri sono arrivati fulminei.

Passeggiata: due passi, frettolosi, ma non troppo, sotto una pioggerellina insistente, ma per nulla fastidiosa, in una città che non mi appartiene, su strade rettilinee solcate da innumerevoli vetture sfreccianti a velocità sostenute, incuranti del mio passo, incuranti del mio muovermi, incuranti delle strisce pedonali e dei miei tentativi di attraversamento. Devo ammettere che i pensieri hanno avuto un istante di tregua, durante il quale è emersa la parte rettiliana della mia personalità che, in oxfordiana maniera, ha manifestato il proprio disappunto. Ma questa è stata solo una piccola parentesi. Sto crescendo.

I pensieri hanno ripreso il loro fluire e …

Partiamo da circa trent’anni fa. Un viaggio nel passato, un tuffo in un ieri decisamente altra epoca.

In una ipotetica “scala del tempo” trent’anni sono meno di un’inezia, una virgola in un’enciclopedia, un granello di sabbia in una spiaggia, una candela luminosa persa in un cielo stellato.

Questi trent’anni, però, hanno un peso enorme. Un battito di ciglia che lascia il segno,anzi. Un segno. Indelebile.

Andiamo con ordine.

Siamo nella prima metà degli anni ottanta, i famosi, famigerati, rampanti e dirompenti anni ottanta. Non voglio fare un excursus storico, ma dopo la terroristica, disperata e, per certi versi commovente rincorsa del decennio precedente, anche l’Italia si accorge di un mondo che prova lentamente a cambiare, accodandosi, a modo suo, al cambiamento.

Una caratteristica fondamentale di “quegli anni” (uhm, sto iniziando con le frasi da vecchio) per noi ragazzini di provincia era il “Movimento” (ehi!!! Niente politica, noi “ci si muoveva”). Si, scritto con la maiuscola perché, con tutta probabilità, siamo l’ultima generazione che ha vissuto liberamente la strada, intendendo con questa accezióne, un misto di cortili, giardini, vie più o meno pubbliche, piazzali, posteggi e quant’altro potesse contenere quel primordiale ed irrefrenabile desiderio di moto.
Non scendiamo in particolari, ma molti di noi hanno costruito solidissime fondamenta motorie semplicemente giocando e muovendosi all’aria aperta. Ed era muoversi veramente. Correre, saltare, rotolare, sollevare, strisciare, tirare e spingere, calciare e lanciare, in piedi, seduti, sdraiati, a testa in giù. Ricordatevi questi “Movimenti” li ritroveremo più avanti; in ambito motorio vengono chiamati “schemi motori di base”, ed è facile intuire il perché. Servono per costruire, consolidare, formare, far crescere, abilità motorie più complesse, una motricità più efficiente. Interessante, vero?
Ma torniamo a noi.

Nelle interminabili ore passate in cortile, interrotte spesso e volentieri da assordanti urla tipo “Nightmare” di genitori alla finestra, pronti a richiamare all’ordine noi scavezzacolli sporchi e sudati, si giocava anche a pallone. Come dimenticarlo? Due pietre, due maglie, due alberi o anche due auto posteggiate facevano da porta, i portieri erano spesso “volanti” (un misto tra portieri, difensori e attaccanti) e le partite non avevano tempi di gioco, spesso si arrivava “ai 10” (numero di goal) e poi si cambiava squadre. Avvicinandosi alla bella stagione, era usuale che per dividere le due squadre ci si affidasse al mitico “torsi nudi vs magliette”. Un team toglieva la maglia e giocava a petto nudo. Ah, che meraviglia. La sensazione di libertà era totale, mica si guardava il fisico, mica si “condivideva”; l’unica cosa in comune era la bottiglia dell’acqua, riempita alla fontana più vicina.

Che figata giocare con i “torsi nudi” (che spesso venivano chiamati – dorsi nudi – complice una sempliciotta e bonaria ignoranza).
Queste erano le nostre giornate: scuola, compiti (per chi li faceva), cortile (spesso poi c’era anche allenamento dello sport prescelto, nuoto, karate, calcio, atletica … io li facevo tutti). Mi ricordo anche quando “inventammo” delle nostre Olimpiadi, con tanto di medaglie di cartone con scritto sopra – Oro – Argento – Bronzo – e via a sfidarci in improbabili prove come sollevamenti di tronchi, lanci di pietre, corse su distanze dalle bizzarre misure (massima velocità fino allo stop), arrampicate sui lampioni … Dei decatleti in erba.
Da tutto questo si può capire come, molti di noi, sono stati brillanti architetti nel disegnare la motricità del proprio corpo. Eh già. Immaginate una palazzo fatto di tanti piani. Ogni piano ha delle finestre più o meno grandi dal basso, finestre enormi, fino in cima, finestre più piccole. Ecco, quel palazzo sono le capacità motorie acquisite in una vita: chi compie movimento da piccolo avrà dei finestroni belli grandi ai piani bassi; se manterrà la passione per l’attività fisica continuerà ad arricchire di finestre tutti i piani, fino alla vecchiaia. Viceversa, chi inizia a muoversi tardi, avrà le sue finestrine in alto, ma i piani bassi saranno oscurati. Non è difficile capire quale palazzo sarà più luminoso, vero? Muoversi in tenera età, specialmente in maniera multilaterale, può aiutare a disegnare (insieme a molte altri parametri) il “palazzo motorio” più luminoso e maestoso possibile. Sono una condizione necessaria, ma non sufficiente. Ma necessaria.

Come arriviamo al CrossFit?

Da come la vedo io, il passo è breve. Vediamo di renderlo comprensibile a tutti.

Accendete il pc – ah ok, l’avete già fatto, evidentemente – digitate <<Crossfit>>  su un motore di ricerca qualsiasi e avete idea (se mi state leggendo per compassione e non sapete di cosa sto delirando) di cosa stiamo parlando: Corpo perfetto: Allenamento Crossfit; Crossfit lo sport del fitness; Welcome to Crossfit (dimenticavo la lingua, obbligatorio parlare inglese, molto “ammericheno”, slang … fa curriculum); Box Crossfit (io pensavo che il box fosse un garage …  che sfigato) ed un sacco di amenità del genere. Ma non è questo che conta, ma la quantità di link che richiama questa “parola”, video, informazioni, contatti. Una vera e propria tendenza.

Nelle mie varie farneticazioni mentali riguardanti l’attività motoria mi sono spesso interrogato sul perché di questa novità, sul perché di questa esplosione, sulla funzionalità o meno di questo programma di allenamento che, comunque, esiste come tale dal 2000 (www.wikipedia.org ). Guardando i vari punti che contraddistinguono questa tipologia di allenamento, salta agli occhi una cosa interessante, il WOD (Workout Of the Day – Allenamento del giorno … ve l’ho già detto “maccherone m’hai provocato e mo’ te magno”) 

allenamento che ogni crossfitter (praticante), trova affisso quotidianamente sulla white board (lavagna bianca) nel box (palestra). Al di là del ridicolo “tu vo’ fa’ l’americano”, l’idea di variare spesso gli stimoli allenanti è sicuramente brillante e, comunque inevitabile, visto che la disciplina in questione promette di poter sviluppare: forza, resistenza cardiorespiratoria, resistenza muscolare, flessibilità, potenza, velocità, coordinazione, agilità, equilibrio, precisione (www.wikipedia.org ). Insomma, si capisce perché per i “crossfitter” è diventato quasi come una religione, perché in effetti promette un paradiso motorio, raggiungibile solo ed esclusivamente con un comportamento integerrimo nel box, sacrificio, determinazione ferrea, rinunce e ricompense eucaristiche; un atto di fede, insomma. Però, se guardo con attenzione, il tutto mi ricorda qualcosa. Mi ricorda quei pomeriggi anni ottanta, dove gli allenamenti del giorno erano creati in cortili e giardini e non avevano nomi impronunciabili ed incomprensibili, ma il cuore di ragazzi che nel movimento trovavano una via di fuga, un sogno da raggiungere, un modo per realizzare sé stessi, e non l’emulazione del mascellone ammericheno di turno.


Ma l’euforia crossfit non può essere solo questo.

Dal mio punto di vista è un’esasperazione di qualcosa di “sano”, di utile, di valido. Quello che abbiamo definito “Allenamento Funzionale” (trovate alcuni post in queste pagine http://www.stileliberoacademy.blogspot.it/search/label/Allenamento%20Funzionale) in breve: la costruzione di un programma di allenamento che oltre a donare “performance” (e prendete questo termine veramente tra virgolette), possa offrire funzione, cioè spendibilità nel quotidiano.

E come tutte le esasperazioni … attira; crea un meccanismo mentale tale da rendere il praticante, nel proprio immaginario, una sorta di epico eroe che, senza macchia e senza paura, sottopone il proprio corpo (spesso inadeguatamente preparato) ad una sorta di dodici erculee fatiche. Da qui a idealizzare mitiche figure (mascella trofica munite) da imitare,è un attimo. I social network, ovviamente, fanno il resto, “mondovisionando” allenamenti, esercizi, tutorial esecutivi, gare, imprese e qualunque altra cosa possa essere utilizzata per mitizzare ulteriormente la disciplina. Se poi ci mettiamo i mega sponsor (ammericheni pure loro), una goccia di psicologia motivazionale che non guasta, un marketing efficacissimo, gare costruite ad hoc (dove praticamente partecipi da casa, perché poi alle gare vere e proprie non ci puoi andare), ed un certo innegabile fascino che tutto ciò che è USA derivato possiede, abbiamo la ricetta magica.
Non è tutto oro ciò che luccica. E non luccica neanche il Crossfit, benché vogliano farcelo credere. Non tanto per l’idea di base che, come ho già accennato, ha anche alcuni punti validi, quanto per la realizzazione, spesso confusa e raffazzonata. A partire dall’esecuzione degli esercizi; bisogna finire il circuito nel minor tempo possibile, inevitabilmente l’esecuzione tecnica si sporca, allora rendiamo “valide” proprio le esecuzioni sporche (kippate come si dovrebbe dire in gergo moooolto figo), trazioni kippate, stacchi kippati, slanci kippati e così via, fino a kippare qualunque cosa (chissà se la merenda la kippano), basta finire in fretta (e possibilmente postare la foto), fino ad arrivare all’organizzazione degli stessi che, nell’euforia del sempre di più, a volte diventano vere e proprie prove di sopravvivenza. Ma il problema in fondo non sarebbe nemmeno questo, o comunque non sarebbe il principale; in questa festa del tutto super veloce, difficile e molto ammericheno, ci sono le persone; quelle persone che, in grossa percentuale hanno le finestre dei primi piani non chiuse … sigillate. Così trovi novelli Yuri Chechi che cercano in maniera imbarazzante di imparare la verticale (tutorial video ammericheno o … amico crossfitter che la sa lunga), pur non avendo interiorizzato alcuni passaggi di base per poterla fare. Prima o poi riusciranno a stare in posizione per qualche secondo, ma a che prezzo? O quelli che cercano invano di saltare la corda, finendo spesso con le gambe martoriate da scudisciate degne dell’inquisizione (eh, ma dobbiamo imparare i “duble under” – un salto due giri di corda –) e, non in ultimo, le alzate olimpiche, vero cavallo di battaglia del Crossfit da condivisione social. Eh si. Il Crossfit è riuscito nell’impresa (diamogli merito) di risvegliare da un agonizzante coma “elitario” le alzate olimpiche (strappo, slancio e varianti sul tema … dimenticavo snatch e jerk; ammericheno) facendole passare per una cagata che si impara in quattro lezioni, anche se poi magari non hai mai fatto un esercizio propedeutico serio (squat e stacco in primis), quando invece per padroneggiarle adeguatamente serve applicazione e specializzazione duratura. Ma dimenticavo … ci sono le lezioni “On ramp”; l’introduzione al Crossfit. Praticamente paghi (salate) un tot di lezioni (6 – 8 in genere) dove ti vengono insegnati alcuni movimenti base della disciplina.
Copio ed incollo da un famoso box Crossfit:

Se ti riconosci un una delle seguenti descrizioni, allora il programma “on-Ramp” è quello che ti serve:

Vuoi iniziare un programma di allenamento e di attività fisica per migliorare il tuo fitness

Hai fatto attività fisica o praticato uno sport in passato ma sei inattivo da molto tempo

Svolgi regolarmente un’attività fisica o pratichi uno sport ma non hai mai fatto CrossFit

Hai già fatto CrossFit ma non ti alleni più da molto tempo.

Pratichi CrossFit regolarmente e cerchi un Box attrezzato in cui allenarti insieme ad altri

Vuoi migliorare la pratica del CrossFit ed essere seguito da Trainer Certificati

Il programma “On-Ramp” è costituito da 6 lezioni nelle quali imparerai tutti i movimenti fondamentali del CrossFit ed altre utili tecniche che ti serviranno per completare i tuoi WOD in sicurezza e con la massima efficienza. Nel programma “On-Ramp” imparerai, tra l’altro, ad eseguire correttamente:

Deadlift

Clean

Squat

Front Squat

Overhead Squat

Press

Push press


Fenomeni davvero. Lasciamo perdere il sermone mennonita che ti servono per indorarti la pillola del costo delle lezioni (che per pudore non ho messo), ma sono fenomeni.  Non sono ironico. Se in sei lezioni insegnano (e per insegnano intendo che gli allievi le imparano) le tecniche di tutti questi esercizi. Che dire, chapeau!!!

Non voglio prendervi in giro. Il titolo è stato volutamente provocatorio, così per attirare l’attenzione. In effetti il Crossfit non mi fa proprio schifo, ma tutto sommato, quasi. Detesto tutta la macchina commerciale che ha messo in moto, detesto questo tutto e subito, tutto iperveloce e tutto fatto un po’ così, anche se non proprio ben fatto va bene o stesso (un po’ come questi anni che stiamo vivendo, in fondo), detesto l’aura da Homo Superior che avvolge i praticanti (faccio di tutta l’erba un fascio per fare prima, chiedo scusa in anticipo), detesto il “Tu vuò fa’ l’Americano” a tutti i costi, detesto le promesse di un’efficienza fisica funzionale (a cosa non si capisce e soprattutto non si capisce perché superiore ad altri programmi di condizionamento), detesto il vogliamoci bene, il box è una famiglia (non è vero, la famiglia è a casa, magari per andare al box ad allenarsi con i mascelloni, avete lasciato i bimbi dai nonni) e probabilmente un sacco di altre cose che ora non mi vengono in mente. E, mi raccomando, non fatemi parlare del Crossfit per i bambini, per favore no, dai, soffoco un conato … infanti in salotto, ripresi e condivisi in rete (siete dei geni, davvero, tutto per un like in più, un “mi piace”) mentre abbozzano dei burpees o dei “deadlift” (un nome, una garanzia), per vanagloria dell’adulto folle in questione: non c’è niente di peggio del genitore che proietta sul proprio figlio i suoi sogni sportivi.

Il Crossfit è potenzialmente qualcosa di degno di nota. Ma c’è sempre stato. Lo chiamavamo allenamento a circuito, addirittura le progressioni a corpo libero al buon vecchio (ma mai troppo decrepito) ISEF avevano il nome di ginnastica Educativa, nel senso che poteva e-ducere, condurre fuori, dal praticante il meglio che aveva. Altro che mascelloni a torso nudo. Siamo seri. Una gran bella operazione commerciale, ma sono cose che, con tutt’altro spirito e con tutt’altra tecnica esecutiva (e con altri, sicuramente meno affascinanti nomi) abbiamo sempre fatto. E continuiamo a fare. A fare bene: misurati (sull’utente), ben eseguiti, a volte rapidi e a volte lenti, spesso con la maglietta, spesso parlando italiano e con degli splendidi sorrisi, senza svenire (ed essere immortalati nel mentre) a fine allenamento, ma godendosela con un po’ di serenità, senza nessuna compulsione. In palestra (non in garage), ci stiamo volentieri, ma con la nostra famiglia ci stiamo meglio, abbiamo degli obiettivi, ma costruiti su di noi e non per le accattivanti avances di un marchio (perché di quello si tratta) e, prima di tutto, quando facciamo movimento cerchiamo di farlo in modo che ci faccia bene, ci renda migliori, che non vuol dire fare una ripetizione in più.

Forse il mio è un “elogio alla lentezza” dettato dall’età che avanza. Beh, forse si. Amo quella lentezza che è veloce quando serve, ma permette di guardare. Guardare senza fiato.

Ripenso con nostalgia a quei pomeriggi in cortile a quel primitivo Crossfit genuino, sincero, viscerale.

Che figata giocare con i torsi nudi …

SL.A.
Le immagini sono tratte da:

sabato 6 febbraio 2016

CORRO O SON DESTO? (Attività Motoria vs The Running Dead ... Incursione, forse semiseria, nel variegato mondo del podismo amatoriale)



CORRO O SON DESTO?

(Attività Motoria vs The Running Dead … Incursione, forse semiseria, nel variegato mondo del podismo amatoriale)
Devo ammetterlo.

Sono uno che corre. Ok, non saltate subito alle conclusioni. Sono uno che corre, ma non sono un “Runner” …

Come? Qual è la differenza, dite? Beh, un po’ di pazienza e ci arriviamo.

Il quattro luglio del 2010 sul mio vecchio blog “Run&Motion” (piccola parentesi Run&Motion è la contrazione di tre parole CorsaEmozioneMovimento, ed è anche il nome del team del quale sono presidente) scrissi un post dall’amletico titolo “Runner o no” dove, in maniera piuttosto frettolosa, descrissi il mio modo di approccio al podismo rifiutando l’appellativo di “Runner”: inanellai una serie di motivazioni, dal non utilizzo del GPS fino alla corsa in solitaria, dal non utilizzo di tabelle fino alla partecipazione o meno ad alcune gare. Tutto sommato erano precisazioni piuttosto banali, ma riflettevano già una presa di posizione sicura, un rifiuto; possiamo considerare quel pezzo un embrione di ciò che scrivo oggi: il concetto di fondo rimane valido, pur essendo cambiato in maniera profonda il mondo della corsa (quantomeno quella amatoriale) e, di conseguenza, le cause di questa mia presa di posizione che, ad una prima superficiale vista, potrebbe sembrare un controsenso.

Quindi la differenzazione non è squisitamente semantica, il mio non essere “Runner” definisce proprio una ripulsa ad una categoria di appartenenza, categoria dai foschi e non ben delineati contorni, ma con il denominatore comune di fare le cose a cazzo.

Bene, l’ho detto. Ma dal sottotitolo ci si poteva già, forse, arrivare. Il “Runner” è lo Zombie che vedete correre tutti i giorni, a tutte le ore, con qualunque clima, con lo sguardo serio (il vero Runner … non ride mai!!!), in genere più vestito del dovuto in inverno (tute termiche da fare invidia all’equipaggio di Apollo 15) e pietosamente meno vestito del dovuto in estate, avete capito bene, si, il Runner è quello con la canotta in mano e il flaccido petto nudo (il vero Runner è demuscolato !!!!), inizia a correre perché lo fanno gli altri, vuole fare parte di qualcosa, è colui che ogni 5 passi guarda il cronometro (o GPS, o cardiofrequenzimetro, o qualunque altra cosa; fondamentale è però monitorare); può essere veloce o lento, questa non è la discriminante, il vero segno distintivo è che sa di essere un “Runner” e proprio per questo rifugge da ogni sensatezza riguardante l’allenamento, da ogni nozione vagamente scientifica riguardante l’alimentazione, lui “già sa”; odio ripetermi, ma il vero “Runner” fa le cose a cazzo (e possibilmente in maniera compulsiva).

Tutto ciò mi lascia molto pensare, in questo momento storico la corsa è attività motoria sulla cresta dell’onda, più che mai spinta, sponsorizzata, decantata da tutti i vari guru del benessere, praticata da vip di ogni tipo; ha un appeal non indifferente che, se da un lato l’ha sdoganata da estremo atto sacrificale dell’animo umano (quante volte avete sentito la favola di Fidippide? Quante volte si usa la parola Maratona come sinonimo di fatica inenarrabile?), dall’altro le ha dato un oscuro (quanto non reale) potere taumaturgico (soprattutto psichico) che ha inondato le fragili menti di migliaia di ancora inconsapevoli futuri “Runners”, convincendoli di possedere superpoteri tali da renderli immuni ad ogni tipo di infortunio e, di conseguenza, autorizzandoli a compiere sul loro corpo ogni nefandezza rendendo così “legale” qualsivoglia metodo di auto-tortura, alla quale, con una certa fantasia lessicale, attribuiscono il nome di allenamento.

Va bene, dai, conosciamo tutti il ritornello delle “Endorfine della corsa”. Tutto vero, assolutamente; un processo neurochimico, che ha probabilmente una forte connotazione evolutiva, con il risultato finale di conferire sensazione di piacere ed euforia conseguentemente ad attività motoria di una certa durata ed intensità. Beh, “Runner”, non nasconderti però dietro ad un dito. La tua dipendenza non è “endorfinica”, o almeno non solo, tu sei soprattutto schiavo di un modo di essere, che è quello di  non voler uscire dal seminato, di non voler giocare a qualcosa che non conosci (dimmi un po’ la verità … da piccolo portavi via il pallone e finiva la partita), di non voler sconfinare da un ambiente iperprotetto e iperprotettivo dalle regole poco chiare, ma dal ritorno “mediatico” di condivisione social di sicuro impatto. Questo definisce il “Runner”, l’appartenenza ad una tribù di invasati cazzari con poca voglia di imparare a conoscere il proprio corpo, di giocare e sperimentare con esso, di ascoltare visioni dall’esterno, di contaminare con altro (altre attività motorie) ciò che ritiene suo ed infallibile, forse per decisione divina.

Non fraintendetemi; spesso il “Runner” ha anche un preparatore od un allenatore … solo che poi fa come vuole lui; è come il tizio in palestra che vuole a tutti i costi la scheda – o lascheda, come volete voi; leggete qui: http://www.stileliberoacademy.blogspot.it/search/label/Scheda e poi lo vedi aggrovigliato nei cavi degli attrezzi (attrezzi che sulla “lascheda” non erano segnati, ovviamente). Il concetto è molto più vasto e, a mio avviso, molto più pericoloso.

Il “Runner”, potenzialmente, è la rovina della corsa che, senza ombra di dubbio, è un’attività motoria fantastica; speciale perché ci ha disegnati “Homo”, unica perché come schema motorio di base è quella che per prima ci permette di uscire ad esplorare, di evadere dai confini delle braccia dei nostri genitori, immediata nella sua raffinata e complessa semplicità, integrabile ed integrante qualsiasi altro tipo di motricità, personalizzabile fino a renderla squisitamente nostra. Correre è un po’ come sognare. Ma anche sognare presuppone un certo grado di consapevolezza. Corro E son desto, forse quello sarebbe stato titolo più azzeccato.
Il “Runner” frantuma la particolarità di questa attività perché la segrega in schemi ripetitivi e stereotipati mortificanti quanto di più naturale possa esserci nell’improvvisazione consapevole di un gesto fondante la propria motricità.

Vogliamo perdere il privilegio di poter migliorare il nostro vivere, il nostro essere? Vogliamo perdere l’opportunità di un profondo ed entusiasmante viaggio interiore?

Sarebbe da stupidi.

Termino con un paio di consigli:

Il primo. Ho una “scuola di corsa”. Ecco, subito il commento – ha ha – un po’ alla Nelson dei “Simpson”. Certo, il post è volutamente "pubblicitario". Propongo un metodo, e ci metto la faccia, perchè no?
In effetti “scuola di corsa” è una definizione che mi fa schifo, ma ha la fortuna di poter rendere un’idea immediata, in effetti il Nostro è un gruppo che vuole sognare correndo. O correre sognando. O correre e sognare. Fate voi. La cosa importante è il nostro metterci in gioco, partendo da zero, ma con una voglia matta di esplorare. Chiamateci come volete: sportivi, podisti, corridori, qualunque definizione, ma non “Runners”. Non lo siamo.

Giochiamo con il nostro corpo, utilizzando la corsa, cercando di renderla naturale o “Naturalmente Naturale” e, sperimentando, cerchiamo consapevolezza del nostro “essere” che si muove. Attività motoria completa correndo, o corsa motoriamente completa (oggi sono nei giochi di parole), non Zombie decorticati agonizzanti in preda a Delirium Tremens. La differenza è sostanziale, così come è proprio sostanza quella che proponiamo. Una sostanza che libera, sgancia dalle catene del qualunquismo motorio proposto da santoni tuttologi, radicando il proprio essere, invece, in una profonda analisi del movimento e dell’individuo che lo compie, con acume e conoscenza, con umiltà e semplicità. Seguire l’istinto, quell’istinto che deriva da una profonda consapevolezza di sé.

Se non siete “Runner” … venite a trovarci; le soluzioni non le troverete tra queste righe, sarebbe un po' troppo facile. Seguiteci e vedrete!!!!
Il secondo. Contaminate il più possibile. Poco altro da aggiungere. Il “Runner” corre, punto. Noi corriamo ed esploriamo, corriamo e sperimentiamo, corriamo ed ascoltiamo. Sogniamo

Il terzo. Cercate di sorridere correndo (o correre sorridendo).

L’ultimo. “Correre è lo spazio aperto dove vanno a giocare i pensieri”. (Mark Rowlands). Non dimenticatelo.
BeNatural !!

SL.A.

Le immagini sono state prese (dall'alto in basso) da:



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