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martedì 17 ottobre 2017

Salta la corda Slotty



“Salta la corda Slotty”

Celebre frase di uno dei film che, senza alcun dubbio, ha segnato un’epoca e una generazione.
Era il 1985 e quell’innocente “Salta la corda” rappresentava una normalità fin troppo normale per ragazzi, fortunatamente, cresciuti “in mezzo ad una strada”, tra cortili e macchine posteggiate, tra interminabili partite di pallone e infinite avventure arrampicati sugli alberi o nascosti in qualche tugurio abbandonato, dove era facile diventare “Cow Boy”, “Indiani”, “Pirati” o “Moschettieri”, spesso addirittura tutti nella stessa storia.
“Salta la corda” era la quotidianità.
Era.
In, relativamente, pochissimo tempo si è presentata un’involuzione delle capacità motorie da mettere i brividi, una sorta di sedazione neuromuscolare dalle ipotizzabili cause, ma di difficile risoluzione.
L’Italia ha scelto la via della “Ineducazione Motoria”, la scuola abbandona un progetto sensato di sviluppo del giovane evitando di investire sul movimento mentre l’università, nella fattispecie le facoltà di Scienze Motorie, si accontenta di sfornare disillusi disoccupati dalla traballante preparazione teorica e dall’inesistente qualità pratica. Il tutto condito da una fretta di soluzioni, da una ricerca di immediatezza e superficialità di risposta, da una “iper-comodità” tecnologica e, purtroppo, da un imperante menefreghismo.
Inibire il desiderio, innato, motorio dei giovani, soprattutto nella sua porzione educativa (non necessariamente sportiva, anzi, direi non sportiva) è un delitto che, inevitabilmente, i ragazzi pagheranno in futuro. Quanti “sportivi a quarant’anni” vedo incespicare in giro, con tanta volontà e poche basi, dispersi ad inseguire l’uscita da un labirinto senza uscite … se tanto mi da tanto, il futuro non ci riserva nulla di roseo.
Immaginate una palazzo fatto di tanti piani. Ogni piano ha delle finestre più o meno grandi dal basso, finestre enormi, fino in cima, finestre più piccole. Ecco, quel palazzo sono le capacità motorie acquisite in una vita: chi compie movimento da piccolo avrà dei finestroni belli grandi ai piani bassi; se manterrà la passione per l’attività fisica continuerà ad arricchire di finestre tutti i piani, fino alla vecchiaia. Viceversa, chi inizia a muoversi tardi, avrà le sue finestrine in alto, ma i piani bassi saranno oscurati. Non è difficile capire quale palazzo sarà più luminoso, vero? Muoversi in tenera età, specialmente in maniera multilaterale, può aiutare a disegnare (insieme a molti altri parametri) il “palazzo motorio” più luminoso e maestoso possibile.
Tutto ciò, a cascata, porta a benefici SICURI in termini di salute e aspettativa di vita.
Attualmente l’inattività fisica è identificata a livello globale come il quarto più importante fattore di rischio per la mortalità [1].
Ogni anno, infatti, in tutta Europa si verificano un milione di decessi (il 10% circa del totale) causati proprio dalla mancanza di attività fisica. Si stima che all'inattività fisi­ca siano imputabili il 5% delle affezioni coronariche, il 7% del diabete di tipo 2, il 9% dei tumori al seno e il 10% dei tumori del colon. Inoltre, molti paesi della regione hanno visto le percentuali relative al numero di persone sovrappeso e obese aumentare negli ultimi decen­ni. I dati sono allarmanti: in 46 paesi (l'87% dell'Europa), oltre la metà degli adulti sono in sovrappeso o sono obesi, ed in diversi casi si arriva a sfiorare il 70% della popolazione adulta [2].

Occorre un reset generale.
Obbligatorietà del movimento sin da molto piccoli; dare dignità al corso di laurea in scienze motorie, anche con programmi innovativi e brillanti, che mettano il movimento al centro come obiettivo primario, con una imponente mole di studio teorica, ma accompagnata da un’immersione decisa nella pratica; annichilimento del Coni e del potere di tutte le federazioni ad esso collegate, ormai semplicemente imprese commerciali, rendendole esclusivamente garanti delle competizioni  sportive; valorizzazione tramite responsabilità del laureato in scienze motorie che, a questo punto, deve rimboccarsi le maniche e dimostrare con i fatti la propria competenza; implementare le ore di attività motoria scolastica, non più oretta per sfogarsi o ripassare, ma renderla materia di studio a tutti gli effetti, abbinando la parte pratica a quella teorica; valutazione del corpo docente, evito commenti in merito (sarebbero pessimi), e rinnovamento dei programmi ministeriali …
La situazione attuale sta diventando insostenibile; c’è tanto da poter fare, ma poco tempo per farlo.
Come sempre le soluzioni immediate e veloci non portano a nulla, ci si deve impegnare nella creazione di un programma mirato alla salute e alla prevenzione, puntando sulle peculiarità dell’attività motoria che, ci tengo a sottolinearlo, non è sport.
SL.A.


Immagini tratte da:
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Dati ISTAT

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