IL CROSSFIT (MI) FA SCHIFO
(Pensieri, architettura del movimento, mascelloni
squadrati, un bel sorriso e … torsi nudi vs magliette)
I pensieri sono arrivati fulminei.
Passeggiata: due passi, frettolosi, ma non troppo, sotto
una pioggerellina insistente, ma per nulla fastidiosa, in una città che non mi
appartiene, su strade rettilinee solcate da innumerevoli vetture sfreccianti a
velocità sostenute, incuranti del mio passo, incuranti del mio muovermi,
incuranti delle strisce pedonali e dei miei tentativi di attraversamento. Devo
ammettere che i pensieri hanno avuto un istante di tregua, durante il quale è
emersa la parte rettiliana della mia personalità che, in oxfordiana maniera, ha
manifestato il proprio disappunto. Ma questa è stata solo una piccola
parentesi. Sto crescendo.
I pensieri hanno ripreso il loro fluire e …
Partiamo da circa trent’anni fa. Un viaggio nel passato,
un tuffo in un ieri decisamente altra epoca.
In una ipotetica “scala del tempo” trent’anni sono meno
di un’inezia, una virgola in un’enciclopedia, un granello di sabbia in una
spiaggia, una candela luminosa persa in un cielo stellato.
Questi trent’anni, però, hanno un peso enorme. Un battito
di ciglia che lascia il segno,anzi. Un segno. Indelebile.
Andiamo con ordine.
Siamo nella prima metà degli anni ottanta, i famosi,
famigerati, rampanti e dirompenti anni ottanta. Non voglio fare un excursus
storico, ma dopo la terroristica, disperata e, per certi versi commovente
rincorsa del decennio precedente, anche l’Italia si accorge di un mondo che
prova lentamente a cambiare, accodandosi, a modo suo, al cambiamento.
Una caratteristica fondamentale di “quegli anni” (uhm,
sto iniziando con le frasi da vecchio) per noi ragazzini di provincia era il
“Movimento” (ehi!!! Niente politica, noi “ci si muoveva”). Si, scritto con la
maiuscola perché, con tutta probabilità, siamo l’ultima generazione che ha
vissuto liberamente la strada, intendendo con questa accezióne, un misto di
cortili, giardini, vie più o meno pubbliche, piazzali, posteggi e quant’altro
potesse contenere quel primordiale ed irrefrenabile desiderio di moto.
Non scendiamo in particolari, ma molti di noi hanno
costruito solidissime fondamenta motorie semplicemente giocando e muovendosi
all’aria aperta. Ed era muoversi veramente. Correre, saltare, rotolare, sollevare,
strisciare, tirare e spingere, calciare e lanciare, in piedi, seduti, sdraiati,
a testa in giù. Ricordatevi questi “Movimenti” li ritroveremo più avanti; in
ambito motorio vengono chiamati “schemi motori di base”, ed è facile intuire il
perché. Servono per costruire, consolidare, formare, far crescere, abilità
motorie più complesse, una motricità più efficiente. Interessante, vero?
Ma torniamo a noi.
Nelle interminabili ore passate in cortile, interrotte
spesso e volentieri da assordanti urla tipo “Nightmare” di genitori alla
finestra, pronti a richiamare all’ordine noi scavezzacolli sporchi e sudati, si
giocava anche a pallone. Come dimenticarlo? Due pietre, due maglie, due alberi
o anche due auto posteggiate facevano da porta, i portieri erano spesso
“volanti” (un misto tra portieri, difensori e attaccanti) e le partite non
avevano tempi di gioco, spesso si arrivava “ai 10” (numero di goal) e poi si
cambiava squadre. Avvicinandosi alla bella stagione, era usuale che per
dividere le due squadre ci si affidasse al mitico “torsi nudi vs magliette”. Un
team toglieva la maglia e giocava a petto nudo. Ah, che meraviglia. La
sensazione di libertà era totale, mica si guardava il fisico, mica si
“condivideva”; l’unica cosa in comune era la bottiglia dell’acqua, riempita
alla fontana più vicina.
Che figata giocare con i “torsi nudi” (che spesso
venivano chiamati – dorsi nudi – complice una sempliciotta e bonaria
ignoranza).
Queste erano le nostre giornate: scuola, compiti (per chi
li faceva), cortile (spesso poi c’era anche allenamento dello sport prescelto,
nuoto, karate, calcio, atletica … io li facevo tutti). Mi ricordo anche quando
“inventammo” delle nostre Olimpiadi, con tanto di medaglie di cartone con
scritto sopra – Oro – Argento – Bronzo – e via a sfidarci in improbabili prove
come sollevamenti di tronchi, lanci di pietre, corse su distanze dalle bizzarre
misure (massima velocità fino allo stop), arrampicate sui lampioni … Dei
decatleti in erba.
Da tutto questo si può capire come, molti di noi, sono
stati brillanti architetti nel disegnare la motricità del proprio corpo. Eh
già. Immaginate una palazzo fatto di tanti piani. Ogni piano ha delle finestre
più o meno grandi dal basso, finestre enormi, fino in cima, finestre più
piccole. Ecco, quel palazzo sono le capacità motorie acquisite in una vita: chi
compie movimento da piccolo avrà dei finestroni belli grandi ai piani bassi; se
manterrà la passione per l’attività fisica continuerà ad arricchire di finestre
tutti i piani, fino alla vecchiaia. Viceversa, chi inizia a muoversi tardi,
avrà le sue finestrine in alto, ma i piani bassi saranno oscurati. Non è
difficile capire quale palazzo sarà più luminoso, vero? Muoversi in tenera età,
specialmente in maniera multilaterale, può aiutare a disegnare (insieme a molte
altri parametri) il “palazzo motorio” più luminoso e maestoso possibile. Sono
una condizione necessaria, ma non sufficiente. Ma necessaria.
Come arriviamo al CrossFit?
Da come la vedo io, il passo è breve. Vediamo di renderlo
comprensibile a tutti.
Accendete il pc – ah ok, l’avete già fatto, evidentemente
– digitate <<Crossfit>> su
un motore di ricerca qualsiasi e avete idea (se mi state leggendo per
compassione e non sapete di cosa sto delirando) di cosa stiamo parlando: Corpo
perfetto: Allenamento Crossfit; Crossfit lo sport del fitness; Welcome to Crossfit
(dimenticavo la lingua, obbligatorio parlare inglese, molto “ammericheno”,
slang … fa curriculum); Box Crossfit (io pensavo che il box fosse un garage … che sfigato) ed un sacco di amenità del
genere. Ma non è questo che conta, ma la quantità di link che richiama questa “parola”,
video, informazioni, contatti. Una vera e propria tendenza.
Nelle mie varie farneticazioni mentali riguardanti l’attività
motoria mi sono spesso interrogato sul perché di questa novità, sul perché di
questa esplosione, sulla funzionalità o meno di questo programma di allenamento
che, comunque, esiste come tale dal 2000 (www.wikipedia.org
). Guardando i vari punti che contraddistinguono questa tipologia di
allenamento, salta agli occhi una cosa interessante, il WOD (Workout Of the Day
– Allenamento del giorno … ve l’ho già detto “maccherone m’hai provocato e mo’
te magno”)
allenamento che ogni crossfitter (praticante), trova affisso
quotidianamente sulla white board (lavagna bianca) nel box (palestra). Al di là
del ridicolo “tu vo’ fa’ l’americano”, l’idea di variare spesso gli stimoli
allenanti è sicuramente brillante e, comunque inevitabile, visto che la
disciplina in questione promette di poter sviluppare: forza, resistenza cardiorespiratoria, resistenza muscolare, flessibilità,
potenza, velocità, coordinazione, agilità, equilibrio, precisione (www.wikipedia.org ). Insomma, si capisce perché
per i “crossfitter” è diventato quasi come una religione, perché in effetti
promette un paradiso motorio, raggiungibile solo ed esclusivamente con un
comportamento integerrimo nel box, sacrificio, determinazione ferrea, rinunce e
ricompense eucaristiche; un atto di fede, insomma. Però, se guardo con
attenzione, il tutto mi ricorda qualcosa. Mi ricorda quei pomeriggi anni
ottanta, dove gli allenamenti del giorno erano creati in cortili e giardini e
non avevano nomi impronunciabili ed incomprensibili, ma il cuore di ragazzi che
nel movimento trovavano una via di fuga, un sogno da raggiungere, un modo per
realizzare sé stessi, e non l’emulazione del mascellone ammericheno di turno.
Ma l’euforia crossfit non può essere solo questo.
Dal mio punto di vista è un’esasperazione di qualcosa di “sano”,
di utile, di valido. Quello che abbiamo definito “Allenamento Funzionale”
(trovate alcuni post in queste pagine http://www.stileliberoacademy.blogspot.it/search/label/Allenamento%20Funzionale)
in breve: la costruzione di un programma di allenamento che oltre a donare “performance”
(e prendete questo termine veramente tra virgolette), possa offrire funzione,
cioè spendibilità nel quotidiano.
E come tutte le esasperazioni … attira; crea un
meccanismo mentale tale da rendere il praticante, nel proprio immaginario, una
sorta di epico eroe che, senza macchia e senza paura, sottopone il proprio
corpo (spesso inadeguatamente preparato) ad una sorta di dodici erculee fatiche.
Da qui a idealizzare mitiche figure (mascella trofica munite) da imitare,è un
attimo. I social network, ovviamente, fanno il resto, “mondovisionando” allenamenti,
esercizi, tutorial esecutivi, gare, imprese e qualunque altra cosa possa essere
utilizzata per mitizzare ulteriormente la disciplina. Se poi ci mettiamo i mega
sponsor (ammericheni pure loro), una goccia di psicologia motivazionale che non
guasta, un marketing efficacissimo, gare costruite ad hoc (dove praticamente
partecipi da casa, perché poi alle gare vere e proprie non ci puoi andare), ed
un certo innegabile fascino che tutto ciò che è USA derivato possiede, abbiamo
la ricetta magica.
Non è tutto oro ciò che luccica. E non luccica neanche il
Crossfit, benché vogliano farcelo credere. Non tanto per l’idea di base che,
come ho già accennato, ha anche alcuni punti validi, quanto per la
realizzazione, spesso confusa e raffazzonata. A partire dall’esecuzione degli
esercizi; bisogna finire il circuito nel minor tempo possibile, inevitabilmente
l’esecuzione tecnica si sporca, allora rendiamo “valide” proprio le esecuzioni
sporche (kippate come si dovrebbe dire in gergo moooolto figo), trazioni
kippate, stacchi kippati, slanci kippati e così via, fino a kippare qualunque
cosa (chissà se la merenda la kippano), basta finire in fretta (e possibilmente
postare la foto), fino ad arrivare all’organizzazione degli stessi che, nell’euforia
del sempre di più, a volte diventano vere e proprie prove di sopravvivenza. Ma
il problema in fondo non sarebbe nemmeno questo, o comunque non sarebbe il
principale; in questa festa del tutto super veloce, difficile e molto
ammericheno, ci sono le persone; quelle persone che, in grossa percentuale
hanno le finestre dei primi piani non chiuse … sigillate. Così trovi novelli
Yuri Chechi che cercano in maniera imbarazzante di imparare la verticale
(tutorial video ammericheno o … amico crossfitter che la sa lunga), pur non
avendo interiorizzato alcuni passaggi di base per poterla fare. Prima o poi
riusciranno a stare in posizione per qualche secondo, ma a che prezzo? O quelli
che cercano invano di saltare la corda, finendo spesso con le gambe martoriate
da scudisciate degne dell’inquisizione (eh, ma dobbiamo imparare i “duble under”
– un salto due giri di corda –) e, non in ultimo, le alzate olimpiche, vero
cavallo di battaglia del Crossfit da condivisione social. Eh si. Il Crossfit è
riuscito nell’impresa (diamogli merito) di risvegliare da un agonizzante coma “elitario”
le alzate olimpiche (strappo, slancio e varianti sul tema … dimenticavo snatch
e jerk; ammericheno) facendole passare per una cagata che si impara in quattro
lezioni, anche se poi magari non hai mai fatto un esercizio propedeutico serio
(squat e stacco in primis), quando invece per padroneggiarle adeguatamente
serve applicazione e specializzazione duratura. Ma dimenticavo … ci sono le
lezioni “On ramp”; l’introduzione al Crossfit. Praticamente paghi (salate) un
tot di lezioni (6 – 8 in genere) dove ti vengono insegnati alcuni movimenti
base della disciplina.
Copio ed incollo da un famoso box Crossfit:
“Se ti riconosci
un una delle seguenti descrizioni, allora il programma “on-Ramp” è quello che
ti serve:
Vuoi iniziare un programma di allenamento e di
attività fisica per migliorare il tuo fitness
Hai fatto attività fisica o praticato uno sport
in passato ma sei inattivo da molto tempo
Svolgi regolarmente un’attività fisica o
pratichi uno sport ma non hai mai fatto CrossFit
Hai già fatto CrossFit ma non ti alleni più da
molto tempo.
Pratichi CrossFit regolarmente e cerchi un Box
attrezzato in cui allenarti insieme ad altri
Vuoi migliorare la pratica del CrossFit ed
essere seguito da Trainer Certificati
Il programma “On-Ramp” è costituito da 6 lezioni nelle
quali imparerai tutti i movimenti fondamentali del CrossFit ed altre utili
tecniche che ti serviranno per completare i tuoi WOD in sicurezza e con la
massima efficienza. Nel programma “On-Ramp” imparerai, tra l’altro, ad eseguire
correttamente:
Deadlift
Clean
Squat
Front Squat
Overhead Squat
Press
Push press
Fenomeni davvero. Lasciamo
perdere il sermone mennonita che ti servono per indorarti la pillola del costo
delle lezioni (che per pudore non ho messo), ma sono fenomeni. Non sono ironico. Se in sei lezioni insegnano
(e per insegnano intendo che gli allievi le imparano) le tecniche di tutti
questi esercizi. Che dire, chapeau!!!
Non voglio prendervi
in giro. Il titolo è stato volutamente provocatorio, così per attirare l’attenzione.
In effetti il Crossfit non mi fa proprio schifo, ma tutto sommato, quasi. Detesto
tutta la macchina commerciale che ha messo in moto, detesto questo tutto e
subito, tutto iperveloce e tutto fatto un po’ così, anche se non proprio ben
fatto va bene o stesso (un po’ come questi anni che stiamo vivendo, in fondo),
detesto l’aura da Homo Superior che avvolge i praticanti (faccio di tutta l’erba
un fascio per fare prima, chiedo scusa in anticipo), detesto il “Tu vuò fa’ l’Americano”
a tutti i costi, detesto le promesse di un’efficienza fisica funzionale (a cosa
non si capisce e soprattutto non si capisce perché superiore ad altri programmi
di condizionamento), detesto il vogliamoci bene, il box è una famiglia (non è
vero, la famiglia è a casa, magari per andare al box ad allenarsi con i
mascelloni, avete lasciato i bimbi dai nonni) e probabilmente un sacco di altre
cose che ora non mi vengono in mente. E, mi raccomando, non fatemi parlare del
Crossfit per i bambini, per favore no, dai, soffoco un conato … infanti in
salotto, ripresi e condivisi in rete (siete dei geni, davvero, tutto per un
like in più, un “mi piace”) mentre abbozzano dei burpees o dei “deadlift” (un
nome, una garanzia), per vanagloria dell’adulto folle in questione: non c’è
niente di peggio del genitore che proietta sul proprio figlio i suoi sogni
sportivi.
Il Crossfit è
potenzialmente qualcosa di degno di nota. Ma c’è sempre stato. Lo chiamavamo
allenamento a circuito, addirittura le progressioni a corpo libero al buon
vecchio (ma mai troppo decrepito) ISEF avevano il nome di ginnastica Educativa,
nel senso che poteva e-ducere, condurre fuori, dal praticante il meglio che
aveva. Altro che mascelloni a torso nudo. Siamo seri. Una gran bella operazione
commerciale, ma sono cose che, con tutt’altro spirito e con tutt’altra tecnica
esecutiva (e con altri, sicuramente meno affascinanti nomi) abbiamo sempre
fatto. E continuiamo a fare. A fare bene: misurati (sull’utente), ben eseguiti,
a volte rapidi e a volte lenti, spesso con la maglietta, spesso parlando
italiano e con degli splendidi sorrisi, senza svenire (ed essere immortalati
nel mentre) a fine allenamento, ma godendosela con un po’ di serenità, senza nessuna
compulsione. In palestra (non in garage), ci stiamo volentieri, ma con la
nostra famiglia ci stiamo meglio, abbiamo degli obiettivi, ma costruiti su di
noi e non per le accattivanti avances di un marchio (perché di quello si
tratta) e, prima di tutto, quando facciamo movimento cerchiamo di farlo in modo
che ci faccia bene, ci renda migliori, che non vuol dire fare una ripetizione
in più.
Forse il mio è un “elogio
alla lentezza” dettato dall’età che avanza. Beh, forse si. Amo quella lentezza
che è veloce quando serve, ma permette di guardare. Guardare senza fiato.
Ripenso con
nostalgia a quei pomeriggi in cortile a quel primitivo Crossfit genuino, sincero,
viscerale.
Che figata giocare
con i torsi nudi …
SL.A.
Le immagini sono tratte da:
lapoliticabellezza.org
blog.pianetadonna.it
www.milanoperibambini.it
milano.repubblica.it
www.crossfittype44.com