SUL METODO E SULLA METODOLOGIA
La scheda di allenamento in palestra.
Oggi voglio partire da qui, anzi voglio partire da una
frase: “mi fai la scheda?”, credo che insieme a “meglio creatina o aminoacidi?”
sia veramente un must di quasi la totalità delle palestre, un ritornello che
quotidianamente viene canticchiato, un mantra che, se recitato alla perfezione,
permette di ottenere quel foglio magico contenente una sicura ricetta per il
successo: la scheda.
“La scheda” Viene chiamata così, quasi fosse una sola
parola “lascheda”, sussurrata in ogni
angolo dello spogliatoio “ma tu hai la scheda?”, agognata da ogni nuovo
iscritto, temuta e rispettata ogni volta che viene aggiornata dall’istruttore;
c’è gente che addirittura vuole a tutti i costi “la scheda”, per poi comunque
fare tutto a caso, l’importante è averla, appartenere a quell’elite di
prescelti, tenerla in mano e, con occhio competente, scansionarla in ogni più
piccolo dettaglio e poi, con un sospiro soddisfatto guardare l’istruttore e
dire: “bella, bella scheda”, qualunque cosa significhi.
Nel mio ideale di allenamento “la scheda” (o “lascheda”,
come volete voi) non esiste. Cerco proprio di evitare ogni discussione a
riguardo e, quando vengo “costretto” (ovvio che nessuno mi costringe, ma a
volte non è proprio possibile non adempiere a questo compito), provo comunque
ad inserire indicazioni che rispecchino questo mio modo di pensare, il mio
metodo, anzi, la mia metodologia.
Facciamo una veloce digressione.
Ogni programma di allenamento che si rispetti viene
costruito seguendo un metodo.
Questo termine mi incuriosisce perché l’inflazionatissimo
“metodo di allenamento” è un modo di dire dai significati oscuri e, tutto
sommato, giustifica qualunque cosa.
Apro un vocabolario (Il Sabatini Colletti – Dizionario
della lingua italiana) e trovo:
Mètodo:
1 – Procedimento messo in opera seguendo criteri
sistematici in vista di uno scopo; complesso organico di regole, principi,
criteri in base ai quali si svolge un’attività teorica o pratica. Sinonimi:
sistema, criterio: m. di lavoro, m. di
studio, mancanza di m. ; tecnica, sistema, procedimento utilizzati in
un’attività: un nuovo m. di cura; con
m., con regolarità e in modo ordinato.
2 – Estens. Modo di agire, di comportarsi, di vivere.
Etimologicamente, invece, ci si accorge come il
significato originale sia un po’ più profondo, l’origine dal greco Methòdos:
l’andar dietro per investigare, modo ordinato e conforme a certi principi,
d’investigare, di esporre il vero.
Quindi, in maniera molto precisa, possiamo definire
seguire un metodo come una strada da seguire, una ricerca, appoggiata su
determinate regole e principi, della verità, della conoscenza.
Cominciamo, dunque, a fare un po’ di chiarezza, allora
anche il nostro “metodo di allenamento” deve essere precisamente definito, deve
rispettare determinati parametri, la nostra investigazione sistematica,
possiamo dire così, dell’allenamento.
Il “metodo di allenamento” è dunque un risultato, un
obiettivo. E’ ciò che deriva dalla nostra ricerca, in esso è organizzato il
“fare”, mentre il “come fare” è insito nel significato di un’altra parola
decisamente abusata nel campo della teoria dell’allenamento: metodologia.
Il solito vocabolario questa volta ci dice:
Metodologia: Scienza del metodo in filosofia e nelle discipline
scientifiche; dottrina che studia le tecniche della sistemazione e dello
sviluppo delle conoscenze nell’ambito di una certa materia. Sinonimo: metodica.
Dottrina del metodo.
Il “fare” come risultato di uno sviluppo delle conoscenze
sul “come fare”. La distinzione, quindi, non è semplicemente semantica o
formale, sottende, invece, la possibilità di agire guidati non soltanto
dall’obiettivo da raggiungere (metodo), ma anche da una riflessione, da uno
studio su come raggiungerlo (metodologia).
Questo concetto appare chiaro anche all’analisi
etimologica del termine che letteralmente richiama alla “riflessione, discorso
sul metodo”. La riflessione sulle regole e sui principi che sono alla base del
metodo.
Methodos
|
Dal greco: andar dietro, seguire una via
|
Via da seguire per raggiungere un certo fine
|
Lògos
|
Dal greco: discorso
|
Discorso, riflessione, studio
|
La filosofia classica greca si è occupata di distinguere
la vera conoscenza (episteme) dalla mera opinione (doxa) individuando, in tal
modo, due tipi principali di conoscenza:
1 – opinione:
fondata sui sensi
2 – scienza:
fondata sulla ragione
La conoscenza scientifica costituisce una parte della
conoscenza umana e si ottiene andando oltre la formazione dei concetti introducendo
un ciclo di corroborazione (verifica/falsificazione) delle osservazioni empiriche.
Il termine scienza (per estensione ovviamente anche la scienza
dell’allenamento) indica, quindi, un insieme di conoscenze correlate in modo
logico, che prevede procedure (metodi) di confronto con la realtà empirica,
atte a corroborare (verificare/falsificare) gli enunciati di base. In questo
senso e a differenza dell’opinione, la scienza dovrebbe rappresentare il
grado massimo di certezza.
Le più recenti tendenze in epistemologia, però,
circoscrivono il grado di “certezza” della scienza, mettendo in luce come il
nostro modo di approcciare la realtà sia sempre determinato da un “qualcosa
d’altro”: la conoscenza è condizionata dalle idee e dai metodi che il soggetto
pone in essere per conoscere l’oggetto (la realtà).
Un esempio in tal senso è rintracciabile nel famoso
esperimento sulla percezione “La Stanza di Ames” (Princeton University 1946 –
Ames-Helmholtz).
Nella stanza sono presenti due persone, collocate su
piani opposti. Viene chiesto ad un osservatore di guardare all’interno
attraverso uno spioncino presente su una delle parete frontali.
Ciò che vede l’osservatore è che una persona in piedi in
un angolo della stanza è un gigante, mentre l’altra, situata nell’angolo opposto,
è minuscolo. Se i due invertono le loro posizioni camminando da un angolo
all’altro della stanza , quello che precedentemente era minuscolo appare un
gigante e viceversa. Quando, infine, i due si posizionano nello stesso punto
della stanza, l’osservatore nota che i due sono alla stessa altezza.
La spiegazione di questa illusione ottica è da ricercarsi
nella “reale” forma della camera, costruita in modo che, vista frontalmente,
appaia come una normale stanza, mentre la pianta della stanza ha forma di
trapezio con pareti divergenti, pavimento e soffitto inclinati e, quindi,
l’orizzonte non parallelo al pavimento.
Cosa capiamo da questo esperimento? Qualunque osservatore che si basi solo sui
propri sensi dichiarerebbe che le due persone nella stanza cambiano le proprie
dimensioni spostandosi da una parte all’altra; questo è portato dalla nostra
esperienza, dal nostro modo di guardare alla realtà. In buona sostanza un soggetto quando osserva
la realtà per conoscerla fa ipotesi congruenti con il contesto in cui vive. La
questione della conoscenza, allora, diventa di ordine metodologico. Richiede
uno sforzo maggiore, richiede riflessione, studio, visione laterale, fantasia …
Tornando al nostro discorso iniziale viene, forse, più
immediato capire come un elenco di esercizi (la scheda!) di per sé non
significa nulla se non affiancata da uno studio approfondito degli obiettivi da
raggiungere e del come fare a raggiungerli (metodologia).
Quindi possiamo affermare che tutto sommato “la
scheda” non ha senso di esistere come
tale.
Facciamo un esempio: il signor A deve allenarsi (c’è
scritto sulla sua … lascheda) alla panca piana, dopo adeguato riscaldamento
deve fare 3 serie da 8 ripetizioni con 50 kg. Il signor A è un turista, si
allena a sua detta per stare in forma e viene a Finale per le vacanze, non può
permettersi di saltare il suo allenamento (perché il suo personal se ne
accorgerebbe) e si reca presso il nostro Stile Libero per ottimizzarlo;
controlla meticolosamente la palestra per vedere se è presente tutto ciò che
gli serve per completare la sua “lascheda”, storce un po’ il naso per la
mancanza di alcune cose e snobba i suggerimenti per sostituirle, chiederà al
suo allenatore dice, “tanto devo mandargli i massimali” e siccome è tecnologico
riceve la sua “lascheda” sul nuovissimo Iphone6 che sfodera orgoglioso nei 5’ di bike che usa per riscaldarsi.
La tragedia ha inizio quando il signor A si reca alla
panca. Qui trova due ragazzi, B e C, che stanno facendo i loro esercizi. Non
hanno una scheda classica (una lascheda), si allenano seguendo le mie
indicazioni, annotano i progressi (ed eventualmente anche i regressi) e poi se
ne discute insieme. Ascolto le loro esigenze e le loro sensazioni le integro
con le mie conoscenze e il programma di allenamento viene costruito per loro,
ma soprattutto con loro (metodologia). Oggi B e C lavorano pesante, si
alternano e tengono occupata la panca per parecchio tempo. Chiedono al signor A
se vuole inserirsi nella loro routine viesto che ne hanno per un po’ e, magari,
fare un allenamento insieme. La risposta è negativa. Il signor A rimane seduto
a guardarli e aspetta parecchio tempo fermo senza muovere un muscolo,
giochicchiando con il suo Iphone6 e con la sua “lascheda” virtuale. Intervengo
chiedendogli se vuole sostituire l’esercizio con qualcosa di alternativo,
“assolutamente no”, se vuole provare a fare una altro tipo di allenamento,
“oggi è lunedì, sulla scheda c’è il petto, devo fare questo”; mi arrendo e lo
lascio nel suo brodo.
Questa storia di fantasia (forse … !!!!) ci riporta un
po’ a tutto quello che è il nostro credo per quel che riguarda l’allenamento (allenamento funzionale?!?). Amo definirlo (pur non amando le definizioni) “processo
creativo su base scientifica che richiede fantasia ed entusiasmo”, una serie di
risposte, le più personali possibili, ad una serie di domande, anche queste le
più personali possibili. La mia metodologia, se così possiamo dire, prevede la
massima elasticità mentale sia da parte dell’allenatore che dell’allenato,
prevede uno scambio continuo di sensazioni, di emozioni, di sentimenti
percepiti durante il training, non di massimali o numero di ripetizioni,
prevede una profonda conoscenza di ciò che accade ad un organismo umano
sottoposto a determinati stimoli, ma anche di come questi stessi stimoli
possono essere adeguati ad ogni esigenza, ad ogni necessità. Ritengo banale la
costruzione di una scheda di allenamento che non prenda in considerazione tutto
ciò, soprattutto in relazione agli obiettivi (credibili) dell’allenato.
La scheda di allenamento serve? No. Può essere una base
da cui partire per costruire qualcosa di molto più importante.
Quello che necessariamente serve è una metodologia, un
intersecarsi profondo tra studio, dialogo, riflessioni ed empatia tra i
protagonisti di questa danza, l’allenatore e lo sportivo; quello che
necessariamente serve è imparare a guardare oltre, a dare la giusta importanza
a numeri e cifre senza dimenticarsi, però, che l’uomo è molto, ma molto di più.
“Alla fine della nostra esplorazione, arriveremo là dove
siamo già stati e conosceremo il posto per la prima volta” T.S. Eliot
SL.A.
Siti consultati:
Libri consultati:
Lo sviluppo atletico – l’arte e la scienza del
condizionamento funzionale nello sport – V. Gambetta – CalzettiMariucci 2013
Lo Zen e l’arte della corsa – L.Speciani – Ed.Correre
2001
L'immagine della stanza di Ames è tratta da: www.otticafabbri.com
L’immagine del titolo è tratta da: www.arya.it