25°.
Il sole non è fortissimo, ma l’umidità sfiorante il 90% rende la strada simile ad un piccolo inferno o, almeno, a ciò che ci hanno inculcato possa essere l’inferno: fuoco, fiamme, lava.
La falcata è sicura, il passo rapido e silenzioso, sfioro appena il terreno, il respiro appena accelerato; sono idratato bene e vestito leggero, i pantaloncini corti e la canotta aderente evidenziano il mio corpo, i muscoli guizzanti sotto la pelle tirata testimoniano che, nonostante l’età, rispondo ancora bene agli allenamenti; cerco di curarmi al meglio e direi di riuscire bene nell’intento.
Sintonizzo la concentrazione con il ritmo cardiaco, quel famigliare tum-tum tum-tum tum-tum sembra fatto apposta per scandire uno sforzo ripetuto e ciclico come la corsa: improvvisamente mi trovo nel bel mezzo di una “Jam Session”, percussioni, fiati, beatboxing, un sound indiavolato creato dal mio corpo che si muove e vive … ritmo vitale.
La musica accompagna il mio movimento, respiro, passo, cuore, respiro, passo, cuore, fino all’infinito, fino all’essenza dell’uomo, nudo ed impotente contro la natura, ma violenta parte di essa, usurpatore e sfruttatore, ma allo stesso tempo debole succube dei sui capricci. L’ondata termica sollevatasi dall’asfalto conferma queste mie oniriche elucubrazioni riportandomi alla realtà e al bisogno di trovare una fontanella in questo grigio ed opprimente deserto.
Un movimento, lontano di fronte a me, attrae il mio sguardo, un puntino rosso insignificante, tutto o nulla, forse un miraggio, forse neppure quello, immaginazione … Passo rapido una mano sugli occhi, sudo copiosamente, tanto che vorrei togliere la canotta e usarla a guisa di asciugamano, il puntino rosso è sempre laggiù, sembra oscillare, lento e pesante, ipnotico, quasi non mi accorgo della fontanella tanto quel misterioso e inquietante pendolo cattura la mia attenzione. Bevo un sorso e mi lavo il volto. Sembra di rinascere. Bagno i capelli ed osservo per qualche istante le gocce di acqua freschissima insinuarsi, quasi gareggiare, tra le striature dei muscoli delle braccia, un brivido terribilmente caldo mi attraversa la schiena.
Un presagio?
Sembra folle, ma improvvisamente avverto una strana
sensazione … Paura?
Riprendo la corsa cercando di scrollarmi di dosso quel nefasto presentimento, cerco di concentrarmi, respiro, passo, cuore, respiro, passo, cuore, ma niente, l’orchestra ormai suona un drammatico Requiem. Rallento il passo – sono solo stanco – mi dico, guardo un attimo i miei piedi, come per avere la certezza di essere ancora lì, nel reale, su quel rovente asfalto e, appena alzo lo sguardo … eccolo! Il puntino rosso è ormai una massa informe, ancora indistinta, ma dagli inequivocabili contorni. Finalmente ho capito, il peggiore dei miei incubi è, a questo punto, diventato realtà. Posso sentire i suoi occhi posarsi su di me, mi studia, mi annusa, mi irride, sente la mia paura, ormai divenuta terrore, e si ciba di essa; la sua anima, fredda come l’acciaio penetra in ogni mia giuntura e quasi mi paralizza, quasi mi inchioda al suolo.
Faccio appello a tutta la mia forza di volontà, devo resistere; sembra di correre in un forno, la mia pelle ustionata ed annerita è un ossimoro per il gelo che sento nei visceri. Continuo ad avanzare, ormai è solo inerzia, sono svuotato, non riesco a fare altro: la fine è vicina, la vedo, la sento, un ansimare animalesco, un grugnire trogloditico, un gesticolare insensato, un solo colore copre ormai la mia visuale … Rosso.
Per un istante il tempo si ferma, il mio passo leggero si affianca al suo, al mio più grande incubo: l’Uomo che Corre con il K-Way!!!!!!
Il mio è un rapido cenno con la mano, un saluto veloce e tirato, un ciao a denti stretti come fossi un ventriloquo, quasi cerco di non farmi sentire, di non farmi vedere. Con la coda dell’occhio osservo le sue braccia agitarsi incontrollate, sembra una marionetta guidata da invisibili fili, le sento ghermire l’aria al mio fianco, le sue fauci si spalancano; il suono terrificante devasta i miei timpani: “Sgiaou”, lo sputo corrosivo che segue macchia indelebilmente il selciato, il volto paonazzo rende sbiadito anche il rosso fluo del K-Way.
Un solo istante e, come iniziato, tutto finisce.
Mi ritrovo solo, sulla strada, la mia strada. Il corpo suona un Funky-Jazz dove gli strumenti, a turno, entrano a comporre il ritmo vitale: respiro, passo, cuore, respiro, passo, cuore. Guizzante supero agevolmente l’ultimo tratto che mi separa da casa.
Salvo anche oggi.
Fate attenzione … guardatevi dall’Uomo che Corre con il K-Way.
Una di queste è senza dubbio alcuno quella del “devo sudare per dimagrire” che ha, come pietra miliare indiscussa, proprio la corsa (specialmente con temperature Sahariane), in K-Way, o con pancere varie o con tute ipercoprenti ecc … Beh, inutile dire quanto sia “supercazzola” questo concetto che, oltre ad essere privo di qualsivoglia fondamento scientifico, è anche sfuggente al buonsenso … se rimango tutto il giorno con una tuta in neoprene, sdraiato nel letto, sotto una montagna di coperte mentre mangiucchio una teglia rovente di lasagne, probabilmente suderò come un porco, ma difficilmente andrò a dimagrire, anzi.
A parte le battute è evidente come il dimagrimento, quindi, non sia semplice calo poderale (perdita di peso), bensì modificazione della propria composizione corporea, quindi perdita di grasso. Sudare e non reintegrare i liquidi, oltre ad essere pratica pericolosa per la salute, mi fa vedere, sulla bilancia, forse, di pesare qualche etto in meno, ma non modifica in alcun modo la mia composizione corporea.
Correre ipercoperti può esporre a rischi non indifferenti per la propria salute, mi sembra stupido farlo. Credo che, come sempre, per ottenere qualcosa di buono dall’attività fisica sia sufficiente rivolgersi ad un professionista del settore che, sicuramente, potrà consigliare e/o aiutare a costruire un programma di allenamento che in primo luogo vada a rispettare il benessere di chi lo pratica.
SL.A.
le immagini sono tratte da:
www.vanityfair.it
ladisoccupazioneingegna.wordpress.com
www.runlovers.it
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