Quando l’Allenamento Funzionale … non funziona
Ad un ascolto superficiale potrebbe essere definita
confusione.
La musica attacca le casse con una bordata di
“TriNitroToluene” targata ACDC, un missile a scuotere le fondamenta che, senza
mai stancarsi, sorreggono i vitalissimi 200 metri quadri di Palestra
StileLibero in una serata primaverile qualunque; clangore di spade che cozzano
(una visione romantica del suono squillante di bilancieri e manubri)
accompagnate da trogloditici grugniti e da mantici sbuffanti sono il fragore
che contrasta il poderoso suono emesso dagli altoparlanti.
Quello che si sente non può essere chiamato semplicemente
rumore. È qualcosa in più, un rituale, un liturgico susseguirsi di azioni (più
o meno pensate) che definiamo allenamento.
Tutto scorre normalmente: vedo i volti sudati, le
espressioni vacue che sfidano i bilancieri, il ritmico rimbalzare delle palle
mediche, i salti, gli scatti, la corda che ruota veloce e sibilante, i successi
ed i piccoli fallimenti, corpi che si muovono e corpi che si fermano … fino a
quando una vocina sottile, ma terribilmente aguzza sfonda i miei timpani:
“Faccio questo perché è funzionale”. Un brivido bollente corre lungo la mia
colonna vertebrale, il tempo rallenta tipo Matrix, quando Neo schiva le
pallottole (lui si che era funzionale), mi volto e vedo un accartocciamento di braccia e gambe, arrotate
sopra una fitball mentre cercano di muoverla , troppo grande la palla o troppo
corte le gambe, o forse entrambe le condizioni, non è quello il problema
principale.
“Cosa stai facendo?”
“Boh, l’ho visto fare da una tipa su Instagram. È
allenamento funzionale”
Soffoco un conato.
Sorrido.
Il tutto contemporaneamente.
“Quindi non hai idea di ciò che stai facendo.”
“Sento un po’ male dappertutto, poi la tipa, Una Modella
(sottolineato con enfasi), aveva un gran fisico; è funzionale, quindi funziona”.
Alzata di spalle come dire – cazzo ne capisci tu – .
Sgrano gli occhi.
RiSoffoco il conato.
RiSorrido.
Ancora tutto in contemporanea. Mi sto specializzando.
“Ok, senti, ti spiego”.
Una scena che con varie versioni, purtroppo, si ripete
spesso.
Allora partiamo da ciò che ritengo possa essere
“Allenamento Funzionale” e poi vediamo di capirci qualcosa.
L’Allenamento Funzionale è una qualsiasi modalità di
allenamento (e ci tengo a sottolineare qualsiasi, con buona pace di tutti i
Crossfitter de no’artri) utile ad implementare la capacità di svolgere le
attività fisiche quotidiane, lavoro o sport che siano, utilizzando un approccio
globale al condizionamento o, eventualmente, alla rieducazione o riabilitazione
post infortunio.
Si, capisco, come al solito provare a dare delle
definizioni a qualcosa di così complesso è impresa titanica e di sicuro
insuccesso, ma se non altro, mette qualche piccolo paletto a ciò di cui stiamo
parlando.
“ Tutto è funzionale, nulla è funzionale, è il programma
che rende l’allenamento funzionale”; provando a parafrasare Paracelso (tutto è
veleno, nulla è veleno, è la dose che fa il veleno), scopriamo una parola importante
– programma – evidenziando così come l’allenamento funzionale non sia una
sommatoria di movimenti più o meno stravaganti (you tube docet), bensì lo
studio e la creazione di una ben precisa strada da seguire, disegnata sulle
esigenze, sulla struttura, sul modo di porsi, sui desideri, ecc … dell’utente
che stiamo allenando.
I “sacri testi” evidenziano delle linee guida per la
costruzione di un programma di allenamento funzionale [1]:
Ø Definizione
di un obiettivo
Ø Valutazione
Ø Ricerca
di stabilità e del bilanciamento muscolare
Ø Ricerca
di mobilità e dell’arco di movimento utile
Ø Ricordo
dei 7 movimenti primordiali (ogni movimento che il nostro corpo è in grado di
compiere può essere scomposto in uno o più movimenti fondamentali:
accovacciarsi, inginocchiarsi compiendo un passo avanti, spingere, tirare,
chinarsi, girarsi, camminare o correre (o qualunque forma di andatura
terrestre)
Ø Ricerca
di adeguati livelli di forza e potenza
Ø Integrazione
di tutti gli elementi
Ecco come l’allenamento funzionale prende vita in maniera
più precisa, esulando da improbabili video dove il belloccio di turno asseconda
i desideri della cyber-folla esibendo evoluzioni degne del Circo Togni, ma
funzionali come un dito in un occhio. Nulla da stupirsi, i Freak Show hanno
sempre attirato e continuano a farlo, evidentemente, numeroso e festante
pubblico.
Viste le linee guida diventa interessante anche delineare
le basi del programma di allenamento funzionale [1-2]:
Basi: core (enfasi su esercizi che attivino o meglio,
pre-attivino, la muscolatura profonda, migliorando la connessione tra “estremità
superiori” ed “estremità inferiori” del corpo, evitando sprechi di energia e
consentendo la trasmissione del carico attraverso il sistema), postura
dinamica, equilibrio (e disequilibrio), trasferimento dell’energia (attraverso
il core, tra “sopra” e “sotto” e viceversa), gravità, tridimensionalità.
Viene da sé come la proposta di esercizi possa dunque
arricchirsi di peculiarità. Porre enfasi sul core, su l’esecuzione di movimenti
multiplanari e multiarticolari compiuti a diverse velocità e in condizioni di
precario equilibrio utilizzando gli arti in maniera asimmetrica e ricorrendo a
schemi motori “incrociati” (il core punto di torsione di uno schema motorio
incrociato spontaneo come la corsa, per esempio) acquista come obiettivo ultimo
la ricerca di rendere allenabili e adattabili tutte le componenti della performance,
per tutti i tipi di performance. Differenziare ogni intervento per ogni
persona: allenare la funzionalità dell’atleta e quella della signora che vuole
portare senza soffrire le borse della spesa, ad esempio; esigenze diverse, ma
obiettivo finale unico, essere più “performanti” in ciò che si vuole fare;
specificità, ma allo stesso tempo multilateralità di proposte, per ampliare il
più possibile il patrimonio motorio e, quindi, le situazioni allenanti. Il
concetto di funzione utilizza quindi un approccio integrato, opposto ad “isolato”;
allenare secondo la funzione significa allenare con variazioni per ottenere un
obiettivo specifico sfruttando così la “saggezza” del corpo [3]. Costruire allenabilità
e non solo allenamento [1], per garantire possibilità di progredire e favorire
una migliore connessione corpo – mente (respirazione, controllo, precisione, concentrazione).
Detto ciò vediamo come perdono un po’ senso tutti i vari
corsi di “Funzionale” che prendono misteriosamente (magie del marketing) vita
nelle palestre. Proporre una routine di esercizi ad un gruppo eterogeneo di
persone può essere utile, forse, a livello generale (stato di forma, benessere),
ma smarrisce l’obiettivo per il quale è stato costituito: l’Allenamento Funzionale
… NON Funziona.
Così come perdono un po’ di ragione d’essere quelle discipline
(qualcuno li chiama sport …) nate da un’estremizzazione del Functional
Training, il CrossFit per esempio (notate come sono passato a terminologie
anglofone, per non stonare citando il CrossFit ;-) ), dove l’esecuzione fine a
se stessa (e il mega giro di parole al vento ad ingigantire il business legato ad un marchio) predomina decisamente sulla qualità del movimento sulla specificità
dello stesso e sull’individualizzazione del programma. Tutto fuorché “Functional”,
insomma.
Torniamo a noi.
Allenare è difficile.
Processo creativo su base scientifica, che richiede
fantasia ed entusiasmo. Questo vuol dire allenare. Dietro ad ogni allenamento
ci deve essere un pensiero, una riflessione, una serie di domande alle quali l’allenamento
stesso deve essere la risposta. Od il tentativo di risposta.
La bellezza nell’affrontare la costruzione di un
programma di allenamento è la sfida che esso propone. Significa inserirsi
(empaticamente parlando) nella vita di un’altra persona e da questa provare a
tirare fuori il meglio (educare – e-ducere, condurre fuori), che sia un
triathlon IronMan o semplicemente salire le scale senza fiatone, che sia
disegnare un fisico possente e muscoloso o un cuore e una mente capaci di
sopportare ore di corsa nei sentieri. Questo è allenare; i giocolieri del web
li lasciamo roteare i loro sacchi di sabbia o sollevarsi in verticale sul dito
indice come Kenshiro, non ci interessa. Noi apriamo i libri, mettiamo in
pratica, studiamo, leggiamo, ci muoviamo, facciamo muovere, possibilmente
sempre sorridendo, perché vivere è un regalo che merita un sorriso.
Non fermatevi alle apparenze, come sempre l’informazione
non è conoscenza.
SL.A.
Prima che una persona studi lo Zen,
i monti sono monti e le acque sono acque; dopo una prima occhiata alla verità dello Zen,
i monti non sono più monti e le acque non sono più acque.
Dopo l’illuminazione, i monti tornano a essere monti e le acque a essere acque.
Detto Zen
i monti sono monti e le acque sono acque; dopo una prima occhiata alla verità dello Zen,
i monti non sono più monti e le acque non sono più acque.
Dopo l’illuminazione, i monti tornano a essere monti e le acque a essere acque.
Detto Zen
Bibliografia:
[1] Muovere l'allenamento - Alberto Andorlini - Ed.Correre 2013
[2] Avanzamenti nell'allenamento funzionale - Michael Boyle - Sandro Ciccarelli editore - 2012
[3] Lo sviluppo atletico - Vern Gambetta - CalzettiMariucci ed. - 2013
Immagini:
Pagina Facebook: Sognatori che affollano le palestre a giugno in cerca di miracoli
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