LA POSTURA NELLA CORSA, LA POSTURA DELLA CORSA: REALTA’ O
FANTASIA?
In cosa consiste il mio lavoro? Se dovessi definirlo
nella maniera più concisa possibile, mantenendo comunque una certa precisione,
direi senza dubbio che ho il privilegio di “occuparmi delle persone”.
Noterete che ho preferito non sbilanciarmi parlando di
salute o di malattia delle persone, per tutta una serie di motivi che in parte
sono già stati discussi qui: http://www.stileliberoacademy.blogspot.it/search/label/Salute
Sinceramente quando ho iniziato, circa 20 anni fa, il
viaggio per intraprendere questa professione, non avrei mai immaginato un
epilogo del genere, o meglio, non pensavo minimamente alle implicazioni che un
percorso del genere potessero avere in tal senso.
Occuparsi delle persone può voler dire tutto o niente, il
bello delle definizioni è proprio questo, riempiono uno spazio, ma hanno la
possibilità di farti rimanere così nel vago da illudere di aver capito, anche
quando non si ha capito nulla. Nel mio caso occuparsi delle persone, invece,
acquista un valore molto preciso, definisce un percorso, un progetto che vuole
portare chi lo intraprende a raggiungere una nuova consapevolezza, sia essa di
prestazione (fisica, atletica, estetica, funzionale) che semplicemente (!) di
benessere. Mi rendo conto che il discorso sia piuttosto presuntuoso, ma a
questo punto mi sembra inutile nascondersi dietro ad un dito, anzi, credo sia
opportuno giocare a carte scoperte e, con tutti i limiti di ogni caso, ambire
sempre al massimo raggiungibile, senza superbia, ma con assoluta fiducia nei
propri mezzi.
Siccome ho già accennato il mio pensiero sull’allenamento
e le sue varie declinazioni in altre occasioni, mi concentro qui su di un mondo
che è costruito essenzialmente su di una parola sola, ma che nasconde dietro di
essa un caleidoscopio di interpretazioni difficilmente inquadrabile; stiamo
parlando di un termine che, almeno una volta, è stato pronunciato da tutti,
signore e signori, ecco a voi miss “Postura” !!!! (standing ovation).
Ogni problematica algica a carico della “struttura”
corporea (per semplificare generalmente intendiamo con struttura l’apparato
osteo-muscolare) viene ricondotta spesso, dai professionisti del settore, a
questa unica parola: “Postura”. E’ una semplificazione, un estremismo, quindi è
un’esasperazione di un concetto che potrebbe anche avere un fondo di verità. Il
discorso a questo punto diventerebbe lungo e, forse, un po’ troppo tecnico,
così, complici i ragazzi del nostro gruppo di corsa, mi soffermo su di una
particolare accezione del termine postura, quella che la abbina al running
appunto. Dopo la mezza maratona di qualche giorno fa, numerosi sono stati i
commenti, anche, ma non solo, tra il nostro gruppo: “ho visto molta gente
correre male! Hai visto come correvano i primi!!! Secondo me i peggiori erano …
“ la cosa non mi ha sorpreso, ho notato parecchi individui caracollanti anche
io, ma ha dato adito ad alcune riflessioni.
Come si dovrebbe correre? Quanto influisce l’assetto
corporeo sulla prestazione podistica? Esiste una postura ideale per correre?
Siccome il nostro obiettivo è quello di “formare”
sportivi e non atleti, è quello di indicare una via e non una meta, è quello di
costruire delle basi e non degli apici, è quello di offrire la possibilità di
attingere dai propri mezzi sfruttandoli al massimo e non di provare a sfruttare
mezzi che non si hanno, in sintesi promuovere un’attività motoria che in primis
migliori le proprie condizioni di vita e che non sia mera (pur rispettabile)
rincorsa alla performance, capite subito come l’argomento ci tocchi molto da
vicino; abbiamo già fatto qualche approfondimento qui: http://www.stileliberoacademy.blogspot.it/search/label/Corsa%20Naturale
legato più che altro alla corsa “naturale” (di ispirazione barefoot), siamo
dunque pronti per provare a completare il discorso.
Partiamo dalla definizione di postura. In letteratura se
ne trovano parecchie, una che può calzare all’interno del ragionamento che
stiamo per iniziare è: “Posizione ed
espressione che il corpo assume nello spazio, secondo uno schema individuale,
grazie all’attività della muscolatura tonica con funzione antigravitaria e con
forte significato biomeccanico/anatomico, psicologico, sociale, emozionale e
simbolico” (Buzzi-Guidi Fabbri).
Anche in questo caso, nonostante la definizione sia molto
dettagliata, si rimane un po’ con quell’idea confusa e stranita di sapere tutto
e di non sapere nulla.
Urge una spiegazione, quindi un piccolo salto indietro.
Il corpo, macchina perfetta che rappresenta la condizione
fisica dell’io, della personalità dell’individuo, è sempre stato concepito in
termini strettamente analitici, il dualismo cartesiano corpo-mente ha
condizionato e purtroppo in molti casi continua a farlo, lo studio
dell’individuo e delle sue potenzialità. La postura, considerata ancora
esclusivamente anatomia-dipendente risente in maniera particolare di questa concezione
meccanicistica, il corpo viene paragonato ad un insieme di leve, cerniere e
muscoli, evitando di prendere in considerazione tutto l’insieme dell’uomo, una
integrazione indissociabile tra struttura, funzione e psichismo.
A nostro avviso è necessario fare un poderoso passo in
avanti rispetto a tutto ciò, ritornando (eh si, ritornando …) a considerare
l’individuo come entità globale e, quindi in questo caso, la sua motricità,
frutto di quello che possiamo definire un “insieme” integrato, dove ogni suo
organo o funzione è totalmente compartecipe e adattato agli stimoli sensitivi,
motori ed emozionali che lo coinvolgono.
Interessante in questo senso è il tentativo di
definizione ed inquadramento del termine postura di Cabella-Canepa-Molfetta : “il modo in cui l’individuo manifesta la propria presenza al mondo (in
funzione della propria autoconsiderazione ed in relazione al rapporto con altri),
organizzando nelle varie situazioni statiche e dinamiche il proprio equilibrio
segmentario, contrastando la forza di gravità e predisponendosi nel modo
migliore all’azione, manifestando costantemente, infine, la propria sensibilità
e gli elementi volitivi ed emozionali del proprio essere”.
La postura è dunque un fenomeno sociale, una
manifestazione dei bisogni di espressione e comunicazione; gli atteggiamenti
possono essere naturali o convenzionali, ma esprimono sempre una maniera di
essere di fronte agli altri.
Visto come si complica il discorso? Ci distanziamo molto
da quell’immaginifico “posizione ottimale
del corpo nello spazio”, dal classico, ma sempre trendy “tieni la schiena dritta”, rendendo
labili anche i confini tra postura corretta e scorretta (o quantomeno labili i
confini tra questi due termini) e tendendo sempre più verso un insieme
perfettamente integrato di dati di equilibrio e disequilibrio, stabilità ed
instabilità, armonia funzionale, economia e confort (assenza di dolore), consentendo
una naturalezza dinamica quanto maggiore possibile, rendendo dunque l’organismo
in toto ottimamente predisposto al movimento. Il tutto fuso e perfezionato dal
nostro modo di essere e di vivere ogni istante, il qui e ora che deve pervadere
ogni nostro movimento, ogni nostro pensiero.
Ma dobbiamo parlare anche di corsa, vero? Quindi chiudo
qui tutta l’affascinante parte dell’educazione posturale, non c’è tempo e
spazio per poterla trattare adesso, mi riprometto di farlo in futuro, ci
serviva però inquadrare il significato di postura per poterlo applicare
all’uomo che corre.
Correre è un atto
semplice, naturale.
A correre si impara
da soli, ma la parte interessante è l’imparare a correre in maniera funzionale.
Cosa vuol dire? Semplicemente saper adattare il movimento “corsa” (la meccanica
della corsa) alle varie, diverse occasioni che ci troviamo ad affrontare. Una
gara sui 100 metri (o semplicemente la corsa per prendere il treno in orario)
richiederà adattamenti decisamente diversi rispetto ad una maratona. La postura
del corpo che corre, pur mantenendo il gesto piuttosto simile (a chi osserva da
fuori), sarà estremamente diversa nei due casi dell’esempio, oltre che essere
estremamente diversa (pur mantenendo dei “paletti” tecnici) da persona a
persona.
Non siamo qui per
dare consigli su come tenere il busto durante la corsa o su come muovere le
braccia, si scontrerebbe un po’ con il significato di postura delineato
poc’anzi, troverete in fondo consigli su letture e siti internet che vi
potranno aiutare in tal senso, diciamo solamente che la corsa funzionale è
quella che, per ogni occasione, in maniera del tutto naturale (corsa
naturale!!!) adegua la spesa energetica e dunque armonizza perfettamente il
rapporto tra frequenza del passo e ampiezza della falcata, riducendo al minimo
tutti i movimenti non necessari (eccessiva oscillazioni delle braccia,
movimenti inconsulti di tronco, spalle e capo, ecc …). La corsa funzionale
permette di avere scioltezza, agilità e rilassatezza nel movimento, adeguandolo
alle necessità del caso. Ci rende, inoltre, “belli” da vedere dall’esterno, la
nostra “postura” risulta maggiormente finalizzata a ciò che andiamo a compiere,
rendendo il nostro tutt’uno che si muove efficace ed efficiente (in maniera
dipendente dal nostro grado di allenamento, ovvio).
La letteratura ci viene incontro stabilendo dei criteri; da osservazioni fatte in moltissimi podisti, si
sono riscontrati diversi modi di correre: corsa con il busto inclinato troppo
in avanti, corsa con un movimento rigido delle braccia, quasi bloccate, corsa
“seduta” in cui il podista anche nei momenti di massima spinta, tiene il
ginocchio piegato, corsa con appoggio frenato (l’appoggio avviene in maniera
preponderante con il tallone), corsa con passi troppo lunghi e, quindi, con un
eccessivo tempo di volo; corsa con spinta eccessiva quindi troppo saltata.
Il movimento umano
e quindi anche la corsa, è un’espressione del pensiero, cioè espressione di un
moto di natura interiore, di una volontà finalizzata che non esaurisce la propria
funzione solo nel momento in cui si attua, ma trascende i limiti stessi del
corpo. E’ una risposta del sistema nervoso a stimoli di carattere
propriocettivo ed esterocettivo, grazie ai quali l’organismo cerca di adattarsi
al suo ambiente, regolando e variando costantemente il suo comportamento
motorio, il tutto accompagnato e modulato da una sorta di integrazione
psico-emozionale che implica, inevitabilmente, la partecipazione della
personalità di chi lo compie.
Come possiamo avere
la presunzione di consigliare una determinata postura mentre si corre, se la
definizione di postura stessa e quella di movimento (ma avete visto quanti
punti in comune hanno?), prendono origine dalla persona che li attua? Non è
sicuramente facile, forse non è nemmeno corretto; ovviamente se correre in un
certo modo provoca problematiche fisiche particolari si cerca di intervenire in
tal senso, anche se io non amo mai correggere “prepotentemente”, anzi,
preferisco una scoperta personale, un’esplorazione profonda nel campo della
motricità che possa portare chi la compie a conoscersi meglio e, chissà, magari
a rendere maggiormente funzionale l’atto di correre, modificando nel contempo
una postura che, secondo i canoni della letteratura in proposito, risulta
inadeguata. Il tutto, se siete stati attenti lo capite benissimo da soli,
avviene attraverso una cambiamento (una maggior consapevolezza?) del proprio
essere.
Qual è la nostra
idea, dunque, di corsa naturale o corsa funzionale, in rapporto a tutto quello
detto finora?
Come al solito ci
rifacciamo al passato, all’uomo che, naturalmente, correva per vivere o per
sopravvivere, ad una corsa che sfrutti il piede al massimo delle sue
potenzialità e che riscopra, quindi, un’ancestrale desiderio di movimento in
chi la compie, un movimento che sia benessere come obiettivo principale e
prestazione come brillante “effetto collaterale” (se si corre meglio si riesce
a farlo più a lungo e/o più veloce), che non snaturi chi la compie forzandolo
dall’esterno, ma che tutte le modifiche nascano dall’interno, da una maggior
conoscenza di sé. Abbiamo chiamato questo nostro approccio “BeNatural”, perché
l’obiettivo è proprio quello di essere naturali mentre si corre, non stiamo
facendo qualcosa di alieno, ma semplicemente qualcosa che abbiamo dimenticato.
Il nostro programma prevede lavoro “a secco” (diciamo in palestra o comunque
senza corsa vera e propria) e “su campo”, ma soprattutto prevede un grande
ascolto interiore.
Certamente abbiamo
un “ideale” di uomo che corre, il Tarahumara che si muove per centinaia di
chilometri, il “Caballo Blanco” che macina strada senza apparente fatica:
facciamo una prova, vediamo come poter fissare dei nostri punti fermi, dei
paletti che ci aiutino a declinare la corsa naturale/funzionale:
Durante la corsa, il corpo deve essere in posizione
eretta, bilanciato e sporgere in avanti rispetto alle caviglie. Il petto deve
spingere leggermente in avanti e le braccia devono spingere indietro, mentre le
anche e le ginocchia si estendono.
Le mani devono rimanere vicino al busto, effettuando
un'oscillazione corta e contenuta. Spingere indietro le braccia e rilassarle
portandole in avanti. Per aiutare le gambe a spingere in linea retta e il piede
ad appoggiarsi in linea con il ginocchio piegato, le braccia devono muoversi
avanti e indietro oscillando lateralmente il meno possibile. Il tronco deve
consentire ai piedi di sollevarsi rapidamente e di estendersi dietro al
baricentro del corpo. I piedi devono poggiare sul terreno in linea con le
ginocchia piegate, mentre la gamba inizia a spostarsi indietro sotto al corpo; tenendo
il busto eretto, il piede deve appoggiarsi di
piatto sul terreno
(mesopiede) e il ginocchio deve piegarsi solo leggermente,
mantenendo la parte inferiore dell’arto quasi verticale. L'appoggio del piede
deve essere leggero e rapido (c’è chi consiglia 180 appoggi al minuto).
Il ginocchio della gamba d'appoggio deve sostenere tutto il peso del corpo e il busto deve rimanere eretto.
Nella fase finale del contatto tra piede e terreno, la gamba d'appoggio deve fornire la spinta necessaria per muoversi in avanti. Si stende rapidamente ginocchio e anca per allungare il più possibile la falcata e spingi intensamente con i muscoli del polpaccio per sollevare il tallone da terra.
Nella fase finale entra in gioco l'altra gamba che va sollevata fino a essere parallela con il terreno durante l'oscillazione in avanti, così da agevolare il richiamo della gamba che sta dietro.
Il ginocchio della gamba d'appoggio deve sostenere tutto il peso del corpo e il busto deve rimanere eretto.
Nella fase finale del contatto tra piede e terreno, la gamba d'appoggio deve fornire la spinta necessaria per muoversi in avanti. Si stende rapidamente ginocchio e anca per allungare il più possibile la falcata e spingi intensamente con i muscoli del polpaccio per sollevare il tallone da terra.
Nella fase finale entra in gioco l'altra gamba che va sollevata fino a essere parallela con il terreno durante l'oscillazione in avanti, così da agevolare il richiamo della gamba che sta dietro.
Questo è ciò che in letteratura si riporta come “corsa
naturale ideale”; diciamo che si fatica anche solamente a leggerlo, ma
probabilmente, è una descrizione piuttosto fedele di uno stile funzionale. Noi
partiamo da qui per fare in modo di costruire la “corsa naturale ideale
Personale”. La nostra corsa funzionale, quella di ognuno di noi. C’è chi
appoggerà un po’ più verso l’avampiede, chi, magari, verso il retro piede, chi
non farà 180 passi al minuto e chi oscillerà le braccia un po’ più verso l’esterno;
non è quello che in assoluto ci importa, ma la naturalità del gesto, la poca
fatica nel compierlo, il piacere nell’eseguirlo per lungo tempo, il sentirsi un
tutt’uno con sé e con l’ambiente circostante mentre si corre; questo è l’obiettivo,
questo è BeNatural, questa è la nostra visione di una corsa naturale, un
avvicinarsi molto personale, che riflette quindi il nostro modo di essere e di
rapportarci al mondo, a quella corsa che ha reso l’uomo veramente tale,
permettendoci quindi di “rifiutare” la condizione esclusiva di preda, inventando
un modo alternativo per essere predatore, la caccia persistente, che vedeva la
corsa prolungata, appunto, come fulcro.
Riassumendo possiamo dire che la postura della corsa e
nella corsa fondamentalmente non esistono in assoluto perché sono intimamente
legate a chi sta correndo, il “miglioramento della tecnica” deve essere
parallelo ad un “miglioramento personale”, un lavoro su di sé che miri come
prima cosa a conquistare consapevolezza del movimento, semplicità del gesto e
naturalità nel compierlo; possibilmente con il sorriso sulle labbra.
Vi ho incuriosito? Ho stimolato qualche riflessione o
qualche discussione?
Lo spero, perché era quello l’intento.
Venite a trovarci, a scoprire la nostra, anzi, la vostra
Corsa Naturale!!!
“Un gatto può impegnarsi quanto vuole, ma rimarrà sempre
un gatto. Una tigre è sempre e comunque una tigre. E la differenza si vede”
F.S.
SL.A.
Bibliografia/Sitografia e letture consigliate
Manuale di Chinesiologia Rieducativa – Cabella, Canepa,
Molfetta – Pacini editore 2009
Riprogrammazione Posturale: una via per la bellezza del
corpo – Guidi Fabbri – CalzettiMariucci Ed. 2010
La storia del corpo umano – D.E. Lieberman – Codice edizioni
2013
Born To
Run – C. McDougall – Mondadori 2014
Le immagini:
Logo BeNatural!! by Palestra Stile Libero
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