Come è nato
il concetto “BeNatural”?
Tutto è
partito dalla frutta a cubetti … In breve; la barzelletta del giorno era: la
frutta a cubetti dentro le bustine prodotta da una famosa ditta italiana è
quanto di meglio per i nostri bambini!! Chi si occupa di alimentazione deve
promuovere tale prodotto perché è salutare.
Ovviamente
noi ci opponemmo alla porcata e commentammo con un pensiero su facebook; ora
non ricordo bene quello che venne scritto a riguardo, solo la conclusione:
Tenetevi il
pattume! BeNatural!!!!
Da quel
momento divenne quasi un motto: vista la nostra passione per la
paleoantropologia, per uno stile di vita quanto più possibile a contatto con la
natura e per il movimento con calzature “Barefoot Oriented” (minimali,
tendenzialmente il modo più vicino a muoversi scalzi), l’adottare questo slogan
fu cosa immediata.
Veniamo a
noi … “BeNatural storia di un piede” è un titolo che racchiude un’idea, un
progetto, uno stile di vita, un modo di porsi all’attività motoria.
L’uomo deve
muoversi a piedi nudi? Forse sì. L’ha sempre fatto. Sarebbe, a nostro avviso,
giusto continuasse a farlo. Si può correre a piedi nudi? O con qualcosa che ci
si avvicini il più possibile? Anche qui la risposta è affermativa.
Proviamo a
spiegarvi il perché.
Correre è
facile. Uno “schema motorio di base” (compaiono moto presto, da bambini, sono i
presupposti per lo sviluppo della motricità), un’azione compiuta talmente tante
volte nell’arco di una vita da poter eseguire praticamente ad occhi chiusi
(avete mai provato a correre ad occhi chiusi?). Ma se è così facile, allora
come mai ad ogni ora del giorno (e spesso della notte) vedo orde di Zombie
caracollanti che biascicano un passo avanti all’altro con lo sguardo perso nel
vuoto? Forse c’è qualcosa in più, forse, ancora una volta, bisogna scavare più
a fondo.
Il mondo
della corsa è ormai diventato un patrimonio comune. Tutti sono podisti, tutti
dispensano consigli, tutti sanno tutto, in pratica è copia fedele della realtà
quotidiana (tutti presidenti del consiglio, tutti assessori comunali, tutti CT
della nazionale …).
Della
complessa organizzazione fatta di anatomia, fisiologia, biomeccanica,
biochimica, scienza dell’allenamento, tecnica esecutiva, ecc … se ne curano in
pochi, piccoli Nerd, come me, che per cercare di capire come correre nel 2015,
vanno a vedere come si muoveva Ardipiteco Ramidus (Ardi per gli amici, sesso
femminile per i curiosi) circa 5 milioni di anni fa.
Mi piace e
mi diverte farlo, credo mi sia utile, osservo con occhio distaccato e difficilmente
salto a conclusioni affrettate come i vari praticanti e non, amatori ed
esperti, tapascioni e sportivi evoluti, pseudo-preparatori e negozianti senza
scrupoli, guru dai mistici saperi e tuttologi dalla non comprovata fama i “RunLovers”
come amo chiamarli, quelli che organizzano la fiera del sentito dire, del “ho
sempre fatto così”, del “l’ho letto su internet” (per i più moderni), del “lo
dice Tizio o Caio” (e giù una sfilza di nomi di podisti di fama, trattati come
amici di vecchia data) oppure il buon vecchio “tu non ti preoccupare e fidati”
o, meglio di tutti, aver gareggiato. Beh, quelli che gareggiano hanno un’aura
di misticismo e onniscienza veramente assoluta si dispensano segreti, consigli, preparazioni, diete,
terapie fisioterapiche, massaggi, protocolli rieducativi, indirizzi utili e
così via …
Questo è
quanto. Non ci piace, ma ne prendiamo atto, anzi, serve per provare a dare una
nostra visione del “mondo corsa”; non siamo “RunLovers” anche se amiamo molto
correre, crediamo che sì, correre è facile ed immediato finché siamo bambini,
ma abbiamo dimenticato come farlo da adulti e, parte di colpa di questa “amnesia”
è attribuibile alle scarpe.
Quindi parliamo
del piede!!
26 ossa (!)
di dimensioni e struttura differente permettono la massima efficienza in quelle
che sono le due funzioni evidenti del piede: funzione statica (sopporta il peso
del corpo); funzione dinamica (spostamento del corpo). L’integrità del piede
assicura, dunque, un buon appoggio e una buona deambulazione.
31
articolazioni (!), più di 100 legamenti e 20 muscoli (!) (tra intrinseci ed
estrinseci) ottimizzano la statica e la dinamica.
Più di 7200
terminazioni nervose lo connettono, in pratica, con tutto l’organismo.
La perfetta
collaborazione tra tutte queste strutture ha il fine ultimo di far funzionare al
meglio questa porzione del corpo umano così forte e nel contempo delicata
nell’equilibrio che la caratterizza.
L’evoluzione dell’uomo, attraverso i milioni di anni
che l’hanno disegnata, ha plasmato ed integrato ogni cambiamento funzionale
nello schema motorio, passando attraverso generazioni che hanno affinato
l’anatomia attraverso l’utilizzo. Il piede, nella sua funzione, come già detto,
prevalentemente motoria e di sostenimento del peso del corpo, assolve
mirabilmente i suoi compiti anche grazie alle sue notevoli potenzialità
propriocettive (Propriocezione: è definita come il senso di posizione e di
movimento degli arti e del corpo che si ha indipendentemente dalla vista. La si
può dividere in senso di posizione statica degli arti e in senso di movimento
degli arti). La forma del piede è dunque il risultato di tutto questo lavoro
evolutivo ed è in stretta relazione alla sua funzionalità biomeccanica.
I movimenti del piede avvengono su diversi assi:
asse bimalleolare: dorsiflessione e flessione
plantare;
asse sagittale del piede: rotazione interna ed esterna
(a livello dell’articolazione di Chopart con intervento più o meno grande
dell’interlinea di Lisfranc);
asse verticale crurale: abduzione e adduzione;
Parlando in maniera più funzionale sarà necessario
considerare un’associazione di questi tre movimenti per realizzare delle
combinazioni degli stessi, l’inversione e l’eversione, che sono i meccanismi
produttori dei traumi alla caviglia:
Inversione: flessione plantare + adduzione +
supinazione (rot. int);
Eversione: dorsiflessione + abduzione + pronazione
(rot. ext).
Come dimenticare, a questo punto, il ruolo neurofisiologico
del piede (abbiamo parlato di 7200 terminazioni nervose): il contatto al suolo
permette dunque una duplice funzione, effettore (statico o dinamico) e
sensoriale. Dal punto di vista sensitivo la pianta del piede è ricca di
recettori cutanei (tattili), articolari e muscolari, che rappresentano una
fonte insostituibile di informazioni estero e propriocettive per il controllo
dell’equilibrio e della postura. E’ significativo rammentare che l’area
corticale sensitiva del piede è superiore a quella della mano, mentre per
l’area motoria accade il contrario (Homunculus di Penfield e Rasmussen).
Sembrerebbe superfluo ricordare che noi camminiamo con i piedi, siamo
appoggiati a terra con i piedi, ci muoviamo con i piedi ... l'importanza del
piede non solo nella propria componente biomeccanica, ma anche neurosensoriale
(propriocettiva ed esterocettiva) è oggi universalmente riconosciuto, tanto che
è considerato, assieme agli occhi, l'ingresso primario del Sistema Tonico Posturale
(l’insieme delle strutture
neurofisiologiche del nostro organismo che regolano i rapporti tra il nostro
corpo e il mondo che ci circonda costituisce il SISTEMA TONICO POSTURALE:
ricevendo informazioni dagli occhi, dalla pelle, dai piedi, dai muscoli,
dall'orecchio interno e dalla bocca è continuamente in grado di conoscere la
nostra posizione e di mettere in atto le necessarie variazioni del nostro
"schema corporeo", così da rispondere sia alle necessità e stimoli
previsti che a quelli imprevisti). Noi siamo "nati
scalzi": ogni area del piede ha un proprio ruolo per informare il sistema,
ma noi spesso la "costringiamo" in spazi angusti, sacrificandone la
funzionalità sull'altare della moda o per uno scorretto modo di misurarne la
taglia; pensate: l’anestesia
del nervo tibiale posteriore (sciatico popliteo interno), che innerva la
maggior parte della superficie plantare, determina gravi alterazioni
dell’equilibrio bipodalico e soprattutto di quello monopodalico (Sarrafian,1991),
mentre l’appoggio podalico su superfici molto morbide, e di alcuni centimetri
di spessore, equivale ad un’anestesia della pianta dei piedi (Pyykko, 1993).
Immaginate i danni che può creare un tacco:
In condizioni
statiche il piede poggia al suolo, prevalentemente, sui seguenti punti: testa
del primo metatarso (primo dito), testa del quinto metatarso (ultimo dito),
tuberosità posteriori del calcagno (50% del carico) (tallone), come vedete
dalla figura tutto è invertito; provate a pensare alle ripercussioni su tutto l’organismo;
ricordiamoci che noi funzioniamo “in catena”, quello che succede ad una parte
del corpo, in un modo o nell’altro, si ripercuote su tutte le strutture dello
stesso.
Facciamo un
passo avanti, è il caso di dirlo. L’uomo è nato per muoversi, questo non si
discute.
-
La
deambulazione, intesa come un complesso di movimenti che nel soggetto sano si
realizza con grande economicità, al punto che è più piacevole camminare che
stare fermi: Camminare è la forma di movimento più economica. Il
corpo si comporta come un pendolo e ciò che caratterizza la camminata è
la rollata del piede (appoggio tallone, pianta, punta)
Quando camminiamo le forze in gioco sono relativamente basse e questo fa sì che
la tecnica corretta della camminata sia proprio la “rollata”.
-
La
corsa: Correre è la nostra seconda marcia ed è ciò che ci ha fatto
evolvere, sopravvivere e sviluppare come specie.
Invece di atterrare sul tallone, nella corsa si atterra sulla pianta del piede
per poi, eventualmente (dipende molto dalla velocità di corsa) appoggiare il
tallone a terra. Utilizzando il ritorno elastico del tendine d’Achille, della
fascia plantare e dei legamenti, il nostro piede lavora come una potente molla.
Questa elasticità riduce notevolmente la quantità di energia
necessaria per la corsa
Il cambiamento
di appoggio avviene perché quando corriamo le forze in gioco e
i tempi di reazione con il terreno aumentano
sensibilmente. Ci ritroviamo infatti a dover sopportare un peso pari a
oltre due volte il nostro peso corporeo in un tempo di appoggio di circa 150
millisecondi, dimezzato rispetto a quello della camminata. Visto? Analizzando bene
le cose si scopre che tornare a correre “naturale” non è poi così facile; perché?
Beh, perché LA CORSA E’ TECNICA!!
Correndo in
modo scorretto, l’impatto continuo di un appoggio errato, con conseguente
utilizzo sbagliato della muscolatura che realmente entra in gioco nella corsa
porta a un’inefficienza e ancor peggio a un altissimo rischio di infortuni
(pensate che esiste il “Ginocchio del podista”, un nome specifico dato ad un
infortunio dettato da una tecnica di corsa sbagliata). Come è normale, le parti
anatomiche deputate alla corsa (ad esempio, i muscoli, i tendini ed i legamenti
dei piedi e delle caviglie), necessitano di un uso regolare per rimanere in
buona salute. In termini biomeccanici, ciò significa anche caricare ciascun
componente anatomico con forze appropriate. Tuttavia, poiché il piede e la
caviglia lavorano in modo specifico, possono essere facilmente oggetto di
traumi se queste ‘forze’ sono esagerate, scompensate o ritardate.
Gli studi antropologici legati al cammino evolutivo
dell’uomo hanno fatto sì che il mondo della corsa “Barefoot” (piede nudo) si
stia inserendo sempre più profondamente nella vita podistica dei nostri tempi.
Molti per moda, molti per cognizione di causa si avvicinano (giustamente,
diciamo noi), al concetto di motricità naturale. Negli ultimi anni sono stati
pubblicati numerosi studi riguardanti le differenze tra la deambulazione con
calzatura tradizionale e “Barefoot”: la scarpa può costringere la volta plantare
a modificare la meccanica deambulatoria, correre a piedi nudi favorisce
l’appoggio dell’avampiede rispetto al retropiede, indossando calzature il
consumo di ossigeno è maggiore, il rendimento fisiologico è maggiore con la
scarpa minimale ecc…
L’uomo è nato per correre a piedi nudi. Su questo non
ci piove. Non è pensabile un ritorno ad una tale motricità, quantomeno ad un
ritorno completo a tale motricità, ma esiste la possibilità di introdurre un
“Barefoot” con calzatura specifica (possiamo chiamarlo Barefoot Oriented) dove
il meccanismo motorio si avvicina molto a quello naturale e soddisfa,
parallelamente, tutte le esigenze della quotidianità moderna (terreni non
naturali, protezione igienica e meccanica, coerenza sociale …).
La locomozione umana è frutto di circa 6 milioni di
anni di evoluzione bipede. Durante questo lungo periodo evolutivo, il piede e
il suo rapporto con il suolo hanno avuto un ruolo fondamentale e il piede è
sempre stato nudo. Il corpo umano NON può essersi adattato biomeccanicamente
alla scarpa ginnica, tutt’al più può esservi abituato. Nella sua evoluzione, il
bipede terrestre ha passato con le scarpe solo lo 0,0001% del tempo (!!!!)
(dato ottenuto rapportando il tempo evoluzionistico con quello trascorso dalla
nascita della scarpa da corsa moderna). Questa assunzione rende normale il
miglioramento metabolico e meccanico di cui parlavamo prima.
Senza scendere nei particolari, i risultati di moderne
analisi in tal senso sono strabilianti: camminare e correre a “Barefoot
Oriented” è anche in grado di interagire col sistema posturale e di creare condizioni
favorenti la prevenzione degli infortuni.
La natura vince sempre. Recenti studi hanno verificato
come un “ri-adattamento” al “Barefoot”, dopo anni di scarpa ginnica, sia veloce
e come il corpo umano sfrutti in tempi brevissimi tutti i vantaggi di
efficienza meccanica e riduzione del costo energetico.
La diffusione del fenomeno “Barefoot” trova, dunque,
ampio riscontro scientifico.
Detto ciò, avete una piccola idea di come sia il mio
pensiero. Quando parlo ai miei ragazzi di “sentire” con i piedi, parlo proprio
di quello, di quell’ancestrale ricordo di quando eravamo “Homo” e di come una
scarpa troppo pesante e “protettiva” (anche se abbiamo dimostrato che poi forse
non è proprio così, forse le scarpe protettive e pesanti generano più infortuni
di quelle più minimali) possa privarci di informazioni propriocettive che il
piede è in grado di darci e che sono utilissime alla corsa. Vedere quegli
“scarponi” con suola spessa tre dita ci incute un po’ di timore, vedere che
vengono venduti a tutti, indiscriminatamente, senza analisi posturali, senza
parlare di propriocezione, senza controlli dell’appoggio del piede, senza aver
visto la meccanica della corsa, ancora di più. Vedere che spesso vengono
vendute scarpe perché sono le uniche rimaste in negozio, invece, ci mette
tristezza.
Bisogna imparare ad ascoltarsi e a lavorare con il
proprio corpo, che è il nostro primo alleato; in commercio esistono diverse
possibilità per avvicinarsi al mondo Barefoot in tutta tranquillità e
sicurezza, l’emozione di una corsa libera e naturale è qualcosa di incredibile …
Grazie a chi ha avuto la forza e la pazienza di
arrivare fino in fondo.
BeNatural!!
SL.A.
Bibliografia/sitografia:
IEMO - 2° anno appunti del corso di Osteopatia
Generale, Prof. Ghisellini F.
ELAV Magazine - n°1 2014
IL PiEDE DELLO SPORTIVO - Luca De Ponti - ed. Correre
OSTEOPATIA l'arto inferiore - Maurice Audouard - ed.
Marrapese
ATLANTE di anatomia umana – Netter – Elsevier 2012
Per le immagini: