>KIME E OSTEOPATIA
– IL KIME TERAPEUTICO<
Tatsugami Roshi ha detto: “La tigre caccia il topo con tutta la sua
forza, non ignora nemmeno il più piccolo animale. Il modo con cui cattura un
topo ed il modo con cui cattura una mucca è lo stesso”.
Non è un mistero che intraprendere lo studio e la pratica di un’Arte
Marziale sia soprattutto un coinvolgente viaggio interiore, donando rara
capacità di auto-osservazione profonda e un percorso di miglioramento personale
a chiunque affronti la “Via” (Do) con il dovuto impegno e rispetto. L’affascinante
misticismo che, come un alone etereo circonda il mondo orientale, offre ulteriori
possibilità, un punto di vista laterale, una particolare qualità di analisi
della propria vita e, nel particolare di questo scritto, del proprio lavoro.
Chiunque abbia un pochino di dimestichezza con il Karate-Do, ha sentito, almeno una volta, il termine “Kime”.
Ogni volta che sento questa parola ho come un ribollire interiore, un qualcosa di poco definibile che scatta dentro di me; il “Kime” c’è, esiste, è ben presente, ma non si vede; si percepisce, si “sente”, ma con quel modo di ascoltare che è tanto caro anche a noi Osteopati, talmente leggero da essere quasi intuizione, talmente profondo da diventare conoscenza.
Chiunque abbia un pochino di dimestichezza con il Karate-Do, ha sentito, almeno una volta, il termine “Kime”.
Ogni volta che sento questa parola ho come un ribollire interiore, un qualcosa di poco definibile che scatta dentro di me; il “Kime” c’è, esiste, è ben presente, ma non si vede; si percepisce, si “sente”, ma con quel modo di ascoltare che è tanto caro anche a noi Osteopati, talmente leggero da essere quasi intuizione, talmente profondo da diventare conoscenza.
“Che debbo dunque fare?” Chiesi pensieroso.
“Imparare la giusta attesa”.
“E come si impara?”
“Staccandosi da se stesso, lasciandosi dietro tanto decisamente se
stesso e tutto ciò che è suo, che di lei non rimanga altro che una tensione
senza intenzione” – Tratto da “Lo Zen e il tiro con l’arco”.
Come declinarlo da un punto di vista terapeutico?
Andiamo con ordine e, con l’aiuto di un po’ di bibliografia proviamo a definire il “Kime” analizzando le seguenti definizioni virgolettate.
“Kime決め è un
termine giapponese che indica “concentrazione totale”, o “concentrazione in un
singolo punto”. Incanalare il potere della mente in una sola azione, come ad
esempio una tecnica marziale in cui ci si gioca il tutto per tutto.
Chiunque ha dimestichezza con i felini sa che quando giocano lo fanno con la massima concentrazione. Quando si rilassano al sole, tutto il loro essere è sdraiato al caldo.
Chiunque abbia mai visto un gatto che punta una preda, e come si muova con risolutezza e concentrazione assoluta sul suo obiettivo, ha visto una manifestazione reale del Kime”.
www.karatedomagazine.com
Chiunque ha dimestichezza con i felini sa che quando giocano lo fanno con la massima concentrazione. Quando si rilassano al sole, tutto il loro essere è sdraiato al caldo.
Chiunque abbia mai visto un gatto che punta una preda, e come si muova con risolutezza e concentrazione assoluta sul suo obiettivo, ha visto una manifestazione reale del Kime”.
www.karatedomagazine.com
“Si sente spesso che il karate ha come finalità quella
di vincere se stessi. Questa formulazione però è ingannevole: vincere se stessi
è necessario solo in quei campi dove non può esserci apprendimento senza questa
condizione. E’ una condizione che definisco superiore. L’esempio più semplice è
quello dello tsuki (pugno) dove occorre oltrepassare il proprio limite per
arrivare al Kime. Per superare
questo limite occorre fare un lavoro sia fisico che mentale intenso che porti
verso il progresso completo, fisico e mentale. Detto questo è importante
ricordarsi che un lavoro, ad esempio eseguito sotto tensione, potrebbe non
avere come scopo la tensione permanente ma al contrario la distensione.
Per procedere con un lavoro che miri al superamento di se stessi non è possibile concentrarsi solo sul lavoro fisico, ma nemmeno dare alla ricerca del karate una connotazione religiosa. Lo scopo del superamento può essere invece perseguito attraverso la meditazione Zen. Nel karate si parte da concreti movimenti corporei che ovviamente non hanno come finalità uno scopo troppo astratto. Il risveglio (satori) va di pari passo con la pratica; in questo il karate si collega alla meditazione Zen.
Attualmente non abbiamo occasione di verificare praticamente l’efficacia del nostro karate perché non viviamo più in un tempo in cui era possibile fare duelli o combattimenti singoli. La ricerca del perfezionamento dell’efficacia del combattimento avrà quindi un senso solo quando sarà interiorizzata. In combattimento, durante l’allenamento, ciò che conta non sono i punti, ma la qualità del dominio di se stessi e dell’avversario.
Non vincere dopo aver colpito: colpisci dopo aver vinto”. https://laviadelchi.wordpress.com
Per procedere con un lavoro che miri al superamento di se stessi non è possibile concentrarsi solo sul lavoro fisico, ma nemmeno dare alla ricerca del karate una connotazione religiosa. Lo scopo del superamento può essere invece perseguito attraverso la meditazione Zen. Nel karate si parte da concreti movimenti corporei che ovviamente non hanno come finalità uno scopo troppo astratto. Il risveglio (satori) va di pari passo con la pratica; in questo il karate si collega alla meditazione Zen.
Attualmente non abbiamo occasione di verificare praticamente l’efficacia del nostro karate perché non viviamo più in un tempo in cui era possibile fare duelli o combattimenti singoli. La ricerca del perfezionamento dell’efficacia del combattimento avrà quindi un senso solo quando sarà interiorizzata. In combattimento, durante l’allenamento, ciò che conta non sono i punti, ma la qualità del dominio di se stessi e dell’avversario.
Non vincere dopo aver colpito: colpisci dopo aver vinto”. https://laviadelchi.wordpress.com
"Kime
è il Ki finalizzato all'azione,
ovvero l'espressione dell'energia interiore in una azione fulminea concentrando
tutte le proprie energie in un movimento come se "non vi fosse
domani", cioè senza pensare a nulla (né al passato né al futuro), Kime quindi si può definire come <estrema
decisione>” www. judoclubgenova.it
“Kime
è l'energia (Ki) fisica e mentale
guidata dalla massima decisione: l'espressione e la fusione dell'energia fisica
e interiore concentrata in un'azione unica, come se non ci fosse -ne ieri e ne
domani-". www.accademiaokugiryuitalia.it
“Quando mi viene chiesto di fare delle comparazioni
tra la differenza che passa fra il Ki e
il Kime mi piace delineare questi
aspetti nel seguente modo: <il Ki
è l’energia ipotizzata, mentre il Kime è l’applicazione delle nostre
capacità, è la cartina a tornasole di tale teorema, il Ki è la teoria e il Kime
è la pratica”. http://accademiaokugiryuitalia.it
“Non
si deve commettere l’errore di confondere Kime con rigidità. Il Kime è presente in tutta la tecnica, e
ne permea anche i movimenti più lenti e morbidi che devono risultare sempre pieni”.
www.kendo-cik.it
Wow.
È evidente l’impossibilità di definire in modo univoco questo concetto; quello che traspare è come il “Kime” estrinsechi il suo essere nella libertà e nella concretezza dell’azione, fino a diventare efficacia; come richieda una presenza, anzi, una presenza decisa (intenzione) e totale nel momento, qui e ora e, quindi, in ogni momento, in qualsiasi momento; come sia una focalizzazione di una energia primordiale (primaria) di conseguenza una parte del proprio essere; come, allo stesso tempo, abbia bisogno di “MuShin” (No Mente – Mente senza Mente), quell’attimo di nulla, di vuoto (quiete), che permetta la materializzazione di ciò che è spirituale.
Possiamo vederlo, dunque, come un “atto che esprime una forza universale”, un istante prolungato di pace assoluta con se stessi, una vera e propria manifestazione dell’essenza più profonda di ognuno di noi; il “Kime” è forza vitale che si manifesta, positiva ed incondizionata. Il “Kime” è vita.
È possibile ritrovare questo “atto che esprime una forza universale” nell’approccio terapeutico?
Evidentemente la risposta è positiva, più che positiva.
Il “Kime” marziale viene veicolato attraverso l’attività muscolare in un colpo o in una parata e attraverso l’intenzione manifesta la sua efficacia; lì esprime il suo essere. Il “Kime” terapeutico viene condotto alle mani dell’Osteopata e da queste alla persona che vi si affida, tramite il “tocco” e l’intenzione di cura; lì esprime il suo essere.
È evidente l’impossibilità di definire in modo univoco questo concetto; quello che traspare è come il “Kime” estrinsechi il suo essere nella libertà e nella concretezza dell’azione, fino a diventare efficacia; come richieda una presenza, anzi, una presenza decisa (intenzione) e totale nel momento, qui e ora e, quindi, in ogni momento, in qualsiasi momento; come sia una focalizzazione di una energia primordiale (primaria) di conseguenza una parte del proprio essere; come, allo stesso tempo, abbia bisogno di “MuShin” (No Mente – Mente senza Mente), quell’attimo di nulla, di vuoto (quiete), che permetta la materializzazione di ciò che è spirituale.
Possiamo vederlo, dunque, come un “atto che esprime una forza universale”, un istante prolungato di pace assoluta con se stessi, una vera e propria manifestazione dell’essenza più profonda di ognuno di noi; il “Kime” è forza vitale che si manifesta, positiva ed incondizionata. Il “Kime” è vita.
È possibile ritrovare questo “atto che esprime una forza universale” nell’approccio terapeutico?
Evidentemente la risposta è positiva, più che positiva.
Il “Kime” marziale viene veicolato attraverso l’attività muscolare in un colpo o in una parata e attraverso l’intenzione manifesta la sua efficacia; lì esprime il suo essere. Il “Kime” terapeutico viene condotto alle mani dell’Osteopata e da queste alla persona che vi si affida, tramite il “tocco” e l’intenzione di cura; lì esprime il suo essere.
“… Hai la sensazione di essere stato toccato da qualcosa
d’altro, qualcosa di diverso dalla normale percezione”. Descrizioni di
trattamenti Osteopatici.
Il “Kime” terapeutico essendo la manifestazione pratica di una forma energetica permette di sviluppare la capacità di connettersi con la Salute nascosta in chi a noi si affida fornendogli, al contempo, la capacità di utilizzare questo potenziale. Si lavora ad un livello percettivo superiore in quanto la nostra “presenza Osteopatica” è più forte, più precisa, entra più in profondità; è intensa ed intenzionale, senza volerlo essere; è la quiete da cui scaturisce il tutto.
Questo tipo di lavoro richiede una certa apertura di cuore, una certa amorevolezza (Magokoro) e si declina perfettamente nell’Osteopatia Biodinamica, metodica che si concentra su come lavora il nostro corpo a livelli molto sottili.
I ritmi che creano l’intero sistema respiratorio primario e quindi la vita emergono dal centro del nostro essere così come il “Kime”; dobbiamo solo farli incontrare e vibrare all’unisono; non è facile, è piuttosto stancante, ma quando succede è un’esperienza unica, sia per chi la riceve, sia per chi la offre.
La via Marziale e la Via Osteopatica come miglioramento di sé.
Il “Kime” terapeutico essendo la manifestazione pratica di una forma energetica permette di sviluppare la capacità di connettersi con la Salute nascosta in chi a noi si affida fornendogli, al contempo, la capacità di utilizzare questo potenziale. Si lavora ad un livello percettivo superiore in quanto la nostra “presenza Osteopatica” è più forte, più precisa, entra più in profondità; è intensa ed intenzionale, senza volerlo essere; è la quiete da cui scaturisce il tutto.
Questo tipo di lavoro richiede una certa apertura di cuore, una certa amorevolezza (Magokoro) e si declina perfettamente nell’Osteopatia Biodinamica, metodica che si concentra su come lavora il nostro corpo a livelli molto sottili.
I ritmi che creano l’intero sistema respiratorio primario e quindi la vita emergono dal centro del nostro essere così come il “Kime”; dobbiamo solo farli incontrare e vibrare all’unisono; non è facile, è piuttosto stancante, ma quando succede è un’esperienza unica, sia per chi la riceve, sia per chi la offre.
La via Marziale e la Via Osteopatica come miglioramento di sé.
“Non importa cosa stia succedendo al paziente, se lo
tratti con questo riguardo positivo ed incondizionato qualcosa accade. Questo non
significa essere sempre gentili, questo vuol dire che si può essere anche duri
con una persona mantenendo nel contempo un atteggiamento di riguardo positivo
ed incondizionato”. Carl Rogers
“Le nostre dita vogliono dare pace al corpo. Se non
avete questa pace interiore risulterete aggressivi”. J.P.Barral
“Lascio andare tutti i pensieri, chiudo gli occhi e apro
il cuore. Mi perdo in quell’attimo di nulla per ritrovarmi presente. Appoggio
le mani, leggero, profondo.” Fede
SL.A.
Fonti consultate:
www.karatedomagazine.com
https://laviadelchi.wordpress.comwww.judoclubgenova.it
www.accademiaokugiryuitalia.it
www.kendo-cik.it
Appunt delle lezondi di Osteopatia Biodinamica - Franco Maiuri DO
"Lo Zen e il tiro con l'arco" - Herrigel - Adelphi
Immagni:
reikinet.it(modificata)
https://markmanson.net
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