Esperienze molto personali.
Mi iscrissi, all’allora Istituto Superiore di Educazione
Fisica, nel lontano 1996, quasi ventitreenne, capellone, abbronzato. Optai per
l’ISEF di Torino, soluzione probabilmente scomoda, ma di assoluto prestigio; fu
un amore lento a sbocciare, quello per l’istituto, ma sostenuto da un
coinvolgimento profondo ed immediato, invece, per la materia studiata: il movimento
umano.Dopo un paio di esperienze universitarie poco edificanti, sentivo e vivevo questa come un’ultima spiaggia (ecco perché mi iscrissi abbronzato, volevo partire col piede giusto), inconsapevole di quanto, al contrario, le carte in tavola possano venire mescolate ed offrire sempre parecchie mani da giocare; ma questa è un’altra storia.
Vivevo il mio rapporto con lo studio in maniera viscerale, dicevamo: mi tuffavo nelle materie teoriche e ricercavo, immediatamente riscontro nella pratica. In poche parole ero scienziato (passatemi il termine, da lì a poco, i sempre più compianti ISEF sarebbero stati trasformati nelle Facoltà di Scienze Motorie), ma allo stesso tempo ero cavia: probabilmente un metodo piuttosto efficace per ottenere un riscontro immediato, un feedback, come i fighi dicono adesso, su ciò che intendevo sperimentare.
Due erano i filoni di studio che più mi intrigavano, quella che veniva chiamata “Ginnastica Correttiva”, un nome che potremo modernamente assemblare alla rieducazione funzionale e all’attività motoria adattata e, soprattutto, “Teoria e Metodologia dell’Allenamento”, i presupposti teorici (e qualche volta anche pratici) alla preparazione atletica (o preparazione fisica, come si preferisce dire adesso).
In questi venti anni, oltre a maturare parecchie altre esperienze di studio (università, corsi privati, master monotematici, Osteopatia, ecc …), ho continuato ad approfondire queste mie “prime passioni”, rendendole intanto una professione, ma soprattutto, cercando di farle mie, di interpretarle personalmente e codificarle, se possiamo dire così, a mia immagine … “Si insegna e si può insegnare solo quello che si è”, dicevano i saggi, questo è quello che cerco di fare, trasferire quello che sono e quello che ho imparato (e che continuo ad imparare) in ciò che voglio trasmettere agli altri e che gli altri vogliono ricevere da me.
Prosegue così questa mia ricerca, uno scambio continuo, dove la crescita comune è l’obiettivo finale. Veniamo alla preparazione atletica.
Quando ho iniziato ad allenare sportivi per compiere una prestazione fisica, perché di questo stiamo parlando, ero molto scolastico; e fiero di esserlo. Ero tutto tabelle, soglie, percentuali e cardiofrequenzimetro: test, risultato, interpretazione, tabella, test. Non si usciva dal seminato e, tutto sommato, anche i risultati venivano fuori. L’impostazione universitaria e anche i corsi frequentati si discostavano poco da questo paradigma, così anche i libri, i testi sacri sulla metodologia dell’allenamento.
Molto bello, ma molto poco soddisfacente, almeno per me.
Iniziai così ad allontanarmi da questo tipo di lavoro, se allenare una persona a dare il meglio era questo, non faceva al caso mio; da buona anima inquieta cercavo molto di più e, parlando sinceramente, tra attività in palestra e studio gli impegni erano già tanti che, potevo fare a meno di allenare. Non abbandonai, però, l'interesse per la metodologia, anzi, imparai a studiarla, imparai a leggere tra le righe e, a pormi delle domande diverse, a chiedermi se la performance non possa essere qualcosa in più, o almeno qualcosa di diverso dal mero risultato di un’operazione matematica, da una percentuale di carico, o di frequenza cardiaca; inizia a prendere forma in me una nuova idea di allenamento, che matura e cresce, adesso, in Stile Libero.
Quest’anno ho ricevuto parecchie richieste come “preparatore atletico”; la cosa mi ha stupito parecchio, primo perché non mi definisco tale (o almeno non tengo a definirmi tale), secondo perché cerco di rimanere fuori dalle logiche dello “sportivo amatoriale, però vorrei vincere, sono disposto a tutto, vorrei allenarmi come un professionista, non vinco perché gli altri si bombano”, terzo perché, come ho detto prima, in passato ho spesso rifiutato (vedi anche secondo motivo) le richieste pervenutami e, in un ambiente piuttosto inflazionato da semi-guru internet-prodotti, da ex-atleti “tu non sei nessuno”, pseudo-preparatori “tu fidati di me, ho lavorato con i migliori”, si esce presto dal giro.
Ho, invece, cercato di costruire delle esperienze molto personali nell’ambito della mia palestra, offrendo quella “preparazione atletica” in maniera poco invasiva, poco da copertina, bramando delle vere e proprie sfide, delle scommesse su cui investire la mia professionalità e poter così ampliare un bagaglio di conoscenza, condividendo delle esperienze che, obbligatoriamente, devono essere formative per l’allenato, ma anche per l’allenatore. Obiettivo? Non creare atleti migliori, questa diventa una conseguenza, ma “persone” migliori (cercate di capire …); il lavoro diventa globale, il lavoro si disegna sulla persona e non su alcuni parametri di essa (come avviene nelle preparazioni “classiche”). Probabilmente questo ha pagato, non so, oppure è stato solo culo, sta di fatto che mi trovo, come vi raccontavo prima, a dover gestire parecchie richieste di allenamento.
Vedremo cosa succederà.
Intanto ho una schiera di fedelissimi atleti, per i quali sono il "Coach" e, insomma, la cosa mi rende fiero, perché, come dicevo, lo scambio è veramente totale, anzi, più che insegnare qualcosa, imparo.
Spero di avervi, almeno un pochino, incuriositi.
Mi trovate in Palestra Stile Libero … fatti non foste ad allenarvi come bruti, ma per seguir preparazione atletica !!!
SL.A.
Le immagini sono tratte da:
dailycrossfit.blogspot.com
www.melty.it
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