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venerdì 21 gennaio 2022

QUIETE

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Liberi pensieri quarantenici. 

“Il riposo è alla base della Salute.

Riposate tanto quanto non riposate.

Rubate il tempo per stare da soli con la Salute.

Siate ricettivi al risanamento da parte dell’Amore” (J. Jealous)

Etimologicamente la parola “Quiete” rimanda al concetto di “Riposo”: lo stato di chi riposa dalla fatica, calma, sicurezza d’animo, ma anche un’assenza di turbamento, uno stato di tranquillità, di silenzio.

La definizione “da vocabolario” non deve però trarre in inganno; non commettiamo l’errore di far cristallizzare il significato delle parole, ma facciamo sì che esso sia mobile, fluido, come una mente curiosa.

Quiete, in questo contesto quindi, è ben distante da “stare fermi”, d’altronde anche una energica camminata può indurre, durante la sua esecuzione, un profondo stato di Quiete.

Quiete è quindi una condizione mentale di profonda calma, di silenzio interiore, assenza di disturbo; è “MuShin” (無心) “No Mente”, una condizione rappresentata nel buddismo Zen come “Mente Piena di Vuoto”, non come mente vuota, anzi.

Ora ci siamo, Quiete non è rimanere sdraiati sul letto a fissare il soffitto, magari in una condizione di “stasi fisica”, ma dilaniati da pensieri e preoccupazioni, bensì la condizione di riposo psico-fisica indotta da uno stato mentale rilassato, calmo, amorevole, risanatore. Su “risanatore” si aprirebbe un discorso lunghissimo; diciamo semplicemente che è condizione fondamentale dello stato di Quiete, l’abbraccio placentare in cui possiamo evolvere, espandere la nostra coscienza, ritrovare noi stessi.

D’altronde anche in Osteopatia il concetto di Quiete (Stillness) è assimilato a un qualcosa di attivo (Quiete dinamica) “Il Silenzio è il giardino, lo “Stillness” è la pioggia” (J.Jealous), qualcosa che lavora per la Salute, che “risana”, un modo per fermarsi nel vuoto anche senza stare fermi: “Lo Stillness fa maturare il frutto” (J.Jealois).

Sto vivendo, da qualche giorno, la piacevole sensazione di distacco dal mondo fisico, quantomeno come “attivo partecipante” della quotidianità sociale. Sottolineo “mondo fisico” perché ancora non ho trovato nessuno capace di rendermi impossibile la frequentazione di un mondo etereo, ma ben presente, la capacità di librarmi in viaggi onirici ma reali allo stesso tempo: ero seduto un momento fa su aride rocce ai confini di un rovente deserto sabbioso, bevevo avidamente salubri gocce rossastre da un frutto misterioso, talmente fresco da catapultarmi, un istante dopo, alle pendici di una ripida montagna innevata, pronto ad una scalata impegnativa. Potrei continuare ore.

La Quiete anima le mie giornate, tutt’altro che ferme. Ho ritrovato la possibilità di lettura e studio in tempi dilatati, senza frenesia, godendo di ogni pagina, anzi, di ogni riga sfiorata dai miei occhi, il piacere di perdermi su un capoverso e pensare alle implicazioni che quella sequela ordinata di parole può avere su chi le legge o su chi le comprende (che spesso non sono la stessa persona). Ascolto parecchio: i rumori della strada, il russare del cane (che non mi molla un istante, anche lei grata per questo tempo condiviso) quando è in Quiete e quando ha invece attenzione pur dormendo; Paride (quarantenato anche lui) che studia, con il suo concetto di Quiete che, riducendolo ai minimi termini di 25 anni di differenza d’età, è straordinariamente uguale al mio (ma non potrebbe essere diverso, a pensarci bene); l’energia incontenibile per qualsiasi altro corpo umano di Marina, che riesce ad essere in più luoghi contemporaneamente pur non muovendosi di un millimetro, incredibile; i rumori della casa, dei muri., del tetto, oggetti apparentemente inanimati, ma colmi di una vita strabordante. Osservo con attenzione, dalla comoda finestra dei social, i deliri dei miei simili. Osservo e fatico a capire la vacua patinatura delle finzioni vendute come verità, la rincorsa ad una autopromozione che suona tanto di autoaccettazione, la violenza, urlata silenziosamente con sgrammaticate parole lampeggianti su uno schermo, che inneggia al rifiuto del pensiero, della critica, del dubbio, della scelta.

“Il Riposo è un rifugio nel mondo interiore” (J.Jealois).

Mi sto riposando molto, in una Quiete risanatrice, non tanto (anche quello) da una determinata patologia, quanto dall’inquinamento sensoriale a cui, inconsapevolmente, siamo esposti quotidianamente. Non si riesce ad averne completamente idea (per chi è avvezzo a pratiche meditative e/o energetiche è più semplice avere un po’ di consapevolezza) fino a quando non si riesce a staccare completamente la spina; è come scostare un velo e avere la possibilità di guardare oltre. Finalmente riesco a sentirmi bene, ma proprio bene, in profondità e, purtroppo (o per fortuna) questo diventa un segnale che condizionerà i miei impegni futuri perchè sarebbe veramente stupidi lasciarsi trascinare in una voragine di routinante compulsività, rinunciando a questa possibilità di visione.

Ora continuo a godermi questi giorni di assoluta pace, cercando ancor più distacco materiale e nutrendomi dell’Amore incondizionato che anima le mie ore; dovrò inevitabilmente riflettere sul futuro perché, come spesso ho ripetuto in questo ultimo periodo, questo è, più che mai, il tempo delle scelte. E, per quanto possa essere possibile nella vita di oggi, scelgo la Quiete.

“L’unico Zen che puoi trovare in cima alle montagne è lo Zen che porti lassù” (R.M.Pirsig)

Respira e Rilassa.

Fede

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