>IL FITNESS E’ MORTO, VIVA IL FITNESS<
Ovvero la lenta agonia di un paradigma immortale
C’era una rivista, “California”, con il guru molto
amerikano dell’epoca, tale “Chet Vienne”, sempre con una canottierina molto
“muratore calabrese” super attillata, e una schiera di vip pronti a
testimoniare le sue qualità, c’era il body building, c’era aerobica stellare,
c’era Technogym e Panatta Sport. In poche righe questo era il “Festival del
Fitness di Rimini” (si pronunciava così, quasi fosse una parola sola) della mia
prima volta, una vita fa, verso la fine degli anni ’90.
Ho visto poi il momento elettrostimolazione, il momento
spinning, il momento funk, il momento pump, il momento free pride e
l’abbigliamento a poche lire, ma di tendenza, il momento fitboxe, il momento
walking, ecc, a volte meteore, a volte costanti, quasi certezze, “a volte
ritornano” … per qualche anno ho frequentato l’allegro carrozzone, il freak
show del benessere, il palco degli imbonitori del fitness, con le loro pozioni
magiche, con le loro ricette infallibili, con i loro fallimenti e la disinvolta
riproposizione dell’esatto contrario di quello presentato l’anno precedente.
Infatti ho smesso di andarci.
Per quasi quindici anni.
Giugno 2017.
Rimini Wellness (si pronuncia ancora come se fosse una
parola sola) mi accoglie (ci accoglie, me e Marina) come mi ha lasciato: una
giornata torrida, cestini della spazzatura strabordanti di lattine, modelle con
vestiti troppo corti e unghie troppo lunghe, flyer che pubblicizzano qualunque
cosa “non wellness” vi possa venire in mente; un luogo paradossale come la
città che lo ha fatto proprio, così ferocemente ospitale, così freddamente
distaccata.
L’imbarazzo è totale, i primi passi nella fiera del
wellness sono titubanti e quasi timorosi; mi sento un eretico che entra in
chiesa. Respiro profondo e si parte … si, ma dove andiamo?
“Lasciate ogne
speranza, voi ch’intrate".
Si inizia a casaccio o, come amano dire i fighi della
comunicazione, “ad istinto”: veniamo immediatamente abbracciati anzi, per meglio
dire stritolati, da una spirale di musica ad altissimo volume inconsapevole di
mostrare (nel senso proprio di mostri!) una serie di scoordinati utenti di una
qualche disciplina musicale che a me ricorda tanto l’aerobica di inizio
millennio, persino con “clap” dopo il solito, stantio “grapevine”; però qui,
nel 2017 la chiamano “Tribal fitness e qualche cosa”, boh?.
"Per me si
va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente”.
In un certo senso sembra quasi un salto indietro nel
tempo: i fisicati e soprattutto i presunti tali, passeggiano come modelli in
passerella trattenendo il respiro che “Pellizzari levati, ho un’apnea da 20’”,
piccola giravolta e saluto ammiccante alla labbrona con seno da palla medica e
tacchi da trenta cm; lei ovviamente finge di non vedere esprimendo una
innocente aria annoiata: “sono qui mezza nuda, ma vorrei essere tanto da
un’altra parte”.
Lezioni colme negli stand dei marchi di “spessore
mediatico” con persone che si prendono a spintoni per trovare il posto e
lezioni semivuote, delle stesse discipline, ma sponsorizzate da marche
semisconosciute; da una parte troviamo il presenter famoso, da rivista, unto e
lucido come un mocassino uscito dal paese dei lustrascarpe, dall’altra un ragazzetto
qualunque, magari anche bravo, ma non è questo ciò che conta, non qui.
Continuiamo a passeggiare, siamo in un loop temporale, un
nastro di Moebius infinito.
Sport da combattimento, da ring. Qui si danno botte vere:
l’affluenza è quelle delle grandi occasioni, il trend tira sempre.
Musica assordante.
Ecco un gruppo scatenato prendere a pugni un sacco. Tutti
vanno a destra, lui a sinistra. Tutti tirano un calcio, lui una manata. Tutti
ruotano in un senso, lui nell’altro. Ma è il più felice, urla e strepita incontenibile
nel suo outfit (si dice così, vero? Perché il pc lo considera errore …) un po’
retrò; la musica, un frastuno incredibile, copre i suoi casini, la bolgia lo
fagocita, i fighetti con la puzza sotto il naso lo guardano con sufficienza e
lo rimproverano con occhiate di ghiaccio quando alla sequenza finale si trova
in mezzo a loro a menare fendenti a caso.
Lui è la costante. C’è sempre; è lo stesso che nello
spinning (quello originale, con la ®, ci tengono a dirlo) è fuori sella quando
sono tutti seduti e seduto quando tutti pedalano fuori sella. Non ci capisce
nulla, ma si diverte, si muove tanto per fare, seguendo un battere musicale
noto solo a lui, e continua a divertirsi.
Con buona pace di tutti i “coreografi de no artri” che
dai vari palchi si atteggiano a novelli Nureyev.
Proseguo.
I grossi (e le grosse) non mancano mai. Sempre più
grossi, sempre meno umani (in un senso antropologico del termine, dettato da
un’idea evolutiva di conservazione e sviluppo della specie, cosa che
evidentemente un corpo fuori scala, semplicemente per il fabbisogno (e per il
consumo) energetico spropositato, non potrebbe garantire. Lungi da me
l’intenzione di offendere qualcuno), sempre più abbronzati (vedi mocassino di
cui sopra), sempre più ghettizzati, inglobati al mondo integratori sportivi
che, non sapendo più cosa inventare, si butta sul “gelato alle proteine”,
nemmeno sgradevole all’assaggio. Un intero padiglione di uomini e donne
oversize e bidoni di integratori, oversize pure loro. Ammiro la passione e la
dedizione di questi personaggi, la cura dell’allenamento, dell’alimentazione,
della supplementazione e, probabilmente per qualcuno, anche di altro, la
fierezza con cui si muovono tra i vari padiglioni, mostrando con timida
arroganza il loro prorompente volume. Tutto sommato anche loro resistono al
tempo che passa. Sono un paradosso e, un po’ come il calabrone che non potrebbe
volare e non lo sa, quindi vola lo stesso, continuano ad esserci e ad attrarre
curiosi e curiosità.
I sollevatori di pesi, pallosissimi e onnipresenti sul
web, qui invece sono relegati ai margini, poco spazio, poca gente, poca cosa.
Technogym presentissima e, mi spiace, perché in fondo li
“odio” per quanto si fanno pagare i prodotti, sono i migliori. Le indovinano
quasi tutte e, anche livello commerciale, non hanno rivali. Panatta Sport e le
altre decine di ditte presenti, alcune valide, altre molto, molto, molto, molto
meno, possono, come si usa dire adesso: “accompagnare solo”.
Acquagym, acquaboxe, acquabike e tutte le altre
baggianate con prefisso acqua provano a dire la loro; credo (spero) abbiano un
po’ di seguito in questi giorni solo per il gran caldo: la proposta è
effettivamente di qualità insignificante.
Funzionale.
Tutto funzionale. Qualunque cosa è diventata funzionale.
Qualunque ditta propone qualcosa di funzionale. È la novità, la tendenza, la
scia da seguire, chiamatela come volete. Alcune cose con un razionale
ammirevole e, decisamente da prendere in considerazione; altre penose, alcune
squallide, molte da vergognarsi.
CrossFit.
Il signor Reebok non ha badato a spese. Ha occupato
praticamente un padiglione tra stand commerciali, discipline musicali e il
tanto declamato CrossFit. Quest’ultimo, bisogna ammetterlo, prova a
distinguersi dalla mediocrità generale: ovunque si aggirano “Coaches” nerboruti
pronti a correggere qualunque cosa, qualunque movimento, probabilmente anche quando
non dovrebbero farlo.
Si vede che ci provano. Risultati pochi, forse non per
colpa loro, la disciplina stenta a prendere quota dopo un decollo formidabile,
le lezioni sono, rispetto a qualunque altra proposta della fiera, mezze vuote;
poca gente a praticare, poca a guardare un’estremizzazione di un concetto sano,
che comunque non serve a nessuno.
Torno dalla Technogym a dire la mia sull’utilizzo del
nuovo tappeto “Skillmill”, che ci starebbe proprio bene in Stile Libero,
assieme ad alcuni pezzi visti nello stand “FisioStore”, ditta di Genova che ha
un’ottica di allenamento funzionale molto simile alla mia. Vedremo J
Ci concediamo una lezione di spinning (si, con la ® …),
in fondo una vita sui pedali non si può dimenticare. Anche qui non è cambiato
nulla, sembra una mia lezione di qualche anno fa; infatti per essere ancora più
sul pezzo mi lego i capelli, proprio come qualche anno fa … Back to the Future!
La disciplina in sé non aggiunge nulla di nuovo, ma c’è
un qualcosa nel contorno che stuzzica, che permette alla lampadina di
accendersi e alle rotelle di iniziare a girare. C’è qualcosa che potrebbe
essere di interessante e utile complemento a ciò che il mio lavoro è diventato.
Ma di questo ne parleremo se eventualmente sarà.
Mi viene in mente una cosa. All’ISEF di Torino, vent’anni
orsono, uno dei nostri docenti di Teoria, Tecnica e Didattica delle Ginnastiche
Musicali (in parole povere, aerobica, step e poco più), era tal Paolo
Evangelista, un presenter di alta qualificazione, richiestissimo non solo in
Italia, ma anche negli USA, patria del fitness moderno, personaggio con un
carisma e un’energia incredibili. Ai primi Festival del Fitness cercavo sempre
le sue lezioni, un po’ perché lo conoscevo, un po’ perché veramente molto
bravo.
Altro tuffo nel passato.
Un flash inaspettato, ma una voce dal terrificante accento piemontese sovrasta
la musica, sembra conosciuta … “Mary, noooo! Ma quello sul palco non è … “.
Marina mi guarda a bocca aperta.
Anche se parecchio ingrigito e un po’ imbolsito un, devo
dire poco credibile nel canticchiare Caparezza durante una lezione, Paolo Evangelista
sempre con la stessa carica e la stessa energia, sempre molto coinvolgente e didatticamente
ineccepibile. Da una parte la cosa mi fa un po’ tristezza, dall’altra provo
sempre una profonda ammirazione per il personaggio. Un altro paradosso.
Ecco, ora siamo pronti per andare via. Il tipo che
cammina nella nostra direzione ha compresso parecchi kg di muscoli in una
tutina iperaderente. C’è un po’ di buzzetta nel basso addome, ma le rughe sul
volto ci ricordano che non è più un ragazzino (anche se vorrebbe). Lo
riconosco, imperversa sul web e sulle riviste specializzate come “guru” del
functional training (si, lui la vede un po’ all’ammerikana), butta occhiate
distratte a destra e a manca, stringe mani e batte cinque a chiunque; ci supera
e, non so perché, mi giro per seguirlo con lo sguardo.
Non riesco a contenere la smorfia di disgusto … sulla
schiena, a caratteri cubitali, campeggia la scritta “UNFUCKBLE”. Ora possiamo
veramente andare, ovviamente non prima di aver pagato gli onestissimi 15 euro
di parcheggio giornaliero.
Prima domanda, nella nostra testa il passaggio che negli
anni ha traghettato il termine “Fitness”, essere Fit, sostanzialmente essere in
forma, al più moderno “Wellness”, stare bene, un benessere completo, corpo,
mente, anima, avrebbe dovuto essere un vero e proprio cambio di modello; il
nostro concetto di wellness ha una connotazione molto forte, molto improntata
sulla salute … probabilmente non è lo stesso concetto che ha animato le mai
troppo poco feconde menti degli ideatori della fiera.
Niente nutrizione, nel senso scientifico del termine.
Tutti mettono un “Vegan” qua, un “Bio” là, o ancora un “Paleo” o un “Detox”, ma
nessuno che spiega perché si, o perché no, o quantomeno apre un dibattito; è
più facile comprare un prodotto preconfezionato (qualunque esso sia) che porsi
qualche domanda, nell’epoca dell’istruzione globale, di confrontarsi per
crescere non ha voglia nessuno (o tutti ne hanno paura).
Niente movimento; o meglio, tanto movimento fatto “per
muoversi”, pochissimo fatto “per imparare a muoversi”. Nella mia ottica di
movimento inteso come suprema arte di coinvolgimento PNEIOM (PsicoNeuroEndocrinoImmunoOsteoMuscolare),
nella fiera del benessere faccio veramente fatica a sentirmi a casa.
Niente weel-being in senso stretto, nonostante il logo della manifestazione nasconda un riferimento ad un coinvolgimento globale della persona: musica a palla
(tranne che qualche rarità) pressoché ovunque, esibizione del nulla estetico,
anche dove l’ideale dovrebbe essere “funzionale”, nessuno spazio per approfondimenti
e/o tavole rotonde.
Qualche piccola eccezione l’abbiamo trovata; è servita
per avere conferme e/o spunti; c’è un crescente interesse per le discipline
manuali complementari, qualche ditta che ancora punta sulla diffusione di massa
di testi scientifici, qualche metodologia di lavoro interessante ma nulla più.
Il fitness non può morire, agonizza, è in coma, ma esisteranno
sempre uomini_fitness (e donne, ovviamente, intendo esseri umani) con il loro
(legittimo) piccolo o grande seguito, forieri di cazzate sentite qua e là,
venditori di facili quanto fallaci illusioni, adoratori di un vetusto ed insignificante
ideale di finta bellezza, commercianti “unfuckable” della pochezza imperante
sul web; il fitness è morto, viva il fitness! Si potrebbe urlare. Ma non è
quello che mi interessa, non è quello che faccio, che voglio fare.
La (mia) direzione da seguire è quella della ricerca di
un movimento consapevole, che fondi le sue basi su un approccio scientifico razionale
(perché adesso anche da questo punto di vista si perde un po’ la testa; “ho
letto uno studio che dice che sollevare un peso con la mano destra è meglio che
con la sinistra” oppure “la biomeccanica dice che questo movimento deve essere
fatto così” e via disegnini con stanghette e puntini, o ancora “ho letto che
mangiare questo alimento è dannoso”, come se ogni uomo fosse uguale ad un altro
e ogni vita vissuta fosse uguale a quella vissuta dagli altri …) considerando l’unicità
di ogni essere umano e la presenza di energie non sempre o non ancora
scientificamente spiegabili, porre la persona e non ciò che sta facendo al
primo posto, lavorando perché ne abbia un beneficio in termini di salute e non per
un mero risultato temporaneo o per una egocentrica soddisfazione personale.
Questo a Rimini Wellness non trova posto e, forse, è
giusto così.
Piccola provocazione: per gli addetti ai lavori che
frequentano la fiera per “aggiornamento”, beh, magari l’anno prossimo ci
sentiamo, venite qui da me, vi offro una revisione completa, costi contenuti e,
soprattutto, parcheggio gratis!
Imparare è un’esperienza, tutto il resto è solo
informazione. A.Einstein
SL.A.
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