L'unico obiettivo è quello di far riflettere.
Buona lettura.
LO STRANO CASO
DEL DOTTOR SALUTE E DEL SIGNOR MALATTIA
Vivere in un’epoca
dove la conoscenza viaggia a velocità incredibile su canali di immediata
reperibilità è, ovviamente, una fantastica possibilità di crescita e, di
contro, un drastico taglio alla possibilità di costruire un’esperienza d’apprendimento
“reale”. Questo diventa esasperato quando coinvolge le sfere non troppo ben
definite, a mio avviso, di “salute” e “malattia”.
Mi spiego. La
velocità di ricezione di risposte non permette una vera e propria
interiorizzazione dei problemi che le richiedono. Arriviamo al concetto cardine
dell’argomento di oggi e facciamolo con un esempio un po’ assurdo, un po’
azzardato, ma che riesce a rendere bene l’idea di ciò che voglio spiegare:
mi spuntano
alcune pustole suppurative sul corpo, diciamo nel cavo ascellare, mi scatto una
foto e la piazzo su un motore di ricerca del web, oppure accedo ad un forum di
medicina e descrivo con dovizia di particolari la problematica. In quattro e
quattr’otto ho la risposta: idrosadenite suppurativa o acne inversa; consigli
su cosa fare, a chi rivolgermi, che prodotti prendere bla, bla, bla. Fantastico
direte voi. Terribile dico io. Ho ricevuto una risposta (sperando che sia
esatta) nel minor tempo possibile, ho elaborato una serie di informazioni che
hanno l’obiettivo di risolvere in fretta il problema, attuo tutto il protocollo
terapeutico ricevuto per porre fine a quella che (erroneamente?) consideravo un’avversità.
Se mi reco dal
medico, tutto sommato, il procedimento è lo stesso, c’è un po’ più di tempo da
perdere, forse la sala d’attesa, magari una piccola visita, ma tutto sommato il
risultato è quello: domanda, risposta e soluzione immediata per risolvere ciò
che viene richiesto. Attuazione delle raccomandazioni prescritte. Poco più o
poco meno il discorso è sempre simile, ci si possono inserire delle analisi
particolari, qualche esame, magari nel giro di un po’ di tempo, ma la cosa
fondamentale è la velocità di risoluzione dell’intoppo.
O di ciò
considerato tale.
In tutto questo
conoscere ad alta velocità non ho il tempo per fermarmi a ragionare.
Allora
facciamolo insieme.
Che cos’è la
salute e che cos’è la malattia?
Domande alle
quali, contrariamente a ciò che si può pensare, non viene facile dare una
risposta.
L’OMS
(Organizzazione Mondiale della Sanità) nella storica definizione del 1948 definiva
la salute “… uno stato che non è descritto dalla semplice presenza o assenza di
malattia, ma uno stato di completo benessere fisico, mentale e psicologico - emotivo
e sociale”. Ok, detto tutto e detto niente. Questa definizione introduceva la
soggettività della valutazione della propria salute e, ponendo l’accento non
solo su aspetti medici, aveva aperto la strada negli anni ’80, alla valutazione
della qualità della vita e, negli anni ’90, al coinvolgimento attivo e attento
dei pazienti alla valutazione degli interventi sanitari. Nel contempo ha però
spinto e portato ad un eccesso di medicalizzazione ponendo come obiettivo il
completo benessere fisico, mentale, psicologico - emotivo e sociale: un
traguardo impossibile per molti. Inoltre, a fronte dell'invecchiamento della
popolazione globale con conseguente incremento delle malattie croniche viene
sottovalutato la capacità dell’uomo di far fronte autonomamente alle sfide
fisiche, emotive e sociali, affrontabili con soddisfazione nonostante una
malattia cronica o una disabilità. Aggiungerei anche l’introduzione, in
anteposizione netta a quello di salute, del concetto di malattia, ribadendo con
forza l’accezione negativa di quest’ultima. Ma siamo sicuri che sia negativa
per forza?
La domanda che mi
viene spontanea è: se ho un problema qualsiasi, mettiamo il raffreddore, quindi
mi cola il naso insistentemente e starnutisco spesso e prendo un farmaco (quindi combatto la
malattia nel modo più diretto e veloce possibile, alla ricerca del completo
benessere fisico bla, bla, bla…) per fare in modo di non starnutire più e uno
per liberare il naso, sono in salute? Ho solo silenziato i sintomi del
raffreddore? Ho evitato di ascoltare un messaggio del mio corpo?
La salute deve,
a mio avviso, essere considerata una condizione di equilibrio dinamico,
flessibile, sempre nuovo, sempre da ricercare, da riperdere, da ricostruire tra
il soggetto e l’ambiente (umano, fisico, biologico, sociale) che lo circonda;
una sorta di capacità di adattamento e di autogestione di fronte alle
sfide sociali, fisiche ed emotive.
Credo che questo sia un concetto già presente nella
storia dell’uomo, ma dimenticato, la “Vis Medicatrix Naturae (motto latino che
riassume uno dei principi della medicina Ippocratica, la capacità di auto
guarigione del corpo) è l’ineguagliabile capacità autonoma che il corpo ha di
adattarsi e ri-organizzarsi, tanto che è da sempre noto l’aforisma: Medicus
curat, Natura Sanat; lo stesso Still, padre dell’Osteopatia soleva dire: “Levate
tutti gli ostacoli e la Natura, gentilmente, farà il resto”. La storia dell’uomo,
dunque nasce con ben chiaro il concetto di salute e non ha quello di malattia;
la dicotomia diventa palpabile in epoche recenti, quando la malattia diventa
praticamente una condizione non risolvibile se non con un rimedio chimico,
farmacologico. Come nel fantastico romanzo di R.L.Stevenson, “Lo strano caso
del dottor Jekyll e del signor. Hyde”, siamo andati da soli a creare un
qualcosa che già ci apparteneva, già albergava in noi, ma l’abbiamo manifestato
dandogli un nome, l’abbiamo costruito tout-court, donando ad un segnale ben
preciso del nostro organismo un significato in assoluto negativo, quindi da combattere,
da zittire, da non ascoltare. Un po’ come mettere i tappi nelle orecchie per
non sentire i tuoni durante il temporale. Se esco mi bagno. Non sento i rumori
che lo caratterizzano, ma il temporale continua ad esserci.
Le malattie non sono mostri esterni che ci aggrediscono
improvvisamente, che ci tendono imboscate perché siamo stati sfortunati, perché
eravamo al posto sbagliato al momento sbagliato, possiamo considerarle una
risposta adattativa alla progressiva regolazione dei sistemi di base. Sono un
segnale e la risposta ad un segnale. Sono un messaggio e sono il messaggero.
L’Homo Digitalis, l’uomo a tutta velocità, l’uomo dalla
risposta pronta, tutto e subito, salvato dagli antibiotici confortato e
sostenuto dai farmaci sintomatici, è diventato in realtà uno smidollato (un
Jekyll qualunque, direi), indebolito dalle comodità, senza o con poca forza
morale, incline all’ansia (paura senza oggetto), angosciato di fronte alla
sofferenza, al dolore, intollerante alla malattia e alla disabilità, quasi
fossero condizioni anacronistiche negli anni 2000; per non parlare della
possibilità di morire … Battista Codronchi scrisse nel 1595 il suo “De Morbi
Veneficis (sulle malattie provocate da stregoneria e streghe); quasi 500 anni
di tempo, nemici diversi, senza dubbio, ma la stessa superstizione di fondo che
ci mostra avversari soprannaturali e esorcismi ritualistici moderni: la croce
sotto il cuscino nel seicento, lo Xanax sul comodino oggi.
Mi chiedo spesso che reazione possa aver scatenato due
milioni di anni fa nell’Homo Habilis, nella valle del Turkana, la vista di una
morte. Provate ad immaginare cosa possa aver scatenato. Mi sbilancio dicendo
che possa essere stata assimilata (con più o meno dispiacere, quello non
saprei) come un evento naturale, come un “ritorno alla terra”, come un ritorno
alla Natura; certo che oggi, nell’epoca dell’accanimento terapeutico, nell’epoca
delle sperimentazioni con farmaci biologici (è un’antitesi, non possono
esistere), il concetto di evento naturale lascia veramente pensare molto. Non
voglio assolutamente dare giudizi. Mi permetto solo di riflettere.
Vorrei concludere questo nostro viaggio tra salute e
malattia con alcuni tratti del romanzo, già citato prima, da cui ho tratto l’incipit
di questo articolo . Mi scuso per la forzatura, chiamiamola “licenza letteraria”,
nella storpiatura del titolo dell’opera, consideratelo un omaggio all’autore, perché
di quello si tratta; una descrizione delle dicotomie dell’animo umano non
poteva essere più rappresentativa per la descrizione di una dicotomia creata
dall’uomo, quell’inesistente confronto salute-malattia che non è altro che il
racconto della nostra stesa vita, di quell’imperfetta perfezione biologica che
rappresentiamo.
Salute e Malattia. Jekyll e Hyde.
[…] Giorno dopo giorno, con l’aiuto delle due entità del
mio spirito, quella morale e quella intellettuale, mi andai sempre più
avvicinando a quella verità la cui parziale scoperta mi ha condannato a questa
rovina totale, e cioè l’uomo non è unico, ma duplice. Dico duplice perché il
livello delle mie conoscenze non va al di là di ciò. Altri seguiranno, altri mi
supereranno sulla stessa via; io mi limito a pronosticare che un giorno l’uomo
sarà conosciuto come un insieme di multiformi, incongrue e indipendenti
componenti. […] Da molto tempo, prima ancora che il corso delle mie scoperte
scientifiche avesse cominciato a farmi intravvedere la possibilità di un tale
miracolo, carezzavo l’idea della separazione di tali elementi come un sogno ad
occhi aperti. Pensavo che se ciascuno di essi avesse potuto essere collocato in
un’entità separata, allora la vita si sarebbe alleggerita di tutto ciò che è
insopportabile. […] Era la maledizione del genere umano che questi incongrui
elementi fossero così strettamente avviluppati … che nel grembo tormentato
della coscienza questi gemelli antitetici dovessero perennemente lottare. Che
fare, allora, per separarli? […] E una maledetta sera, a tarda ora, mescolai
gli elementi, li osservai ribollire ed emettere fumo nel bicchiere e, quando l’ebollizione
ebbe termine, trangugiai la pozione con un impeto di coraggio. […] Scivolai
furtivo lungo i corridoi, estraneo in casa mia, e, arrivato in camera, vidi per
la prima volta le sembianze di Edward Hyde. […] Sentivo che dovevo scegliere.
Le mie due nature avevano in comune la memoria, ma tutte le altre facoltà erano
ripartite fra di loro in maniera diseguale. Jekyll (che era un misto delle due)
concepiva e condivideva i piaceri e le avventure di Hyde ora con ansia
timorosa, ora con bramoso entusiasmo; Hyde, invece, era del tutto indifferente
nei confronti di Jekyll. […] E così, nel momento stesso in cui depongo la penna
e mi accingo a sigillare la mia confessione, metto fine alla vita dell’infelice
Henry Jekyll.
Spero di non avervi annoiato.
P.S.: fino ad oggi non sapevo cosa fosse l’idrosadenite suppurativa.
SL.A.
Bibliografia e sitografia:
Olismologia – L.P.Capello – Tecniche Nuove 2013
Malattia e guarigione – D.Gentilcore – Controluce 2008
L'immagine è presa da: l-antro-della-cultura.webnode.it
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